DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
Marco Giusti per Dagospia
Apolitico? Apolitico un cazzo! Art Spiegelman, il geniale e celebrato autore di “Maus”, massima autorità internazionale di comic books, santone della cultura ebrea-newyorkese, è furibondo con la Marvel e con il suo CEO, il miliardario Isaac “Ike” Perlmutter, che gli hanno censurato la sua dotta introduzione per un librone de luxe dedicato alla Marvel e ai suoi supereroi. Devi tagliare la parte politica, gli ha detto un editor, “devi essere apolitico”. Apolitico! Io non taglio un cazzo. Perché non erano certi apolitici gli eroi della Marvel quando nacquero coi fumetti e non lo sono oggi al cinema in una stagione piena di Donald Trump e sovranismi europei.
E non stiamo parlando certo di prodotti di nicchia, ma di film colossali da un miliardo di dollaro di incasso a testa che riempiono le sale di mezzo mondo. Film che incassano proprio perché trattano supereroi neri come Black Panther, donne come la Captain Marvel di Brie Larson, lesbiche come Valkyrie. La diversità, si sa, è un buon bussiness oggi.
Ma autori e spettatori ci credono, anche perché sono e saranno film diretti da neri e da donne, come Cloe Zhoe e Cate Shortland. E il nemico al cinema, inutile dirlo, rimane il suprematismo bianco. Così ci stupisce non poco lo sfogo di Spiegelman in un lungo articolo su “The Guardian” che sputtana pesantemente la democratica Marvel e il suo CEO. Ma proprio questo ricchissimo Mister Perlmutter, ci spiega Spiegelman, è un vecchio amico, guarda un po’, di Donald Trump in persona, membro del suo club esclusivo a Palm Beach, il Mar-A-Lago Club, e sostenitore con 360 mila dollari (di più non si poteva dare) della campagna per la rielezione del puzzone nel 2020, “Trump Victory Joint Fundraising Committee”.
Ahi! Diciamo che Spiegelman non pensava che il CEO della Marvel fosse un amico di Trump, ma non ha certo piegato la testa. Non avrebbe potuto. La sua tesi, abbastanza condivisa da tutti gli storici di fumetto, è che i supereroi della Marvel, ma anche quelli della DC Comics, furono creati da immigrati ebrei alla fine degli anni ’30 per combattere l’ascesa del Nazismo in Europa e nel mondo. Sono i figli degli ebrei europei, insomma, a creare la Übermensch, il superuomo a fumetti che lotterà contro il nazismo per difendere la nazione che li ha accolti assieme a immigrati, poveri e disperati provenienti da ogni parte del mondo.
Pensiamo a personaggi come Martin Goodman, fondatore e editore della Marvel, figlio di ebrei lituani di Vilnius, che aveva come motto per i suoi disegnatori e creativi: “dategli un sacco d’azione e non usate troppe parole”, o come Maxwell Gaines, che si chiamava in realtà Max Ginzberg, che inventò il formato a mezzo tabloid dei fumetti nel 1933. O come i geniali e sfortunati Jerry Siegel e Joe Schuster, i creatori di Superman, l’alieno che decide di proteggere la terra con le idee e la forza del New Deal rooseveltiano, che ebbero la bella idea di vendere le prime 13 pagine della storia del loro eroe, diritti compresi, per 13 dollari a pagina alla Action Comics, che diventò poi DC Comics.
O come Joe Simon e Jack Kirby, che si chiamava in realtà Jacob Kurtzberg, gli inventori di Captain America. O lo stesso Stan Lee, Stanley Lieber, cugino della moglie di Martin Goodman. Se Superman è un eroe rooseveltiano, che nasconde soprattutto nella sua doppia identità la sua origine ebrea, visto che tutti questi disegnatori si erano inventati un altro nome e un’altra identità, Captain America, ideato nel 1940 e uscito la prima volta nel marzo del 1941, a quasi un anno da Pearl Harbour, combatte direttamente i nazisti e Adolf Hitler con un vestito costruito con la bandiera americana.
Dopo il primo numero, con l’America ancora non in guerra, si scatenarono contro Captain America i fascisti americani dell’American First e della German American Bund con lettere e telefonate di morte agli autori del fumetto. Fu il sindaco di New York, Fiorello Laguardia, a proteggere Simon e Kirby, “La città di New York vi assicura che nessuno vi toccherà”. Con l’entrata in guerra non ci furono più problemi per Captain America.
Fino a oggi. Dove, sosteneva l’introduzione censurata dalla Marvel di Art Spiegelman, nei film si vede un Captain America in lotta con fascismo di oggi, col cattivo Red Skull che può facilmente diventare un “Orange Skull”. Proprio l’idea di Trump nemico di Captain America, che diventa Orange Skull, non deve essere piaciuta per nulla a Isaac Perlmutter, che ha fatto pressioni per togliere ogni considerazione sul momento politico attuale. Ma Spiegelman non si è piegato.
“Non mi considero particolarmente politico rispetto ad alcuni dei miei compagni di viaggio”, scrive su “The Guardian” Spiegelman”, ma quando mi è stato chiesto di eliminare un riferimento relativamente anodino a un Orange Skull mi sono reso conto che forse era da irresponsabili sottovalutare la terribile minaccia che stiamo vivendo ora, e ho ritirato la mia introduzione”. Ma la guerra con la Marvel è appena iniziata.
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