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Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, c’è che io detesto gli appellativi diciamo così “generalisti”, quelli che mettono dentro un’unica parola gente inevitabilmente la più diversa. Già mi fanno ridere i termini “fascista” e “antifascista” usati oggi, a un secolo dall’agguato di una banda di mascalzoni a Giacomo Matteotti.
Mi indispongo se qualcuno mi dà del “siciliano”, io che sono nato a Catania ma non conosco una sola parola di dialetto siciliano. Se qualcuno dice che io sono stato “un giornalista”, lo correggo dicendo che sono uno che ha tratto la sua pagnotta dai giornali, dentro di me un giornalista non lo sono mai stato.
Divento una belva se qualcuno mi appioppa l’appellativo di “juventino sfegatato”, ossia di uno che ragionerebbe col fegato e non con la testa, io che in tema di sport come in tutti gli altri campi adoro le sfumature: e che dall’aver fatto lo sport agonistico so che cos’è il rispetto e la cavalleria nei confronti degli avversari, senza i quali non esisterebbe quel gran teatro che è lo sport, la competizione leale, Sofia Goggia che vince una medaglia d’argento per essere scesa giù sulla neve qualche centesimo di secondo di tempo in più della sua magnifica avversaria svizzera.
Stessissimo discorso per i “no vax”. Ovvio che all’origine c’è una necessità sanitaria primaria, ossia che la circolazione del virus sia avversata dal fatto che la gran parte di noi si è vaccinata. Detto questo, se conosco un no-vax mi sforzo di far venire la persona specifica che è, di capire il più possibile le sfumature, di reagire con accortezza e intelligenza. Ho due care amiche che sono no-vax, per me restano innanzitutto delle care amiche.
Così come in fatto di accortezza e di intelligenza, perso che Djokovic la meriti al sommo grado. Uno che mette a repentaglio una carriera quantificabile in milioni di euro per ciascuna vittoria, la merita eccome la nostra attenzione, il nostro rispetto. Non è che una regola cambia a seconda di chi la deve rispettare, se una celebrità o uno qualsiasi, è che c’è un problema specifico che ha nome “Djokovic” e non c’è bisogno di usare l’ascia per risolverlo.
Nel caso suo esiste una soluzione terza, che comporti il massimo di garanzie sanitarie per chi se lo troverà nei paraggi e che però non schianti un destino? Io penso di sì, anzi ne sono sicuro. Ne sta parlando un innamorato pazzo di Roger Federer, che non ha ancora dimenticato quei due ultimi servizi con cui Roger si giocò un Wimbledon di pochi anni fa che Djokovic finì per vincere. Questo, a proposito di sfumature.
GIAMPIERO MUGHINI
giampiero mughini a stasera italia 3
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