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LA VERSIONE DI MUGHINI - OGGI UN GRUPPO DI STUDENTI ROMANI ASSIEPATI DAVANTI AL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE IN VIALE TRASTEVERE HA BLOCCATO BUS E AUTO: UNO SPETTACOLO DEI PIU’ PATETICI DI CUI MI RICORDI AL MONDO - A UN GRUPPO DI POLIZIOTTI HO DETTO: “MA PERCHÉ NON LI ANDATE A PRENDERE A CALCI IN CULO?”

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Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia

Caro Dago, succede ed è successo a noi tutti di avere vent’anni, di non sapere nulla di come funziona e come va la scuola, la società, la vita e di traboccare arroganza da questa ignoranza. Peccato veniale, è successo oggi a un nutrito gruppo (ma mica troppo) di “studenti” romani che si sono assiepati innanzi al Ministero della Pubblica Istruzione a viale Trastevere. Dove costituivano uno spettacolo dei più patetici di cui mi ricordi al mondo.

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Ragazzi e ragazze canticchiavano, ritmavano slogan insulsi, sparavano in faccia al mondo la loro giovinezza, ignari del fatto che ci metterà un attimo a consumarsi. Un groviglio di anime comunque sufficienti a bloccare un’arteria tra le più importanti dello stradario romano e a stoppare bus e auto di quanti di noi oggi andavamo per viale Trastevere a guadagnarci il pane e pagare le tasse di che permettere a quegli sciagurati di fare studi semigratuiti (anche se non servono a niente) e di rompere i coglioni a noi cittadini del presente.

 

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Ripeto, uno spettacolo dei più patetici. Siccome sono un giovanotto arzillo, mi sono fatto come se niente fosse un bel tragitto a piedi e seppure inorridito da un tale show. Tutt’attorno a loro c’erano un bel po’ di poliziotti che non è che li tenessero a bada, tenevano a bada noi dall’andare a riempire di insulti quei fannulloni. A un gruppo di questi poliziotti ho detto “Ma perché non li andate a prendere a calci in culo?”. Bravissime persone, loro hanno sorriso.

 

Naturalmente parlo di cose che conosco a menadito. Ho avuto anch’io vent’anni, passavo mattinate a straparlare all’università innanzi a bionde coetanee estatiche, tornavo a casa dove mia nonna mi aveva preparato gli spaghetti al dente, ovviamente non pagavo una lira di bollette nella casa dove vivevo, né sapevo che cosa erano le tasse.

 

Poi gli anni sono passati, sono guarito della malattia che chiamano giovinezza, mi sono sentito un uomo la prima volta che ho fatto la dichiarazione delle tasse. C’è ancora qualcuno che mi incontra e che mi dice che razza di uomo e di protagonista ero quando avevo vent’anni, non adesso che ho i capelli bianchi e che pago il 50 per cento di tasse su tutto quello che ricavo dal mio lavoro e dal mio talento. Succede, Dago

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Giampiero Mughini