RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Mirella Serri a Dagospia
Nei giorni scorsi ho scritto un post su Fb stimolata dalle polemiche suscitate da Gene Gnocchi che aveva battezzato Claretta Petacci ‘’il maiale dei Casamonica’’ che razzolava tra i cassonetti. Ero colpita dal fatto che la giustissima critica all’assolutamente inopportuna battuta di Gene Gnocchi si traducesse, in molti casi, in una sorta di apologia dell’amante del Duce, la cui sola colpa sarebbe stata appunto quell’amore per cui lei aveva pagato un prezzo enorme: l’assassinio e l’esposizione del suo povero corpo martoriato, insieme a quello di Benito Mussolini, a Piazzale Loreto.
Una "macelleria messicana", la definì giustamente Ferruccio Parri. Fra i commenti al mio post non pochi equivocavano o snaturavano le mie parole, quasi avessi voluto in qualche modo giustificare la “battuta” del comico.
Non è così. Volevo solo che si evitasse la “santificazione” di Claretta, la cui immagine è arrivata fino ai nostri giorni in maniera assolutamente deformata. E’ l’immagine di una donna beatificata a risarcimento dello scempio che ha dovuto sopportare. L’immagine di una donna fragile, indifesa e innamorata.
Come ha dimostrato il suo epistolario pubblicato a cura di Pasquale Chessa e Barbara Raggi, “L’ultima Lettera di Benito” (Mondadori), Claretta invece non fu una donna che si immolò sull’altare della passione. Al contrario, per nulla sprovveduta, fu impegnata fino all’ultimo a difendere Hitler e il razzismo, indossò i pantaloni e fu molto attiva e protagonista nella politica di Salò. “Clara ha strutturato il suo clan come un partito di Salò… attraverso i traffici del fratello Marcello, le amicizie della sorella, le relazioni del padre Saverio”, scrive Chessa.
Clara a Salò gestisce i suoi uomini, le sue spie e i suoi fedelissimi. E i soldi, molti, molti soldi. Quando si accinge a fuggire al seguito di Mussolini ha con sé marenghi d’oro, 150 mila lire, 30 mila franchi svizzeri, brillanti, e l’immaginetta di Santa Rita da Cascia. Bazzecole di fronte a quanto ha consegnato al suo uomo di fiducia che la segue come un’ombra, ben otto milioni di lire.
Da dove vengono? Mussolini, con piglio sadico, in una lettera da Gargnano del 22 maggio 1944, le scrisse: “Non credere ti abbiano dimenticata i nemici e in genere il popolino… Tu sei odiata al pari e più di me”. Parole terribili. Da dove avevano origine? Prima del 25 luglio 1943 e del suo arresto, il Duce aveva deciso di liberarsi del peso rappresentato da Claretta. Poco prima di questa data, la Petacci, che tutti i pomeriggi andava a Palazzo Venezia per incontrare il suo amante, trovò il portone sbarrato e interdetto l’accesso.
Cosa era accaduto? La famiglia Petacci era coinvolta in molte storie di malaffare (investimenti, ruberie, traffico di valuta). I Petacci si arricchivano mentre il popolo italiano coinvolto dalla guerra fascista moriva di fame. Anche il Duce, dopo avere svolto indagini riservate, si convinse delle responsabilità di Claretta nei maneggi familiari. E l’allontanò.
Dopo il 25 luglio Claretta fu imprigionata con tutta la famiglia e successivamente fu liberata dai nazisti che convinsero il dittatore a ricongiungersi con la fanciulla. Fu Hitler a portarla a Salò conoscendo le simpatie di Claretta per la svastica. I giornali nell’agosto del 1943 si occuparono molto dell’attivismo affarista dei Petacci e anche di quello di Claretta. Una volta approdata nella Repubblica Sociale Italiana, Claretta divenne una primadonna del nefasto regime antisemita, con tutti i vantaggi che le procurava una simile posizione. Quando si accodò alla colonna dei gerarchi fermata a Dongo dai partigiani, lo fece anche contro la volontà del Duce che nell’ultimo incontro a tu per tu, all’albergo Miravalle, si dimostrò molto infastidito della sua presenza e di quella del fratello Marcello.
Come si vede, i due amanti erano legati a doppio filo, anche e soprattutto da una sordida storia di interessi e di fedeltà alle ultime vestigia del fascismo morente. Claretta e il dittatore furono accompagnati nella casa di Bonzanigo da due partigiani, Gianna e Neri, che non parteciparono alla loro esecuzione. Gianna e Neri, combattenti antifascisti, furono giustiziati da alcuni dei loro compagni, come io stessa ho raccontato in “Un amore partigiano” (Longanesi), in quanto a conoscenza di molti misteri. La partigiana Gianna che scortò Claretta fu presa a martellate e buttata nel lago mentre cercava il suo uomo, Neri, al secolo Luigi Canali.
Claretta, che secondo l’opinione di Gianna e Neri non avrebbe dovuto essere uccisa bensì processata insieme al Duce, non fu ammazzata per la fedeltà al suo grande amore. Fu una complessa personalità che ebbe un ruolo assai attivo nel fascismo e che la rese, come le disse Mussolini “assai odiata”. Una personalità fino a oggi passata inosservata al vaglio della storia proprio per la sua fine tragica e ingiusta.
LA TOMBA DI CLARETTA PETACCI. mirella serrimirella serriIL CADAVERE DI CLARETTA PETACCICLARETTA PETACCICLARETTA PETACCI A RICCIONEMUSSOLINI PETACCIMUSSOLINI PETACCI 1MUSSOLINI PETACCI 3CLARETTA PETACCI Petacci - Piazzale LoretoLUISA MONTEVECCHI - A CLARA - TUTTE LE LETTERE DI MUSSOLINI A CLARA PETACCI claretta petacciCLARETTA PETACCIclaretta petacciPETACCI PETACCI e MUSSOLINIPETACCI MUSSOLINI PETACCI 2CLARETTA PETACCIPETACCI MUSSOLINI PETACCILA TOMBA DI CLARETTA PETACCI.
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