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Greta Sclaunich per "Corriere.it"
Il virtuale può migliorare il reale? Secondo la Word Wide Web Foundation non solo è possibile, ma anche misurabile: la fondazione (diretta dal creatore del web Tim Berners-Lee) ha stilato la prima classifica basata sul web-index. Indice calcolato, appunto, misurando come cresce e si evolve l'utilità (e l'impatto) di internet su 61 Paesi in tutto il mondo. E quindi come, grazie al web, si possa migliorare la qualità della vita, ridurre i conflitti, perfezionare la governance nei singoli paesi.
LA CLASSIFICA - Al primo posto, a sorpresa, si piazza la Svezia. Seguono Usa e Gran Bretagna, poi Canada e Finlandia. I paesi occidentali dominano la top 20 con una sola eccezione: l'Italia, che scivola al 23esimo posto, tra Messico e Brasile. A spiegare il brutto score ci pensa Tim Berners-Lee, che presentando la classifica spiega che «gli italiani non puntano automaticamente sul web».
La Cina, ben nota per la restrizioni operate sul web, finisce 29esima, a sei gradini di distanza dall'Italia. Una sorpresa anche questa ma, censure a parte, per il Paese è stata determinante l'apertura della rete: «Per noi è importante il fatto che il web sia facilmente accessibile per le persone», spiega Berners-Lee. Due posti sotto la Cina compare la Russia - che arriva solo 31esima, mentre il Kazakistan, inaspettatamente, si piazza 28esimo grazie ai miglioramenti significativi messi in atto negli ultimi cinque anni.
I «PEGGIORI» -Se i paesi dell'Occidente si aggiudicano i primi posti della classifica, la maglia nera spetta a quelli africani. Nella top ten dei peggiori troviamo infatti Zimbabwe, Burkina Faso, Benin, Etiopia, Namibia, Mali e Camerun. Mentre i Paesi della Primavera Araba ottengono migliori risultati: la Tunisia è 30esima, l'Egitto 39esimo. Il Medio Oriente, invece, si conferma zona di contraddizioni anche osservato attraverso il web: se Israele si aggiudica il 15esimo posto, il 61esimo e ultimo posto spetta allo Yemen.
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