DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giordano Tedoldi per “Libero Quotidiano”
È come se avessero trovato i resti di Beatrice, o di Laura, o di qualunque altra musa la cui visione ha ispirato i capolavori immortali della nostra civiltà. Dopo quasi 500 anni, della Gioconda restano frammenti di ossa, scavati da un cassone nella cripta del convento di Sant’Orsola a Firenze, eppure un tempo quei tre reperti, resti di tibia e femore, erano rivestiti della carne e del sangue di Lisa Gherardini, sposa del facoltoso mercante di seta Francesco Del Giocondo.
Lei, Monna Lisa, il soggetto del dipinto più famoso del mondo, il capolavoro di Leonardo da Vinci, preso d’assalto ogni giorno, nella sua teca al museo del Louvre, da orde di visitatori che la venerano, la fotografano, la scrutano come se fosse viva.
Madre, madonna, sposa, eppure ambigua, allusiva e maliziosa, immagine cangiante e inafferrabile, pudica e sfacciata, lieta e malinconica, semplice e tormentosa, e per quanto divina, morta e cristianamente sepolta. E così sono infine venuti alla luce i suoi resti, o perlomeno è molto probabile che lo siano, asserisce Silvano Vicenti, coordinatore del comitato per la valorizzazione dei beni storici e culturali, a capo della squadra tecnica che sta esplorando i sotterranei del convento fiorentino.
L’analisi col carbonio 14, che permette di datare i reperti, porta a una data compatibile con quella di morte di Lisa, il 1542. La certezza che la salma sia la sua, e non di una defunta coeva, non c’è, e Vicenti è il primo a parlare di altissima probabilità, che comunque è affermazione impegnativa trattandosi di resti tanto antichi e prestigiosi. Ma a avvalorare l’ipotesi che si tratti proprio di Lisa ci sono le fonti storiche sulla struttura del convento, e sulla disposizione delle sepolture.
Documenti che portano a concludere che in quel punto trovarono riposo le spoglie della Gioconda. In teoria, un modo per inchiodare i frammenti ossei a un’identità definitiva ci sarebbe, vale a dire confrontare le tracce di Dna sui reperti trovati nella cripta di Sant’Orsola con il Dna dei figli di Lisa, ritrovati nella chiesa della Santissima Annunziata.
Ma i resti dei figli furono gravemente degradati dalle alluvioni dell’Arno, e non è possibile prelevare da essi materiale genetico sufficiente per svolgere il raffronto. In un futuro, con il progresso delle tecnologie, potrebbe essere possibile, e avremmo così la certezza ola smentita, chiudendo il giallo. Perché l’ansia di mettere le mani sul mucchietto di ossa che furono della Gioconda è tanto più grande quanto più enigmatica è la sua figura così come Leonardo da Vinci l’ha impressa sulla tavola, intorno alla prima decade del 500,quando Lisa era poco più che ventenne.
L’idea di dare una sostanza concreta al volto misterioso per antonomasia dell’arte occidentale sembra quasi equilibrare la sua persistente indecifrabilità. Come le sacre reliquie, che creano un ponte tra poveri e macabri oggetti e il divino, così i resti della Gioconda ci avvicinano alla grandezza di Leonardo, ci mettono in contatto con il momento della creazione, ci danno la certezza che quel miracoloso dipinto è stato uno straordinario momento artistico, ma anche un fatto concreto di pigmenti, tavole, pennelli, e di una donna dal petto che s’alzava e s’abbassava al ritmo del respiro, che ha posato davanti al Maestro, che aveva ricevuto la commissione dal marito.
lo scopritore della tomba silvano vinceti 12
Tutta l’elevatezza della leggenda artistica trova una concreta base storica nella tomba di Sant’Orsola che accoglie, tra le altre, le ossa di Lisa. La Gioconda è l’opera che più di ogni altra ha messo in crisi il concetto del significato in arte. Non è un semplice ritratto, perché i ritratti non ipnotizzano l’osservatore come fa la Gioconda, e non creano quella contagiosa, fanatica inquietudine.
Tutte le interpretazioni proposte, così, risultano allo stesso tempo superflue e insufficienti. La verità è che è un’opera per la quale siamo impreparati, il suo segreto è un mistero iniziatico che piacerebbe svelare scoprendo sarcofaghi, ma non accadrà. Perché la Monna Lisa più vera di quella vissuta e deceduta nel 1542, era in Leonardo, e ora è nel quadro conservato al Louvre.
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