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NETFLIX DA PRENDERE SUL SERIO – IL SERVIZIO DI STREAMING AUMENTA I PREZZI DEGLI ABBONAMENTI: QUELLO STANDARD PASSA A 12 EURO E IL PREMIUM A 16 – IL PERCHÉ È EVIDENTE: OLTRE AI DEBITI MILIARDARI, STA PER ARRIVARE LA CONCORRENZA PESANTE DI DISNEY E APPLE E GLI ABBONAMENTI NON CRESCONO PIÙ COME UN TEMPO. INSOMMA, C’È BISOGNO DI FARE CASSA – SICURI CHE GLI UTENTI NON SCAPPERANNO? ABBONARSI A TUTTO È TROPPO COSTOSO, E IN ITALIA HA PRESO PIEDE IL ''PEZZOTTO''…
Gianmaria Tammaro per Dagospia
NETFLIX AUMENTA IL PREZZO DEGLI ABBONAMENTI
E alla fine, dopo tanti rimandi e dopo lunghe attese, Netflix ha aumentato il prezzo dei suoi abbonamenti anche qui in Italia. Quello Base, da 7,99 euro, resta invariato: 1 solo dispositivo, streaming non in alta definizione, e la possibilità di scaricare cose anche sul cellulare o sul tablet. Cambiano, invece, quello Standard che passa da 10,99 € a 11,99 € – 2 dispositivi, streaming in HD, download su due device – e quello Premium, che diventa di 15,99 € (aumento di circa 2 euro, la possibilità di usare Netflix su 4 dispositivi contemporaneamente, HD e Ultra HD, e download su quattro device).
Gli aumenti sono già effettivi per quelli che decideranno di abbondarsi da oggi. Per i vecchi abbonati, invece, ci vorrà ancora un po’ di tempo: un mese, circa, da quando riceveranno una mail di notifica. Fa sorridere che a lamentarsi siano quelli che volevano prezzi più bassi per vedere cose, serie e film, in HD e in 4K (per vederle, bisogna comprare anche televisori e device; e quelli non sono propriamente economici).
Ma ci sta e il cliente, come si dice, ha sempre ragione. Netflix, che s’era ritagliata un posto al sole proprio per la sua convenienza, sta cambiando. I motivi di questi aumenti sono abbastanza evidenti. Prima di tutto: bisogna incassare. Il debito della piattaforma streaming ammonta ancora a diversi miliardi di dollari, e il suo sistema “bolla” (funziona finché ci credono gli investitori) è sempre in bilico. Secondo: sta per arrivare la competizione, e bisogna mettere al sicuro il proprio tesoretto. Netflix deve produrre e per produrre ha bisogno di liquidità. E visto che gli abbonamenti non stanno crescendo alla stessa velocità con cui sono cresciuti negli anni precedenti (e visto che la mole di produzioni in corso, invece, è sempre più grande), il modo più facile per avere soldi è aumentare il prezzo.
Spesso le offerte Standard e Premium sono condivise: si compra un solo abbonamento, in due o in quattro, e si usa su più dispositivi. Ma è anche vero che il mercato – a livello internazionale, per adesso – è sempre più saturo di player e di offerte, e aumentare i propri costi, forse, non è la scelta più lungimirante: le persone vogliono vedere cose, ma vogliono vederle a un certo prezzo. A Netflix manca ancora quella capacità che hanno altre realtà di selezionare i propri progetti: c’è una doppia anima popolare e autoriale, che sono spesso in conflitto tra loro e che non sempre – vedi le varie cancellazioni degli ultimi mesi – portano i risultati sperati.
E poi: Netflix non è più sola. Solo in Italia ci sono Sky, con la sua NowTv, e Amazon Prime Video. E poi Infinity e TimVision. Fa eccezione Raiplay, che resta gratuita. Prossimamente arriveranno anche Disney+ e Apple tv+. All’estero ci sono Hulu, la piattaforma di Hbo e quella di CBS. WarnerMedia è in fase d’acquisizioni (il primo accordo importante è quello che, si vocifera, stringerà con JJ Abrams e la sua Bad Robot: circa 500 milioni di dollari). Ognuno, insomma, si sta preparando per fare la sua offerta e per lanciare la sua realtà. E Netflix ha bisogno di capitalizzare. E di avere un’offerta così unica e così irripetibile da convincere – perché è di questo, ora, che stiamo parlando – i suoi abbonati a non abbandonarla.
Per il pubblico italiano, l’aumento di Netflix è importante, ma non – e bisogna essere onesti – tragico. Il catalogo è cresciuto. E sono cresciuti anche gli investimenti sul nostro territorio (solo nei prossimi tre anni, Netflix ha promesso circa 200 milioni di euro). Nel Nord America, la piattaforma può vantare una presenza più importante e più radicata: è una realtà costante nella quotidianità dei suoi abbonati. La vedono i bambini e la vedono gli adulti. E c’è tanta offerta. Molta più di quanto ce ne sia oggi in Italia.
Il rischio, con questi abbonamenti e con l’aumento dei prezzi e prossimamente con l’aumento dei player, è che si ritorni alla pirateria. Lo spettatore comincia a farsi i conti in tasca, e comincia a notare che deve pagare tanto, ogni mese, per avere accesso a troppe cose. E la domanda diventa: basta il tormentone, “La casa di carta” o la “Stranger Things” del momento, per convincere le persone a spendere soldi? O forse, invece, ci vuole più continuità? La risposta, per quanto assurdo possa suonare, potrebbe trovarsi nel passato, e quindi in quella vecchia televisione, lineare e ricca di pubblicità, che è stata così velocemente snobbata. Serve quello stesso rapporto, tra pubblico e player. E serve far capire alle persone che i soldi che spendono, poi, in qualche modo, ritornano da loro.
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