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Estratto dell'articolo di Massimo Fini per “il Fatto quotidiano”
Oggi parlerò di me. Oh bella, dirà il lettore, ma se è tutta la vita che non fai che parlare di te. Vero. Ho scritto un’autobiografia, diciamo così, ufficiale (Una vita) due surrettizie (Ragazzo e Di(zion)ario Erotico) e anche nella mia opera di pensatore non ho fatto altro che parlar di me se è vero, come scrive Nietzsche (chi era costui?) che “ogni filosofia è un’autobiografia”. E allora di che ti lamenti? Del fatto che io non esisto per la congrega dei miei colleghi.
È uscito un bel libro di Gaia Tortora, la figlia di Enzo, che racconta il dolore della famiglia Tortora per il modo in cui fu trattato il padre non solo da pm incapaci, ma anche, e direi soprattutto, dai media: il meschino piacere delle Televisioni pubbliche e private di immortalare il presentatore in manette per fargli pagare in un sol colpo la sua popolarità, il suo successo.
In occasione dell’uscita del libro di Gaia Tortora alcuni quotidiani hanno ricordato che ci furono dei giornalisti coraggiosi che presero le difese di Tortora: Biagi, Montanelli, Bocca, Feltri. Ora, il primo a difendere Tortora sono stato io una settimana dopo il suo arresto (“Io vado a sedermi accanto a Tortora”, Il Giorno, 25 giugno 1983, cioè una settimana dopo il suo arresto).
Quando rievocano quella vicenda i giornali ricordano Montanelli, Bocca, Feltri, ma non me che pur scrivevo su uno dei più importanti quotidiani nazionali e mi ero battuto contro la legge sul “condono ai pentiti” perché diventava evidente che un mascalzone, purché mascalzone, poteva mandare in galera una persona perbene, come avvenne per Tortora e per tanti altri ignorati dalla stampa. Un paio di settimane fa Paolo Mieli ha recensito sul Corriere, il 6 marzo, un recente libro di Luciano Canfora, Catilina.
Una rivoluzione mancata. Mica che Mieli abbia ricordato, anche solo di sfriso, che su Catilina io ho scritto una biografia (Catilina. Ritratto di un uomo in rivolta) che precede di un quarto di secolo, anche se con tesi diverse, il libro di Canfora?
Io non esisto.
Qualche anno fa, allo Smeraldo, Grillo inaugurava la sua stagione di politico. C’erano molti importanti personaggi, tra cui Celentano che ebbe una standing ovation. Ma c’ero anche io che ebbi una standing maggiore di quella di Adriano.
Il giorno dopo lessi sul Corriere una cronaca che ricordava tutti i personaggi presenti, me escluso. Mandai un biglietto risentito a De Bortoli, direttore del Corriere. Ferruccio, che è una persona perbene, a differenza del “bonzo”, mi rispose dolendosi per l’accaduto. Ma per l’intanto ero scomparso da quella cronaca. Io non esisto.
(...)
È da vent’anni che non sono più invitato da alcun network. Mi consola però il fatto che alcuni importanti personaggi mi abbiano citato: Guido Ceronetti su La Stampa, due volte, Bocca, una volta, Montanelli. L’osservazione più profonda l’ha fatta il vecchio Indro che nella prefazione al mio Conformista scrive: “Gliela faranno pagare calando su di lui una coltre di silenzio: da quando i roghi non usano più, è la sorte che attende i conformisti che non si conformano”. E così è stato.
MASSIMO FINI - IL GIORNALISMO FATTO IN PEZZImassimo finimassimo finiMASSIMO FINI massimo finiMASSIMO FINI MASSIMO FINIMASSIMO FINIMASSIMO FINIMASSIMO FINI
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