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Alberto Mattioli per “la Stampa”
costantino della gherardesca alla presentazione di pechino express 4
È uno dei pochi volti della tivù sopportabili anche per chi la tivù non la guarda. Il suo, di conseguenza, l' unico reality tollerabile anche da chi li aborre. Insomma è Costantino della Gherardesca, ostenso ieri alla presentazione di Pechino Express , settima stagione, debutto giovedì in prima serata su Rai 2.
Per Costa e per la rete, la presa di Porta Pia sarà fare bene come nelle sei stagioni passate, quando il pubblico ha plebiscitato «l' unico programma di intrattenimento che fa vedere il mondo», come spiega ai giornalisti DG con lo stesso tono mellifluo che usava il lupo travestito da nonna con Cappuccetto Rosso: «Ma si sa, sono di una falsità rara».
Poi partono le clip e di colpo torna il Costa standard, impegnato a dare ordini ai concorrenti sudati e stravolti con la stessa gelida ferocia del guardiano di un campo di rieducazione maoista cui sono andati di traverso i noodles. Inutile ripeterlo: Costa piace perché nel buonismo ipocrita della tivù, specie quella generalista della melassa generalizzata, porta una sana dose di cattiveria corretta ironia, merce rarissima in generale e lì in particolare.
Mezzo Phileas Fogg e mezzo Passepartout, con la vena di sadismo delle guide turistiche («Forza, che mancano ancora tre cattedrali e due musei!»), Costa tiranneggerà il solito caravanserraglio ambulante di «volti tivù».
Faranno 15 mila chilometri, dalla cima al fondo dell' Africa, da Tangeri (dove il Nostro debutterà vestito da suora citando William S. Burroughs) a Città del Capo, con un budget di un euro al giorno, roba da migranti al contrario.
Le vittime sono otto coppie di «viaggiatori», fritto misto di soliti noti, vaghi seminoti, «revenants» (Maria Teresa Ruta e Patrizia Rossetti, addirittura), bellone, bonazzi, famosi per essere famosi e famosi per interposta persona, come Linda Morselli, «ex fidanzata di Valentino Rossi e adesso di Fernando Alonso», però, o Rachele Fogar, figlia di Ambrogio (Armaduk, invece, è rimasto a casa). Tutti sottoposti a prove e vessazioni di inutile crudeltà per la Schadenfreude del pubblico che gode delle altrui sventure, come ben sapevano Dickens o De Amicis.
L' aspetto interessante è però cosa farà lui, il nobiluomo dimagritissimo ma in gran forma. Certo per spiccare in una tivù dove dichiarano ispirati che «viaggiare allarga la mente» non ci vuole molto (e sulle mezze stagioni, niente?); però il Costa parla le lingue straniere, italiano compreso, ha letto un po' di quei curiosi parallelepipedi di carta che chiamano libri, ascolta Monteverdi o John Adams: nel telestrazio attuale, basta per farne un eccentrico.
costantino della gherardesca alla presentazione di pechino express 3
Chissà se sarà ancora persona grata nella Rai grilloleghista prossima ventura, dopo le sue campagne pro referendum (quello di Renzi) e anti populismo. Per tacere dell'«affaire Brigliadori», intesa come Eleonora, esclusa da Pechino dopo le sue sparate contro la medicina tipo Taverna prima della conversione ai vaccini, ostracismo che il Costa non solo non rimpiange, ma rivendica: «La Rai ha fatto il servizio pubblico e ha vinto la scienza», chapeau.
Insomma, se già oggi un personaggio così kasta-élite-gauche caviar appare stravagante, figuriamoci nell' evo Foa. Che dice, della Gherardesca, la manderanno alla sede di Campobasso? «Ma va benissimo!
Amo il Sud, la verdura è molto più saporita...». La stessa nonchalance di quel nobiluomo che salì alla ghigliottina leggendo un volume. E prima di infilare la testa nel ceppo ci mise pure il segnalibro.
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