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ERAVAMO IO, PAOLO VILLAGGIO E… “LA BESTIA” – NELLA SUA AUTOBIOGRAFIA, “L’UOMO GUASTO”, MASSIMO CECCHERINI RICORDA QUELLA NOTTE DI BAGORDI CON IL COMICO GENOVESE A ROMA: “DOPO AVER SECCATO UNA BOTTIGLIA DI RUM, PAOLINO MI PROPONE DI ANDARE A PRENDERE UN APERITIVO PER POI ANDARE A CENARE INSIEME. PURTROPPO PERÒ NON SIAMO NOI CHE ANDIAMO A CENA FUORI, BENSÌ LE NOSTRE BESTIE. E DOPO SI VA A LETTO?! COL CAZZO, JACKIE O’ E POI NOTORIUS, ED È PROPRIO LÌ CHE ENTRA IN CAMPO IL VELENO IN POLVERE. A QUEL PUNTO LA MIA BESTIA PROPONE DI ANDARE A CASA MIA A PIAZZA MAZZINI. PAOLINO BARCOLLANTE PRENDE UNA SEDIA E CI SI SPIACCICA. DOPO NON SO QUANTE ORE MI ACCORGO CHE PAOLINO È ORMAI MUMMIFICATO. COME POSSO FARE PER LEVARMELO DALLE PALLE? ALLORA PRENDO LE MIE VECCHIE ATTREZZATURE DA PESCATORE E…”

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Marco Giusti per Dagospia

 

l'uomo guasto di massimo ceccherini

Ci mancava anche Ceccherini scrittore. Diciamo che più che un esordio nella narrativa, questo "L'uomo guasto", che Massimo Ceccherini ha scritto per la Paper First, la casa editrice de Il Fatto quotidiano, con introduzione di Luca Sommi, è una sorta di autobiografia di incontri e eccessi e incontri che finiscono con eccessi in tanti anni di carriera di un comico popolare e mai riconciliato soprattutto con se stesso.

 

Una carriera, come ha raccontato Massimo in tante interviste, podcast e perfino nel documentario che abbiamo girato con Dago, "Roma santa e dannata", fatta di alti e bassi e ancora più bassi, di scivolate e risalite. Dove divide la scena con la Bestia, un se stesso autodistruttivo col quale, per forza di cose dovrà convivere o tenere a bada.

 

Ma nei racconti del Cecche, come rivelerà il libro, che verrà presentato il 2 dicembre a Firenze, non c'è mai né moralismo, né giustificazioni, né pietismo. Cecche, anche quando racconta le sue storie di sesso-alcool-droga nelle notti romane, dove è la Bestia a dominare, ha sempre e comunque una chiave ironica, epica, favolistica che lo salva. Perché a vincere è sempre il racconto stesso che nel disastro ci fa.

 

marco giusti massimo ceccherini dago al quirinale 3

Non è Orfeo che scende all'inferno per un motivo romantico, è Orfeo che scende all'inferno e ce lo descrive passo passo, dove si salva appunto perché è in grado di raccontarcelo. E con Cecche abbiamo una serie strepitosa di compagni di viaggio e di eccessi che hanno diviso con lui questo inferno. Quel che segue è appunto un estratto dal libro che ci racconta l'incontro, epico, con Paolo Villaggio.  

 

Estratto da “L’uomo Guasto” di Massimo Ceccherini

 

massimo ceccherini e paolo villaggio in cari fottutissimi amici

C’è un altro incontro a cui tenevo tanto, ma anche questo purtroppo non è finito benissimo: Paolo Villaggio. Nel lontano 1992 mi capita la grandissima occasione di farci un film insieme: per me un sogno che si avvera. E come se non bastasse la regia era di Mario Monicelli, e ho detto tutto.

 

Ero un giovane attorucolo alle prime armi e durante tutto il periodo delle riprese del film Paolo Villaggio non mi considerava più di tanto. Ogni tanto provavo a cercare di farlo ridere con qualche battutella, ma senza riuscirci. Avrei voluto diventargli amico ma non accadde. Il film finisce e così anche il mio sogno.

 

massimo ceccherini red carpet di roma santa e dannata

Però poi molti anni dopo mi si presenta un’altra occasione: mi arriva una telefonata, è lui, Paolo Villaggio che mi chiede di incontrarlo. Mi disse di andare a casa sua, mi voleva parlare perché doveva scrivere un articolo su chi, secondo lui, poteva diventare un bravo attore, insomma una promessa. E lui insieme ad altri aveva scelto anche me. Non fa a tempo a riattaccare il telefono che sono già a casa sua, emozionato come un bambino.

 

Prima di partire, per un attimo, m’era venuto in mente di ricorrere a un po’ di veleno, ma poi ci ripenso: no, voglio andarci completamente lucido, non posso bruciarmi questo jolly. Ed eccomi qua, sono seduto sul suo divano di casa, c’è pure sua moglie che mi chiede se voglio un caffè, io timidamente accetto. Sta un po’ con noi e poi se ne va, rimaniamo soli. Io da solo con Paolo Villaggio a casa sua, seduto sul suo divano, nel suo salotto, ma ti rendi conto Cecca che culo che tu hai?!

