DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, premesso che la regola che la Rai vorrebbe imporre ai suoi goleador – ossia una retribuzione massima di 240mila euro lordi l’anno – è quanto di più irrealistico e masochista, e lo sarebbe per qualsiasi azienda che vuole competere su un mercato e dunque assicurarsi i goleador migliori; premesso che le retribuzioni di ciascun professionista della comunicazione televisiva vanno raffrontate a quel che il suo prodotto rende in termini pubblicitari, e dunque non puoi paragonare la retribuzione di chi conduce il Festival di Sanremo con quella di chi conduce una trasmissione che va in onda a mezzanotte; premesso che alcuni parametri retributivi della Rai sono incredibilmente lauti se paragonati, che so?, a quelli di chi dirige un giornale cartaceo anche molto importante.
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Premesse tutte queste ovvietà non v’ha dubbio alcuno che nella sua trasmissione Bruno Vespa agisce e si muove da ”artista” molto più che non da ”giornalista”. Di giornalisti in tv ce n’è pochissimi, per la natura specifica del mezzo che accentua, esaspera, deforma, lusinga, inganna. Di sicuro è un giornalista Enrico Mentana che, in piedi o seduto, vi dice quello che è successo nelle ultime ore. Di sicuro era un giornalista Enzo Biagi, che se ne stava seduto, immobile e leggeva domande che si era preparato prima e nell’ordine in cui se le era preparate prima.
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Tutt’altro discorso per “Porta a porta”, dove giornalismo e intrattenimento sono frammisti alla grande. Dove gli ospiti sono selezionati a metà strada fra glamour e loro ruolo specifico nella società. Dove i cerimoniali della presentazione e valorizzazione di ognuno di loro rispondono alle leggi dello spettacolo e del montaggio televisivo.
Sono immagini –“fotografie” dirai tu, Dago, stasera a Milano – prima che parole e notizie. Dove Vespa – bravissimo – non fa un gesto o non muove un sopracciglio che non sia confacente al linguaggio televisivo, al gioco e al montaggio dei primi piani e dei contro primi piani.
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Che c’entra tutto questo con l’editoriale di un giornale o di un settimanale, del “New York Times” o dell’ “Espresso”? E’ spettacolo, intrattenimento, lusinga, prendere per la gola lo spettatore e assicurarsene la fedeltà per anni e anni. E’ lampante che sia così. Ridicolo che noi si stia a qui a discuterne e a distinguere.
Giampiero Mughini
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