sanremo 2016 finale

E PURE ‘STO SANREMO 2016 SE LO SEMO TOLTO DALLE PALLE: VINCONO GLI STADIO! - ALDO GRASSO: “CONTI È IL LEADER DELLO SPARTITO DELLA NAZIONE, CHE SI PROPONE DI ACCONTENTARE TUTTI. SANREMO E’ L'ETERNO RITORNO DELL'IDENTICO"

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virginia raffaele e roberto bollevirginia raffaele e roberto bolle

 

1 - TRIONFO DEGLI STADIO AL FESTIVAL DEI RECORD

A. Laffranchi e R. Franco per il “Corriere della Sera”

 

Nell' anno degli ex talent vince chi non ha la tv nel curriculum. Sono gli Stadio, con «Un giorno mi dirai», a conquistare Sanremo. La band che esordì con Lucio Dalla ha battuto la coppia Caccamo-Iurato e Francesca Michielin. Il direttissimo per Sanremo arriva a destinazione dopo quasi cinque ore. Una vita prima la serata si era aperta con Il Volo, i vincitori dell' anno scorso, e già veniva voglia di guardare Juve-Napoli.

 

Dura poco, giusto il tempo di cadere nel cliché dell' emigrato a New York: «Carlo vienici a trovare con un piatto di spaghetti buoni, per favore!». Il tono muscolare si impenna con Roberto Bolle, il tono musicale si intona con la prima cantante in gara, Francesca Michielin, preceduta da un videomessaggio di Fiorello: la presenza dello showman è un toccata e fuga. Erano rimasti in 16 in gara.

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Pronostici sovvertiti. Il ballottaggio al televoto aveva eliminato in anticipo Zero Assoluto, Neffa, Dear Jack e Bluvertigo, mentre Irene Fornaciari era stata ripescata. Il videomessaggio di un amico è la punteggiatura della serata: canta Tizio, ma prima Caio lo introduce con un augurio. Quello di Loredana Bertè a Patty Pravo (a lei il Premio della Critica Mia Martini) rientra nella categoria «qui botox a voi lifting», mentre a Miguel Bosé non hanno spiegato che i video si fanno in orizzontale e non in verticale. Son dettagli. Virginia Raffaele questa volta imita se stessa: nessuna maschera, solo la sua vera faccia e uno spacco nel vestito degno di Belén.

 

La sorpresa sono gli amici fiorentini di Carlo Conti: Panariello e Pieraccioni, il clima è molto da Amici miei . La confidenza di lunga data emerge tutta, tecnicamente è cazzeggio. «Per parlare con te bisogna andare in televisione o in un solarium. Sei fisso in tv: per spacchettare i regali di Natale chiami Insinna, tua moglie per far l' amore telefona a Chi l' ha visto?».

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Poi parte il paragone con il Fiorentino, ovvero Matteo Renzi: «È come te: è sempre in tv, non sa l' inglese, vuole fare tutto lui, e non ha interpellato gli italiani per governare come tu non lo hai fatto per condurre Sanremo». Non è solo una goliardata fra amici, ma anche uno spottone allo show di settembre, una reunion tipo i Pooh. Il canovaccio è quello collaudato, musica e ospiti.

 

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Gli Elii si travestono da Kiss (e l'originale Gene Simmons chiede il video via Twitter), Arisa ha lo sguardo perso ma la voce sa bene dove si trova, Annalisa ci mette intensità, gli Stadio crescono, Ruggeri e Rocco Hunt suonano la sveglia, Caccamo e Iurato trovano l'equilibro delle voci. Bolle torna senza la conchiglia e senza calzamaglia, ma con l' abito scuro.

 

Spiega la sua ricetta francescana: «Non bevo, non fumo, faccio una vita regolare, mi alleno sei-sette ore al giorno: sacrifici per realizzare un sogno». Si mette in gioco e si poppizza ancora di più: passo a due con Virginia sulle note di «La notte vola», sigla cult di Lorella Cuccarini.

madalina ghenea madalina ghenea

 

Si piomba negli Anni 80 e Sanremo diventa la dependance di Bim Bum Bam con Cristina D' Avena, oggi 51enne, ma voce di un' infanzia. Microfono addobbato con i nastri arcobaleno, tormentone pro unioni civili di questo Festival, abbassa il livello (compito assai difficile viste le canzoni di quest' anno) ma alza l' amarcord con «La canzone dei Puffi». Sale sul palco anche Renato Zero che compone un medley con nove dei suoi grandi successi ed è standing ovation. Dopo l' esibizione un altro medley, quello dei suoi pensieri: scherza, racconta, monologa al limite della psicanalisi, accenna all' importanza della famiglia, chiede rispetto per la musica. Frase cult: «Gli alieni sono fra noi e io sono uno di loro, e li rappresento tutti».

