DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Giuseppe Scaraffia per il Messaggero
Da molti anni il premio Strega è impegnato in una titanica battaglia. Anche i suoi più accaniti detrattori devono ammettere che senza questa benemerita istituzione non sarebbe stata possibile la scoperta e la valorizzazione di alcuni dei più insignificanti autori d'Italia.
Quest'anno il dilemma dello Strega (premiazione stasera al Ninfeo di Villa Giulia, favorito Cognetti su Ciabatti, Marasco, Rollo e Nucci) sembra ancora più difficile da sciogliere perché con l'acquisto della Rizzoli da parte della Mondadori è indiscutibilmente svanito il principio di alternanza che regolava il premio.
Ovviamente, essendo un premio serio e coraggioso, nessuno si pone il problema se obbedire o meno al più potente gruppo editoriale così formatosi. Niente inutili ribellismi, il vero problema è un altro, capire quale sia il vincitore preferito da Segrate.
Tutti gli editori mandano struggenti lettere in cui fanno presente ai votanti l'incommensurabile valore umano e letterario dell'opera presentata. Sono lettere molto partecipate. Se fossero scritte in inchiostro ci sarebbe qualche riga semicancellata da una lacrima. Purtroppo le stampanti censurano queste testimonianze di umanità. Negli ultimi giorni è il telefono l'arma decisiva.
Ma c'è modo e modo di chiedere il voto. Gli uffici stampa e i candidati sono pieni di fantasia. C'è chi spiega con l'aria di fare una confidenza che il suo candidato, onnipresente sui media, vive una vita ritirata che solo lo Strega potrebbe rallegrare.
C'è chi allude alla sua grave situazione finanziaria: è per questo che il candidato, di solito così ritroso, ha deciso controvoglia di partecipare. C'è chi punta sull'implausibilità del proprio concorrente: solo lui potrebbe spezzare la routine dello Strega. C'è chi sapendo che il votante detesta un altro concorrente cerca di fare leva su questa debolezza: So che il mio X non ti convince molto, ma bisogna a ogni costo evitare di far vincere quell'orribile Y!. C'è chi giustifica l'oltraggiosa sicumera del proprio concorrente lamentando mestamente:
E' il peggior nemico di se stesso!. Ma ci sono anche i sostenitori minacciosi, pronti a insultarti se cerchi di restare nel vago e non rivelare per chi voti. O i gaffeurs, gli editori inesperti che miracolati da un ingresso in cinquina ti ringraziano via mail nero su bianco, senza riuscire a nascondere l'entusiasmo nei malaccorti giri di frase, per una preferenza di voto di cui non dovrebbero proprio essere a conoscenza.
Poi c'è chi fa da sé e fa per tre. Gli anziani puntano senza tante storie sull'età: è l'ultima occasione prima che il piede scivoli nella tomba. Quest'anno non ce ne sono. Senior della cinguettante giovanile cinquina è il vintage ma ben portante Alberto Rollo, ma quanti ne abbiamo visti.
Memorabile l'abilità con cui a suo tempo Alberto Bevilacqua convinse quel galantuomo di Dino Buzzati a sostenerlo, spiegando che, con il cancro che lo divorava, sarebbe stata la sua ultima gioia. Naturalmente Bevilacqua sopravvisse di molto a Buzzati. Il vero capolavoro sono però le telefonate in cui il candidato o l'editore si fanno pregare prima di chiedere finalmente il voto, dopo lunghe blandizie, al giurato che spossato dai complimenti aspetta nervosamente dall'altra parte del filo.
Non è una novità. «Alcune delle telefonate che ricevevo», rievocava qualche anno fa Andrea De Carlo «rivelavano autentico imbarazzo, altre erano allegramente disinvolte, altre incalzanti (…) Ne ricordo in particolare una, di uno scrittore che non avevo mai incontrato di persona.
Aveva passato i primi dieci minuti a spiegarmi quanto ammirava i miei romanzi, sinceramente, profondamente, autenticamente. Poi mi aveva descritto in dettaglio una sua deliziosa casetta presso il mare, dove se avessi voluto avrei potuto passare qualche bel giorno di riposo o di lavoro, visto che era sua abitudine metterla a disposizione degli amici più cari. Infine, con un cambio abbastanza brusco di registro, mi aveva detto Ah, volevo ricordarti che sono in gara per lo Strega, e chiederti il tuo voto».
albinati legge la cinquina foto strega off
Ma c'è anche chi non ama perdere e far perdere tempo. Il grandioso Pier Paolo Pasolini aveva stretto in un angolo Vittorio Sereni: «Caro Sereni, scusami questo atroce, laconico biglietto: ne sto scrivendo una dozzina. È per chiederti il voto allo Strega. Me lo darai?».
Chi ricorda che Tommaso Landolfi aveva acconsentito a ricevere il premio solo a condizione di non presenziare alla premiazione? Adesso chi rinuncerebbe alla foto con bottiglia o alla diretta televisiva per famiglie stordite dalla canicola? Ma il tempo passa per tutti, anche per il settantenne Premio Strega.
Sembra che quella fascia «gialla, alta poco più di due dita», che sulla copertina del romanzo del vincitore un tempo ipnotizzava gli incerti, adesso funzioni molto meno. Sarà la crisi? sarà il fatto che gli acquirenti adesso il libro vogliono anche leggerlo? Al vincitore resterà però pur sempre una cassa di liquore giallastro da sorseggiare nostalgicamente con gli amici del lunedì.
edoardo albinati vince il premio strega 2016teresa ciabattiedoardo albinati vince il premio strega 2016
Ninfeo di Villa Giulia NINFEO DI VALLE GIULIA PREMIO STREGA jpeg
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