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Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, beninteso dopo avere espresso la mia più fraterna solidarietà a Marco Damilano, l’ex direttore dell’ “Espresso” che si è dimesso perché contrario alla vendita del settimanale a un imprenditore privato (di cui non sappiamo che identità gli darà), vorrei dire due o tre cose sul come sono morti editorialmente i settimanali d’attualità che per lungo tempo erano stati centrali nel panorama dell’informazione italiana.
Ne parlo con cognizione di causa, dato che ho lavorato poco meno di trent’anni in due di quei settimanali, “L’Europeo” e “Panorama”, e per giunta la buona parte del tempo sotto la direzione di Claudio Rinaldi, il più grande direttore della mia generazione, quello che di certo avrebbe sostituito Eugenio Scalfari alla guida della “Repubblica” non fosse quell’atroce malattia che lo stroncò quando era ancora nel pieno delle sue forze e del suo destino.
Più ancora di questo, sono stato un italiano di quelli - sessant’anni fa - che era un giorno della settimana diverso da tutti gli altri quello in cui prendevamo in mano “L’Espresso” nel formato gigante. Ogni numero di quel giornale, e successivamente “L’Espresso” nel formato piccolo e il ”Panorama” diretto prima da Lamberto Sechi e poi da Rinaldi, facevano di noi lettori un essere diverso, uno che ne sapeva di più, uno che ne capiva di più, che connetteva meglio e più a fondo le cose della cronaca della politica della cultura che gli stavano tutt’attorno.
Fu una bella giornata della mia vita quella dell’autunno 1987 nella cui mattinata mi telefonò Rinaldi a dirmi che mi avrebbe assunto a “Panorama” che in quel momento vendeva 600mila copie contro le 420mila copie dell’ “Espresso”, cifre entrambe da urlo. Alla Mondadori ante-Berlusconi dicevano di “Panorama” che fosse “la gallina d’oro”, 600mila copie vendute ogni settimana al pubblico migliore che ci fosse in Italia, quello che ci teneva ad essere aggiornato sulle cose del mondo e che aveva dei bei soldoni da spendere nel comprare le merci offerte sulle pagine pubblicitarie del settimanale.
Copie vendute. Pagine pubblicitarie che erano meglio dell’oro. Influenza morale e culturale sul migliore comparto della società. Che ne è restato di tutto questo quaranta o cinquant’anni dopo? Niente di niente di niente. “Panorama” è stato regalato dalla Mondadori al bravissimo Maurizio Belpietro che mi pare riesca a venderne 20-25mila copie, “L’Espresso” è accluso la domenica al quotidiano “Repubblica” e io stesso confesso che ne leggevo un articolo al mese e non perché fossero dei cattivi articoli (non lo erano affatto) ma perché sono cambiati i tempi e i meccanismi dell’informazione.
Beccheggiano i quotidiani, figuriamoci i settimanali. Quando ero a “Panorama”, facevamo la riunione di redazione al lunedì mattina, entro martedì venivano assegnati i pezzi per il numero successivo, al massimo li consegnavamo al giovedì pomeriggio, il sabato mattina il settimanale era in edicola.
Adesso viviamo un tempo in cui le notizie/commenti che appaiono su Dagospia alle dieci del mattino sono invecchiati e fuori uso alle prime ore del pomeriggio, e laddove i quotidiani si sono “settimanalizzati” nel senso che fanno il lavoro che un tempo facevano i settimanali, e questo dopo le cure che avevano fatto ai quotidiani prima Eugenio Scalfari e poi Paolo Mieli, per dire di due figli della storia dell’ “Espresso”.
Quanto a copie vendute non se ne parta nemmeno, striminzitissimo il mercato dei quotidiani di carta, nullo il mercato dei settimanali. Nullo. Nullo. E non c’è altro da aggiungere. Se non da augurare fraternamente ai colleghi che ci lavorano ancora di conservare il proprio stipendio. Altro da dire purtroppo non c’è.
GIAMPIERO MUGHINI
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