DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Marco Giusti per Dagospia
Attenti a dove mettete i piedi! Ti può capitare infatti di mettere un piede su una mina. E se lo sposti salti in aria. O, meglio, potresti anche farcela. Ma hai solo un sette per cento di probabilità di non saltare in aria per un qualche malfunzionamento della bomba. Non è tanto. Ci sarebbe il metodo “Schuman”, scavi una buca accanto a te, ti butti dentro e se ti va bene ci rimetti solo una gamba o due. Sei un soldato in piena guerra, chiedi aiuto, ma i salvatori arriveranno solo tra 52 ore.
Così dovrai aspettare col piede sulla mina, senza poterlo spostare, per ben 52 ore. In pieno deserto. Questa, più o meno, la storia di questo curioso e in gran parte riuscito Mine, opera prima di due registi italiani che lo hanno scritto e diretto, Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, con un occhio al cinema americano, ai piccoli horror e a Buried, il film col soldato che si sveglia vivo ma sepolto in una bara. Non a caso Peter Safran, produttore di Buried, è dietro anche a questa produzione.
Per farlo i due Fabio sono andati nelle Canarie, con un bravo direttore della fotografia spagnolo, Sergi Vilanova Claudin. Tecnicamente il film è ineccepibile, ben girato, moderno, sembra un film americano a basso costo. Inoltre il protagonista, il soldato col piede sulla bomba, è una vera star americana, Armie Hammer, l’attore miliardario che abbiamo visto protagonista in The Lone Ranger a fianco di Johnny Depp, in Operazione U.N.C.L.E., e ritroveremo nel nuovo film di Luca Guadagnino, Call Me By Your Name, mélo gay scritto da James Ivory.
Forti di un bagaglio di video, spot e corti di ogni tipo, i due registi si trovano a riempire con flashback, incubi, situazioni assurde, una storia che è elementare e che ha come unica ossatura la tensione provocata dal piede sulla bomba. E la devono far durare 106 minuti. Non è semplice.
C’è qualche americanata, soprattutto nei flashback che mostrano la vita normale del soldato, il padre ubriacone che mena la mamma, la fidanzata malata, Annabelle Wallis, qualche tentativo filosofico con il berbero, Clint Dyer, che dialoga con il nostro soldato.
Lupi famelici nella notte, fantasmi, follia da deserto come nel vecchio Il volo della Fenice. Per un film italiano, si dirà, è un buon risultato, ma qualche attenzione in più al funzionamento della sceneggiatura avrebbe giovato. Però la tensione regge fino alla fine. Vuoi effettivamente sapere come andrà a finire. In sala da giovedì.
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