renato casaro

IL NECROLOGIO DEI GIUSTI SE NE VA RENATO CASARO, 90 ANNI, L’ULTIMO DEI GRANDI MAESTRI DEL CARTELLONISMO CINEMATOGRAFICO ITALIANO, AUTORE DI MIGLIAIA DI BOZZETTI DEI MANIFESTI DI FILM CLAMOROSI - PIÙ DI CHIUNQUE ALTRO, TRA I PRIMI ANNI ’50 E LA FINE DEL CINEMA DI GENERE, ALLA FINE DEGLI ANNI ’70, CI FECE SOGNARE DUELLI, SPARATORIE, EROISMI, SPACCONATE, CAVALCATE SELVAGGE - A QUEI TEMPI BASTAVA UN MANIFESTO, UN TITOLO ALLA “ME’ COJONI” UN NOME ANCHE FINTO AMERICANO DEL PROTAGONISTA, DICEVA EDMONDO AMATI, PER FARCI ATTRAVERSARE PIAZZA CAVOUR A ROMA E ENTRARE AL CINEMA ADRIANO. ERAVAMO UN PUBBLICO DI SEMPLICIOTTI...

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Marco Giusti per Dagospia

 

 

renato casaro 4

Se ne va l’ultimo dei grandi maestri del cartellonismo cinematografico italiano, Renato Casaro, 90 anni. Autore di migliaia di bozzetti dei manifesti di film clamorosi diretti da Sergio Leone, Dario Argento, John Huston, Mario Monicelli, Bernardo Bertolucci, Carlo Verdone, ma anche di tutti film di Bud e Terence come dei più piccoli film di Franco e Ciccio (ne dipinse più di chiunque altro), degli 007 all’italiana, dove fu maestro assoluto, di tanti peplum, e, soprattutto di una marea di western all’italiana, di tanti Gringo, Ringo, Django.

 

i manifesti di renato casaro

Più di chiunque altro, tra i primi anni ’50 e la fine del cinema di genere, alla fine degli anni ’70, ci fece sognare duelli, sparatorie, eroismi, spacconate, cavalcate selvagge. A quei tempi bastava un manifesto, un titolo alla “me’ cojoni” (e non “sti cazzi”), un nome anche finto americano del protagonista, diceva Edmondo Amati, per farci attraversare piazza Cavour a Roma e entrare al cinema Adriano. Eravamo un pubblico di sempliciotti. E’ vero. Ma raramente un film del tempo non rispecchiava almeno in piccola parte quello che un film già col titolo e il manifesto ci aveva fatto sognare.

 

c'era una volta in america

 Spesso, possiamo ammetterlo, il film non era all’altezza di quello che ci aveva attratto coi faccioni dei cowboy che sputavano sangue e sudore fuori dal cinema, o con gli agenti segreti freddi e eleganti con tutte le donne ai loro piedi. Ma il manifesto e il titolo rappresentavano già metà del piacere di andare al cinema il pomeriggio da ragazzini. Nato a Treviso, dove finita la stagione dei cartellonisti era ritornato in questi ultimi vent’anni, Renato Casaro aveva sempre disegnato e sempre pensato al cinema.

 

Da ragazzo, a 17 anni, si legge ovunque, entrava al cinema Garibaldi di Treviso gratis grazie ai disegni che realizzava per i film in programmazione. Nei primi anni ’50 parte per Roma, lavora prima allo Studio Favalli e si mette in proprio nel 1955, lavorando prima sui peplum, poi su tutti i grandi film di genere del tempo. Il primo manifesto che realizza da solo è per un “Romeo e Giulietta” tedesco. Diventa presto quel che si chiama un grande artigiano appassionato del suo lavoro.

 

renato casaro

La sua ispirazione sono i disegnatori americani, come Norman Rockwell, ma anche i cartellonisti italiani che lo avevano preceduto. Casaro, come tanti ragazzi del tempo, era nato e cresciuto dentro al cinema. Gli spaghetti western, l’amicizia con Sergio Leone, Bud e Terence, Giuliano Gemma, ne fanno un nome presto famoso non solo in Italia. Il manifesto per “La Bibbia” di John Huston, prodotto da Dino De Laurentiis, lo rende davvero internazionale. Per cinquant’anni disegnerà di tutto, da “Amici miei” a “Balla coi lupi”, da “Bomber” a “Rambo”, da “Il tè nel deserto” a “C’era una volta in America”, da “Opera” a Acqua e sapone”, da “Il mio nome è nessuno” a “Vacanze di Natale”.

 

Sa dove puntare sulla grafica da fumetto e dove far qualcosa di più artistico. E’ bravissimo sia con le matite che con l’aerografo. Ha la fortuna di aver vissuto in prima persona, con una serie incredibile di mostre e omaggi, la sua grande e sincera rivalutazione artistica. Non solo un bravo artigiano, insomma, ma qualcosa di più.

 

i manifesti di renato casaro per cera una volta a hollywood 2

Su di lui viene girato anche un documentario, a cura di Walter Bencini, ma soprattutto lo chiama Quentin Tarantino per realizzare una serie di bozzetti di film inventati per Rick Dalton, il protagonista di “C’era una volta a Hollywood” interpretato da Leonardo DiCaprio che negli anni ’60 va a lavorare in Italia nel cinema di genere. Bozzetti che potrebbero benissimo essere stati dipinti in quegli anni e che vedo in vendita su Internet. Almeno Nebraska Jim di Sergio Corbucci mi sarebbe piaciuto vederlo realizzato…

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