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IL MONDO DEL TEATRO PIANGE IL GENIALE REGISTA E ARTISTA VISIVO ROBERT “BOB” WILSON, MORTO OGGI ALL’ETÀ DI 83 ANNI – CONSIDEAATO UN “POETA DELLA LUCE” WILSON HA MESSO IN SCENA DI TUTTO: SHAKESPEARE, MA ANCHE TESTI CONTEMPORANEI E OPERE LIRICHE – L’OPERA “EINSTEIN ON THE BEACH” CREATA CON PHILIP GLASS, LA DISCUSSA SCENOGRAFIA PER LA PIETÀ RONDANINI, I RITRATTI VIDEO DI LADY GAGA, ESPOSTI AL LOUVRE – “CERCARE A TUTTI I COSTI IL SENSO È RIDUTTIVO. QUELLO CHE IMPORTA È L’ESPERIENZA, DIVERSA PER CIASCUNO, PERCHÉ SPERIMENTARE LA GRANDEZZA DELL’ARTE È UN’ATTIVITÀ PERSONALE…”
TEATRO: ADDIO A BOB WILSON, REGISTA VISIONARIO DELLA SCENA CONTEMPORANEA
(Adnkronos) - Bob Wilson, regista e artista visivo statunitense considerato tra i più visionari creatori della scena contemporanea, è morto all'età di 83 anni.
Con lui scompare non solo un regista, ma un architetto del tempo, un poeta della luce, un artista capace di trasformare il teatro in un'esperienza radicalmente sensoriale.
La notizia della scomparsa in Italia è stata diffusa dal Teatro alla Scala. Proprio quest'anno al Salone del Mobile di Milano aveva presentato l'installazione "Mother", un omaggio alla Pietà Rondanini di Michelangelo, e diretto alla Scala la serata "The Night Before. Object Chairs Opera", con Marina Rebeka e l'Orchestra del Teatro alla Scala diretta da Michele Spotti.
"Artista completo, regista e scenografo di prosa e d'opera, Wilson ha inteso sempre il teatro come opera d'arte totale, curando ogni dettaglio degli spettacoli che firmava; ma l'impatto del suo lavoro si estende alle altre arti e a tutti i campi della creatività", scrive il Teatro alla Scala in un messaggio di cordoglio del sovrintendente Fortunato Ortombina e del direttore musicale Riccardo Chailly.
La Pieta Rondanini di Michelangelo illuminata da Robert Wilson - salone del mobile di milano
Nato a Waco, in Texas, il 4 ottobre 1941, Robert Wilson si era formato come architetto, ma ben presto aveva trovato nella scena teatrale una tela più adatta alla sua ricerca estetica. Fondatore nel 1968 della Byrd Hoffman School of Byrds - compagnia sperimentale dedicata al recupero di giovani con disabilità - fu proprio da questa esperienza umana e artistica che nacque "Deafman Glance" (1970), l'opera che lo rese celebre in tutto il mondo.
I suoi spettacoli non si raccontavano: si attraversavano. Lenti, silenziosi, ipnotici. In opere come "Einstein on the Beach" (1976), creata con il compositore Philip Glass e la coreografa Lucinda Childs, Wilson costruiva cattedrali visive dove il tempo perdeva consistenza e si faceva percezione.
Con luci scolpite, spazi vuoti e una gestualità rarefatta, ha imposto un nuovo modo di fare teatro, dove il senso non si cercava nel testo ma nella composizione visiva. Dopo l'esperienza con i ''Byrds'', Wilson cominciò a collaborare con attori professionisti, portando la sua estetica nei grandi teatri del mondo.
Mise in scena classici come "King Lear" e "Hamlet", ma anche testi contemporanei come "Hamletmachine" di Heiner Müller, oltre a opere liriche come "Madama Butterfly" o "Parsifal", tutte reinterpretate con una coerenza stilistica unica: essenzialità scenica, rigore cromatico, potenza iconografica. Wilson non fu mai solo un uomo di teatro.
I suoi storyboard furono esposti nelle gallerie già dagli anni '70, e nel 1993 vinse il Leone d'Oro alla Biennale di Venezia per l'installazione "Memory/Loss". Le sue Voom Portraits, realizzate in collaborazione con il canale televisivo Lab HD, hanno ritratto personaggi celebri e sconosciuti con la stessa attenzione quasi rituale.
Memorabili i ritratti video di Lady Gaga, esposti al Louvre nel 2013. Collaborò con icone della cultura pop e underground, da Tom Waits a William S. Burroughs, da Lou Reed a Marina Abramovic, con cui creò "The Life and Death of Marina Abramovic". Ogni lavoro era un viaggio in un mondo altro, dove il visibile diventava spirituale, il banale diventava sublime.
IL REGISTA, SCULTORE E PITTORE ROBERT WILSON PARLA DELL’ARTE
Estratto dell’articolo di Annachiara Sacchi per “la Lettura - Corriere della Sera” – 23 febbraio 2025, pubblicato da www.cinquantamila.it – la storia raccontata da Giorgio Dell’Art
Infinita, perché causa ed effetto si rincorrono senza sosta. Incompiuta, perché «i miei lavori continuano a cambiare nella mia testa, per me non c’è fine». In questi due aggettivi Robert Wilson […] racchiude la sua poetica: infinita e incompiuta.
