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Pietrangelo Buttafuoco per “il Fatto Quotidiano”
È più da brandire che da leggere Le radici dell' odio. È un libro dal marchio solido, nientemeno che Oriana Fallaci, e prende corpo più negli umori dell' opinione pubblica che nella riflessione della coscienza critica. La sostanza è presto detta: dietro il terrorismo c' è l' islam e la religione dei musulmani è quella dei taglia gola il cui cavallo di Troia, per aprirsi le porte in Occidente, è l' immigrazione. Il comizio è tutto qua e quel bambino morto portato dalla risacca, allora - l' immagine che, da qualche giorno, ci devasta nel fondo del cuore - non è un bimbo.
il legno equestre nel cui capiente ventre si nasconde l' esercito degli Ulisse armati di scimitarra per prendersi il mondo di libertà da noi creato. Il canovaccio è presto pronto. Perfetto per berciare in un talk show. Le ragioni, dunque, ancora prima dell'odio. "Quando tocchi con dito, il distacco è impossibile" scrive Oriana Fallaci impegnata a raccontare un'ampia fascia della crosta terrestre dove "non esistono zitelle, né matrimoni d' amore" e dove gli uomini che si regalano in godimento ad altri uomini vengono ammazzati.
Non è il Sud d' Italia degli Anni 50. È il Medio Oriente dei 70. Lo Scià di Persia, restituito al suo trono, arriva a palazzo in macchina ma con l' auto portata a spalla dal popolo. Lei dice a lui di "essere nel libro nero dell' Iran" per via delle sue corrispondenze dal Viet Nam ostili agli Usa e lui, cortesissimo la spaventa: "La faccio mettere nel libro bianco".
Formidabile cacciatrice di dettagli, Oriana Fallaci affronta Cassius Clay, ovvero, Mohammad Alì e questo omone dell' islam negro col pugno chiuso dei comunisti ("le dita non servono mica") rutta ruminando un cocomero e senza neppure salutarla le offre un' inaspettata civetteria: "Ho la faccia liscia come una signorina, mi merito tre donne per notte".
ORIANA FALLACI E AYATOLLAH KHOMEINI
Potrebbe anche esaudire un interesse questo libro ma è stato costruito nella forma di un comizio scritto, mescolando reportage che hanno fatto la storia del giornalismo a pagine di un autunno, quello di un mito qual è la Fallaci, definitivamente spentosi nell' ossessione anti -islam. "Può il Codice penale", chiede a se stessa, "processare per odio?". S' inebria a tal punto d' odio, la giornalista che insegnò la pietà con Lettera a un bambino mai nato, da farne un blasone per la nuova Crociata. Imam Khomeini, pur tra i tramestii di una conversazione aspra, le sorride. E le dice: "Scriva il contrario, se vuole. La penna ce l'ha in mano lei".
ORIANA FALLACI E AYATOLLAH KHOMEINI
L' odio c' è, dunque. Non c' è l' islam. C' è l' esotismo, la politica e il mestiere dell' inviato con il quale Oriana Fallaci costruisce epiche più che articoli, ma una sola pagina di cronaca che confermi l' ultima parte del volume - i testi delle conferenze presso i circoli neo-con o gli articoli di recente polemica anti -islamica - non c' è. "Il modo in cui si è trattati", scrive, "spegne ogni pietà".
George Habash, il capo del Fronte Popolare arabo, autore di stragi efferate, dirottamenti e attentati contro gli ebrei anche in Europa (a Monaco, nel 1972), è cristiano e comunista e il lettore - se mai se ne troverà uno tra quelli che i libri li brandiscono invece che leggerli - viene a saperlo grazie alla Fallaci. La precisa domanda rivolta a Rashida, responsabile di una strage in un supermercato di Tel Aviv - "credi in Dio?", nella risposta è già una smentita del progetto editoriale. "No, non direi" dice Rashida.
I fallacisti che vanno in automatico non saprebbero reggere di fronte a certi colpi di scena. La terrorista non sa cosa sia il Corano, crede piuttosto in Marx, in Lenin e anche in Mao Tze Tung e la ragazza accanto a lei - elegante e sempre a proprio agio nelle diverse mise da radical chic del Medio Oriente- nella prosa della Fallaci si rivela tra "i ricchi comunisti à la page", non certo adatta alle madrasse.
Le sragioni, dunque, ancor più che le "radici". Sono quelle di questo libro che nel sottotitolo-La mia verità sull' Islam -in luogo di una gaffe infelice dell' editore svela un lapsus più che volontario del mercato cui è destinato.
" La mia verità", infatti, sta a mezzo tra la Pravda sovietica e il Mein Kampf hitleriano e tutte le ragioni di una protagonista straordinaria qual è Oriana Fallaci - i magnifici reportage degli Anni 70, ma anche le invettive, un genere più che nobile- in una confezione così congegnata, a uso di galoppini, vanno a parare in una sola destinazione: la bieca bottega politicante.
L' ODIO RESTA, si ravviva. "Occhio- per – occhio – dente – per - dente è epitome di ogni orgoglio". Così scrive la Fallaci ed è vero. Si scrive una frase, si prende una posizione, e magari non si considera che l'inchiostro va ad attingere da un calamo in cui si fa oblio di un intero villaggio distrutto, del sangue versato a seguito di un interrogatorio dove il prigioniero ne esce fuori mutilato - scene spaventose patite dagli arabi in fuga - e senza guadagnarsi la nostra pietà. Ma (e lo scrive lei non bin Laden) "l' ignoranza sulla Palestina non è ammessa, non è la lontana Amazzonia" .L' odio, a suo modo, digerisce ma rutta. Fallaci, a suo modo, dichiarandosi atea, si proclama cristiana.
Le pagine forse più penose sono quelle dedicate alla sua Firenze. La cristianissima città che fu faro d' incontri con Giorgio La Pira e baluardo spirituale con Attilio Mordini, degradata alla retorica pazzotica dei senegalesi che pisciano sul Battistero.
FOTO DI ORIANA FALLACI DAL SUO ARCHIVIO PERSONALE DA L ESPRESSO
Fate un esperimento. Fate leggere i pezzi in cui si racconta la Palestina omettendo però l' autrice. Fate ascoltare i racconti dei campi profughi senza svelare la titolare del taccuino - telefonate a un convinto occidentalista, dichiaratamente fallaciano - ebbene, io ho chiamato una signora, un' aspirante parlamentare, le ho letto per intero pagina 55 palestinesi definiti "i nuovi ebrei della terra") e poi pagina 73 (palestinesi che rischiano di diventare come "gli Apache relegati nei musei") e la signora mi ha sciorinato addosso tutti gli insulti tipici della retorica destrorsa. Alla domanda "Chi è l' autore?" - ha risposto (giuro): "Giulietto Chiesa!". Fatelo tutti questo esperimento: tanto non leggono, brandiscono.
FOTO DI ORIANA FALLACI DAL SUO ARCHIVIO PERSONALE DA L ESPRESSO
FALLACI rassegnastampa
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