 

Paolo Villaggio by cristina ghergo (7)

Ci beviamo il caffè e poi Paolino comincia a farmi delle domande, io gli rispondo, ma mentre parlo sento qualcosa di strano dentro il mio corpicino e soprattutto nella mia testolina, come un tappo che mi impedisce di far uscire fuori le parole, l’incontro non sta andando per niente bene. Ho la sensazione che ogni volta che racconto qualcosa a Paolino lui rimanga deluso, non riesco mai a fargli fare una risatella, neanche un sorrisetto marcio. Non riesco a crederci, sta andando come quando abbiamo fatto il film, ho paura che stia per arrivare il momento in cui lui pronunci la fatidica frase: «Basta così». No!!! Ti prego! Non può finire così anche stavolta, penso.

 

paolo villaggio e massimo ceccherini in cari fottutissimi amici

Poi all’improvviso lui dice una cosa, ma non è quello che temevo, bensì con la sua boccuccia di rosa mi fa una bellissima, meravigliosa e fantastica domanda: «Vuoi bere qualcosa? Ho un rum che è un nettare».

 

Io lo guardo, quasi mi commuovo; rimango per un attimo incantato mentre dentro di me sento un applauso, anzi di più, una standing ovation e accetto l’offerta. Cominciamo a sorseggiare la bevanda e tutto lentamente cambia, entriamo in forma entrambi e dopo aver seccato una bottiglia Paolino mi regala il prolungamento del sogno, mi propone di andare a prendere un aperitivo all’Hotel Excelsior per poi andare a cenare insieme, io e Paolo Villaggio a cena insieme, che culo Ceccaa!!

 

Purtroppo però non siamo noi che andiamo a cena fuori, bensì le nostre bestie; ci caracolliamo all’hotel, vai di aperitivi, una ventina per aprirsi bene, e poi vai di ristorante. E dopo si va a letto?! Col cazzo, Jackie O’ e poi Notorius, ed è proprio lì che entra in campo il veleno in polvere.

massimo ceccherini roma santa e dannata

 

 È notte fondissima, la mia bestia risplende di luce propria, domina Paolino ormai quasi inerme e lo convince a seguirlo nella sua tana. Siamo nel salotto di casa mia, chiamarlo salotto è quasi un’offesa, avevo traslocato da poco da Firenze, e per tutto il tempo che ho vissuto in piazza Mazzini a Roma la mia casa ripiena di scatole di cartone, mobili, piatti, pentole e tante altre scatole che non so neanche cosa c’era dentro. Vivevo così, con qualche sedia e un tavolo marcio, il resto tutto inscatolato.

 

Paolino barcollante prende una sedia e ci si spiaccica, io mi seggo di fronte a lui e comincia il mio monologo a bocca torta, gli biascico discorsi sgangherati che per fortuna non mi ricordo. Dopo non so quante ore mi accorgo che Paolino è ormai mummificato, cerco di scuoterlo come un salvadanaio ma non c’è neanche uno spicciolo.

paolo villaggio fantozzi 1

 

La mia bestia è infoiata e non ne vuole sapere di fermarsi, guardo l’orologio, è tardissimo, ma non per me; devo assolutamente sbarazzarmi di questa vecchia carcassa umana, ma come posso fare? Paolino, come ho già detto, non si muove più, figuriamoci camminare da solo. Fuori da casa mia c’è il mondo perché io abitavo in un palazzo pieno di uffici, gente che entra ed esce in continuazione. E come se non bastasse una portineria con tanto di portiere; come posso fare per levarmelo dalle palle e chiamare qualche signorina a pagamento per continuare a soddisfare la mia bestia?

 

MASSIMO CECCHERINI

Poi di schianto ecco l’idea: tra i tanti scatoloni ce ne è uno che può servirmi allo scopo, dentro c’è tutta la mia attrezzatura da pescatore, devo solo ricordarmi qual è. Ne apro uno dopo l’altro ma non la trovo, poi finalmente eccola, adesso ho tutto quello che mi serve. Inizio a vestire Paolino da perfetto pescatore, come si fa con un cadavere. Devo fare tutto da solo: tiro fuori il suo piedino tozzo e gli infilo lo stivale di gomma, poi l’altro piedino, poi il giubbottino con le mosche e cappellino alla Sampei, lo carico con tutto quello che ho. Come fossi il costumista di un film esagero, gli infilo pure il retino a tracolla, poi mi vesto pure io e siamo pronti per partire in missione.

 

Chiamo un taxi e gli dico di attendere, lo prendo sottobraccio per poi infilarlo nell’ascensore; scendiamo, c’è molta gente compreso il portiere e a quel punto parte la mia recita. Iniziamo la traversata tra la folla per arrivare al taxi, io a voce alta comincio: «Babbo innanzitutto è tardi per andare a pescare, non prenderemo niente vedrai, comunque al limite stiamo al lago a respirare l’aria buona, se poi prendiamo due trote stasera le mangiamo, Eeeeeeh!!!!!» L’ultimo «Eh» a voce altissima per far sì che tutti sentano

paolo villaggio fantozzi

 

Gli sguardi della gente non me li ricordo, chissà cosa avranno pensato, forse che stavamo girando un film, boh. Arriviamo al taxi, lo carico sopra, dico al tassista di portarlo a casa, et voilà fuori dai coglioni. Il grandissimo Paolo Villaggio non mi ha mai più chiamato, ma rimarrà per sempre uno dei miei comici preferiti.

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