Come la Pietà Rondanini, che Wilson metterà «in scena» durante il Salone del Mobile. Glielo ha chiesto la fiera del design: un dialogo di luci e musica con il capolavoro di Michelangelo. Un’installazione inedita. […]
La Pieta Rondanini di Michelangelo illuminata da Robert Wilson - salone del mobile di milano
Proiezioni, effetti luminosi, musica. All’Ospedale Spagnolo del Castello Sforzesco di Milano, dal 6 aprile al 18 maggio andrà in scena Robert Wilson. Mother, e cioè una «visione» del capolavoro incompiuto di Michelangelo commissionata a Wilson dal Salone come evento culturale per celebrare con l’arte la settimana del design.
La Pietà sarà «rappresentata» grazie a una serie di immagini (volti, corpi, nuvole, abbracci fluttueranno sulle pareti, sul pavimento, sul marmo), in dialogo con lo Stabat Mater di Arvo Pärt in una sequenza di luci e note della durata di mezz’ora (il pubblico potrà assistere con ingresso su prenotazione; l’esecuzione dello Stabat Mater, dal vivo dal 6 al 13 aprile, è affidata all’ensemble Vox Clamantis diretto da Jaan-Eick Tulve, e a La Risonanza, diretta Fabio Bonizzoni; ingresso gratuito il 6 aprile; lunedì 7 chiuso come tutti i lunedì; gli altri giorni euro 5).
Il significato di tutto questo? La risposta è in queste pagine e diventa una sorta di manifesto «wilsoniano»: «Mother è qualcosa che vedi e ascolti.
Cercare a tutti i costi il senso è riduttivo. Prendiamo Shakespeare: è assurdo volerlo interpretare. Quello che importa è l’esperienza, diversa per ciascuno, perché sperimentare la grandezza dell’arte è un’attività personale. Non voglio dare riposte. Per me Mother, il mio teatro, la mia arte sono un processo non intellettuale, ma esperienziale».
[…] «Il capolavoro del Buonarroti – rivela Wilson – muove in me molte cose. Ha a che fare con mia madre, con tutte le madri. È un mito universale con cui gli artisti si sono sempre confrontati, in musica, su tela, su pietra. Quando l’ho vista per la prima volta sono rimasto lì davanti per più di un’ora. Poi ho iniziato a camminarle intorno. Ho percepito un’energia, una presenza quasi mistica. È come una finestra sospesa tra il visibile e l’invisibile. Mi ha regalato un tempo diverso.
L’idea di metterla in scena mi ha colpito profondamente, anche se alla Pietà non serve una scenografia. Ha solo bisogno di uno spazio, di un respiro, perché chi la osserva possa perdersi nei propri pensieri. E allora ho pensato ad Arvo Pärt.
C’è qualcosa in comune tra la sua musica e questa scultura: un senso del tempo che si dilata. Insieme, arte e musica non spiegano: semplicemente, ci permettono di provare emozioni».
È inutile insistere sulle intenzioni. I riferimenti di Wilson sono tanti, il denominatore è unico. «Quando ero uno studente ho avuto l’occasione di incontrare il pittore Mark Rothko, noi ragazzi gli chiedemmo il significato dei suoi quadri, a cosa pensava mentre dipingeva. Lui disse: “Penso a tutto, all’amore, alla morte, a molte cose...”».
Balzo indietro, riecco Shakespeare: «Puoi leggere Amleto in una notte e la notte dopo trovarlo completamente diverso. Non scriveva per essere capito, ma per offrire qualcosa su cui riflettere».
[…] Mozart: «Mi piace come suonano le sue note. Il mio non è un ascolto intellettuale, quello che importa è la mia esperienza». E di nuovo avanti: «Un critico chiese a Gertrude Stein che cosa pensasse dell’arte moderna.
Lei rispose: “Mi piacerebbe guardarla”. Poi: miss Stein, cosa pensa di fare dopo? “Penso che prenderò un bicchiere d’acqua”». Wilson sorride compiaciuto. Il messaggio è molto chiaro […]».
[…] Che poi infinito e incompiuto si toccano, spesso si equivalgono. «Balanchine continuava a lavorare sui suoi spettacoli. Come me. Tutti i grandi lavori non sono mai finiti, continuano a cambiare, sono incompiuti. Anche il mio Amleto di trent’anni fa... Continuo a pensarci, nella mia testa non è finito».
E in questo ciclico, perenne movimento (artistico), Wilson avverte: «La magia sta nella superficie, che deve essere accessibile. Cos’è Re Lear? È un re che divide il suo regno, impazzisce e muore. È una storia molto semplice. Come semplice, anzi stupida, è quella di Madama Butterfly: un ragazzo corteggia una ragazza, lei si innamora, lui la lascia, lei si dispera e muore. Facile no? La storia deve essere accessibile all’uomo della strada, deve porre domande senza pretendere di dare risposte. È il motivo per cui facciamo gli artisti».
robert wilson endgame
robert wilson 2
robert wilson tales 1
robert wilson oedipus 1
robert wilson 2
the hat makes the man robert wilson
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