 

2 - LO SPARTITO DELLA NAZIONE HA TROVATO IL SUO LEADER

Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”

 

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Tutti a cercare il Partito della Nazione e noi da anni abbiamo lo Spartito della Nazione, e a quello ci siamo adeguati. Quando si parla di Sanremo si finisce fatalmente per parlare dei massimi sistemi, come se il Festival fosse una sorta di entità che non conosce alcuna responsabilità personale. Trascina anche chi vi si oppone.

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Eppure, il grande successo di pubblico di quest' anno (una cerimonia dell'usato sicuro, una festa della normalità striata da alcune eccezioni) ha confermato come Sanremo, oplà, sia passata in un attimo da città dei furbetti del cartellino, a Città del Sole, l'utopia perfetta del sapersela suonare e cantare. Carlo Conti è il leader dello Spartito della Nazione, un agglomerato politico postmoderno che si propone di accontentare tutti, che alla fase propulsiva (scelte, decisioni, traumi) preferisce quella regressiva, paradossalmente amplificata dai social network. È la perfetta fusione fra voto e televoto, fra consenso e audience.

 

roberto bolle  roberto bolle

Il mestiere di Conti è stato soprattutto quello di scandire il ritmo delle serate, di fare in modo che ogni elemento previsto in scaletta arrivasse al momento giusto, di tenere il timone di un programma troppo lungo e parecchio frammentato. Ma questa attenzione su quello che c' era da fare ha tolto ogni curiosità vera, ogni interesse verso quello che stava andando in scena: le canzoni, i pezzi comici, gli ospiti e le testimonianze sono soltanto faccende da sbrigare in fretta, potenziali problemi da far andare lisci.

 

Tolto ogni elemento che potesse anche solo dare un orientamento di qualche tipo al festival, tolti ogni idea di fondo e ogni punto di vista possibile (sul mondo, o anche solo sul modo di fare tv), resta solo una sequenza di elementi, un meccanismo tutto sommato poco coinvolgente, un ritorno al passato: o ancora meglio a un' immagine idealizzata e in fondo asettica di questo passato, dove le vallette facevano le vallette, i cantanti cantavano, i comici non disturbano troppo il guidatore.

virginia raffaele e gabriel garko virginia raffaele e gabriel garko

 

In questa regressione infantile cui ci costringe Sanremo (evvai Cristina D'Avena), in queste cinque serate ordinarie in cui però ogni «snobismo intellettuale» è bandito ma, nello stesso tempo, bene accetto purché partecipi al gioco (40 anni fa Flaiano aveva già capito tutto), viene fuori una festosa coazione a ripetere, l'eterno ritorno dell' identico. Non a caso la più brava, la «vera vincitrice del Festival», è stata un' imitatrice, Virginia Raffaele.

 

Sanremo ha la forza tranquilla della rassegnazione. E la rassegnazione permette a certe forze di accrescersi indefinitamente. Rassegnata la direzione artistica, rassegnata la regia (che più scolastica non si può), rassegnata la scenografia a omaggiare i talent, rassegnati i cantanti, specie quelli con i nastrini colorati. Ma tanta rassegnazione è un'energia incontenibile che contagia anche i più rassegnati di tutti, gli spettatori. Solo così si spiegano i numeri dell' audience.

virginia raffaele e roberto bolle  virginia raffaele e roberto bolle

 

Sanremo è una sorta di tranquillante sociale. Ne abbiamo bisogno in questo momento?

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Non servirebbe una scossa di nuovi immaginari, di festività, di eleganza? Serve ancora stabilire se il Festival sia stato bello o brutto? Non converrebbe invece chiedersi se l' energia rottamatrice (già in fase calante?) debba anche incidere sulla missione del Servizio pubblico?