DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
STEFANO CIAVATTA per il Venerdì- la Repubblica
«Buongiorno, la temperatura prego» dice un addetto alla sicurezza mentre a fianco della transenna un altro tiene conto degli ingressi. È l'insolito benvenuto a Porta Portese, il mercato delle pulci di Roma, da poco riaperto dopo 3 mesi con ingresso contingentato, massimo 3.600 persone come da protocollo regionale, un quinto rispetto agli standard.
Ognuno dei 1.090 proprietari di banchi ha sottoscritto una quota minima per pagare la security che monitora le tre entrate ufficiali e una quarta interna.
Vietate le altre laterali. Dopo un esordio in sordina è arrivato anche il secondo test, con il 90 per cento dei banchi e il passaparola della gente. C'è un clima da primo giorno di scuola o da incantesimo rotto. Nonostante il restringimento dei banchi, nessun sovraccarico, manca l'assedio della folla.
In compenso mascherine tutti, guanti molti, ovunque sulle bancarelle cartelli, avvisi e gel igienizzanti, distanziamento quanto possibile, ormai per timore somatizzato. Appena entrati si incrocia il collezionista Giuseppe Garrera: ha già in mano una prima edizione in russo del Dottor Zivago, «una rarità, stampata sotto copertura, come parte di un programma di propaganda della Cia per distribuire materiale vietato in Urss».
Più in là Federico Gizzi, studioso e cultore della romanistica novecentesca, dice «vengo qui dalla fine degli anni Novanta per stampe e fotografie d'epoca». Ecco il segnale più naturale che Porta Portese ha davvero riaperto. Anche il meteo, il vero dominus del mercato scoperto da montare e smontare ogni volta, oggi è clemente. LAdri di biciclette Il rituale nasce nel 1945 anche se il Cesare de La tregua di Primo Levi teneva banco qui da prima, nello smercio spontaneo intorno al vecchio scalo ferroviario di Trastevere caduto in disuso.
Nel 1946 è già un «famosissimo mercato di ladri»: quando Luigi Bartolini scrive Ladri di Biciclette ha la Roma seicentesca come location ma non è quella che serve a De Sica, il neorealismo vuole spalancare la città e con Cesare Zavattini si ripiega su Porta Portese. La Roma dell'usato, quella che vende se stessa da secoli, è carambolata qui a seguito dello smottamento e smantellamento della tradizione tardo medievale dei mercati del centro. Non più piazza Navona dopo quattro secoli di monopolio, non più Campo de' Fiori nato nel 1869, non più piazza della Cancelleria, dove la Roma barocca finiva sui banchi.
Libri, stracci, casalinghi, tutto ciò che è seconda mano viene via via spostato fuori dalle Mura, non ritenuto consono al nuovo status unitario. E quindi nasce il porto franco di Porta Portese, il suk di ambulanti, antiquari, venditori occasionali e privati, il vernissage notturno di anticaglie per quel pubblico sofisticato, come un giovane Alberto Arbasino, che arriva da cinema e night club e ha il gusto della trouvaille, la sorpresa per due soldi. ambulanti e antiquari Antonio Conti, vicepresidente della Associazione operatori del mercato, ha il viso di chi ha faticato per un mese nell'organizzare la riapertura e mediare tra le varie anime e associazioni di Porta Portese che «nonostante la fama è da sempre autorizzato solo per un terzo, il resto degli 850 operatori è abusivo ma tollerato». Che esista a Trastevere il mercato lo dice «una determina del 1959, dalla Porta a largo Toja, con 600 licenze: 301 di nuovo e 299 di usato. Poi mai più un aggiornamento».
Le licenze si sono spostate sul nuovo, in generale l'abbigliamento, oggi spesso in subaffitto a bengalesi ed egiziani. Invece il core business di seconda mano è rimasto precario, in attesa di regolarizzazione: «Per Comune e Regione non è ancora "mercato storico", come altri in Europa». Pur non avendo più un banco ma una libreria in centro, la Serendipity, Conti viene considerato un veterano: «Ho dato la vita a questo mercato, non voglio vederlo morire». la paura di non farcela Critiche, rimpianti e de profundis fanno parte da sempre della rassegna stampa del mercato, ogni decennio ha il suo trasloco, chiusura, fine: titoli annunciati da ogni giunta comunale e smentiti dal tempo. L'ultimo censimento aveva ridotto il numero dei banchi e tolto gli occasionali.
Nessuno però immaginava il blocco per Covid-19, nemmeno gli ultimi dei mohicani. «Chiunque lavora qui è perché nella vita gli è successo qualcosa di strano, uno shock, un evento» dice Daniele. Ha un banco dal 1999 e viene ogni domenica da Anzio con la sua compagna Mara, libraia di prime edizioni e rarità, che racconta: «Ero preoccupata, temevo che il mercato non sarebbe più ripartito. Nessuno tifava per noi. Fuori di qui molti dei banchi che vedi non bastano a se stessi, gli serve la dimensione Porta Portese per sopravvivere. Per noi è fondamentale lo struscio, la folla, la strada».
CONCORRENZA Non esiste un libro storico su Porta Portese ma è inossidabile la cartolina che allude a incantamenti e ritrovamenti, ieri nel circuito Roma By Night, oggi su Tripadvisor. Il turista moderno però è frustrato: cerca il vintage luxury ma trova file interminabili di banchi di abbigliamento di stock di marca su via Portuense. Rispetto ai fasti c'è una domanda inevasa di turismo ricercato. Oltre eBay e mercatini conto terzi, la concorrenza sono anche le casbah abusive sulle consolari: gli svuota cantine tirano sempre, però in questo momento la disciplina di Porta Portese potrebbe avere la meglio.
La fortuna del mercato la fece la decadenza dell'aristocrazia romana, poi sono state le case borghesi a svuotarsi, il flusso era così florido che anche gli antiquari facevano l'alba dai rigattieri. Tra gli anni Novanta e il Duemila una casa da svuotare finiva al 90 per cento qui, in un delirio mercantile, poi però i figli dei rigattieri hanno cambiato mestiere. Arsaneelage Don Manoj Yayasinghe Fernando viene dallo Sri Lanka, è a Porta Portese da 18 anni, a notte fonda arrivano privati e antiquari per mobili e manifatture varie, tutti muniti di torce:
«Devi tenere aperto un mercato come questo, è un fatto di storia, cultura, lavoro. Porta Portese non è un mercato di stracci e i turisti devono trovare oggetti di valore a buon prezzo». Intanto l'ordine tra i banchi si fa calca pacata, autogestita. Il mito resiste ancora, e chi l'avrebbe mai detto?
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