RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Giampiero Mughini – tratto dal libro “MEMORIE DI UN RINNEGATO”
A mio giudizio il più saporito e tempestivo e originale quotidiano italiano è oggi un giornale online, il Dagospia che Roberto D’Agostino s’è inventato 18 anni fa e che ha successivamente modellato un titolo beffardo dopo l’altro, un’esca per il lettore dopo l’altra, una denominazione ironica onomatopeica dopo l’altra, una superba attrice porno scovata da Barbara Costa dopo l’altra, un collaboratore scelto con astuzia dopo l’altro.
Un giornale perfettamente laico perché non è devoto a nessuno e non è pregiudizialmente favorevole a nessuno. Un giornale di cui non condivido tutte le fobie (ad esempio quella verso Matteo Renzi) ma che ha tutto il diritto di averle. Un giornale di cui fu felicissimo nelle sue stagioni d’esordio il matrimonio con un fotografo romano, Umberto Pizzi, che in quel momento era rimasto un po’ nelle retrovie e benché fosse uno straordinario raccontatore per immagini della società italiana e delle sue cafonaggini. Il “Cafonal” nato dal duetto D’Agostino/Pizzi è per l’appunto una delle insegne dagostiniane che hanno fatto scuola. Fra le tante.
Perdonatemi, sto parlando di uno di cui sono amico da quarant’anni, e non è che sia un evento di tutti i giorni un’amicizia tra due ragazzacci carichi di spigoli come noi due. Di più, se oggi firmo qualche cosuccia sui giornali lo devo a Roberto e al suo sito di cui sono un collaboratore. Da quando mi sono congedato da “Libero” nel dicembre 2014, mai più ho avuto da un giornale di carta una proposta di collaborazione. In tutto e per tutto, nelle mie ultime quattro dichiarazioni fiscali, figura un “500 euro” per un articolo che mi era stato chiesto dal direttore di “Oggi”.
UN GIOVANE GIAMPIERO MUGHINI CON UNA BELLA BIONDA
Ho conosciuto Roberto che arrivava alla redazione de “L’Europeo” quando ancora lavorava in banca. Lo accompagnava la fama da Dee Jay, e dunque di uno particolarmente esperto nella musica contemporanea. Già allora era vestito in maniera terrificante (solo all’apparenza, sono capi di gran qualità i suoi), ma non era ancora corazzato nei suoi tatuaggi com’è oggi. Nei suoi rapporti con noi giornalisti di mestiere era assieme spavaldo e discreto.
A sopraintendere alla redazione dei pezzi che scriveva per “L’Europeo” era Maria Giulia Minetti, che glieli correggeva e glieli rimetteva a posto accompagnando il tutto con delle urlate da milanese radical-chic di cui “Gella” era maestra inarrivabile. (Gella è stata a lungo una mia cara amica. Andavamo assieme al cinema e poi a cena, e non è che a quell’epoca lo facessi con tante. Quando uscì il mio Compagni, addio, mi riferirono che lei intendeva togliermi il saluto; non che avesse letto il libro, l’aveva allarmata il titolo. Trovai la cosa talmente offensiva che andai a cercarla e le dissi che ero io a toglierle il saluto. Una decisione che ho mantenuto per sempre dato che tutto è sacro di un’amicizia, tanto gli accordi che i disaccordi. Gella è morta nell’ottobre del 2013. La ricordo con grandissimo affetto.)
maria giulia minettiDAGO -SBUCCIANDO PISELLI COVER
In realtà quel che di Roberto appariva a prima vista era soltanto un abito di scena, che lui usava per stare nel mondo dei pittori e dei musicisti romani che lui frequentava per tutto il tempo in cui non sedeva dietro uno sportello di banca. A sapere cogliere nel segno te ne accorgevi presto che dietro quella maschera si celava un uomo di rara cultura e intelligenza, e la prima volta che andai a casa sua ne ebbi la conferma.
Mi intendo di biblioteche private come pochi altri, ebbene la sua biblioteca era pregevole fin da allora e per non dire la sua collezione di vinili e per non dire la sua curiosità e la sua passione per gli oggetti di design (venti e passa anni fa comprò per pochi soldi due poltrone in ferraglia di Ron Arad che altrimenti le avrebbero rottamate perché non le voleva nessuno). E per non dire la collezione di arte contemporanea sua e di sua moglie Anna, di certo una delle più smaglianti collezioni italiane.
E anche da autore di libri Roberto ha avuto un tocco di genio. Il libro che fa da cuscino gonfiabile che gli pubblicò Giordano Bruno Guerri è la più smaccata invenzione dada della nostra editoria recente. Il libro che consiste in una prolungata conversazione con un maestro di conversazioni intellettuali quale Federico Zeri è una delizia. E mi fermo qua.
Tra le tante medaglie che mi appenderei al petto al modo di un generale sovietico di quelli decisivi nell’aver sconfitto il nazismo, c’è che quando apparve sugli schermi dei computer italiani la prima puntata di Dagospia, in quella puntata c’è una lettera augurale di un suo amico che si dice sicuro che il prodotto che sta venendo fuori sarà buono anzi ottimo.
Quell’amico di Roberto era il sottoscritto, e non erano davvero in tanti 18 anni fa a credere che Dagospia sarebbe valso e sarebbe durato. In realtà l’idea del sito online da aggiornare giorno per giorno e ora per ora era stata di Barbara Palombelli. Era stata lei a suggerire a Roberto che il tempo della carta stava declinando e che sul computer notizie e testi viaggiavano alla velocità della luce e che su quella velocità bisognava scommettere, e non è un caso che il braccio destro di Roberto a Dagospia sia oggi Giorgio Rutelli, il figlio di Barbara di cui io sono il padrino.
Quando non avevo più di che scrivere sui giornali, ciò che mi stava e mi sta un tantino sul gozzo, ho chiesto a Roberto se di tanto in tanto gli potevo mandare una cosuccia, magari all’insegna di una rubrica dal titolo “La versione di Mughini”. Era il titolo di una trasmissione televisiva che ero stato lì lì per inventare e condurre; poi non se ne fece niente perché non avevo amici in Rai che mi dessero il benvenuto. Roberto mi disse che potevo scrivere quello che volevo e quando volevo e come volevo, un privilegio di cui ho goduto pienamente in questi quattro anni e di cui lo ringrazio.
Ogni volta chiedendomi a chi diavolo interessassero quelle mie fisime, quei miei tic, quei miei cerimoniali dell’immaginazione talmente consunti, quei miei eroi prediletti e talmente remoti dagli eroi di cui si nutre l’odierno e dominante gusto popolare. E ho detto gusto, e avrei dovuto dire coprofagia.
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