1- OH! FINALMENTE, CI SIAMO! IL PRESIDENTE DELLA FERRARI È USCITO DAI BOX, HA ROTTO LE ACQUE DELL’INCERTEZZA E FORTE DEL DISASTRO CHE HA SPARIGLIATO IL QUADRO POLITICO È PRONTO A CAMMINARE SULLE ACQUE “ITALIA FUTURA ALLE ELEZIONI DEL 2013” 2- UN’OPERAZIONE MIELESCA CONCERTATA A TAVOLINO PER ABBANDONARE LA CARTA DI MONTI E DEL SUO GOVERNO, E APRIRE LA PAGINA DEL CAMBIAMENTO. LA SCELTA DI TEMPO È PERFETTA PERCHÉ ARRIVA ALL’INDOMANI DELLA BOMBA ELETTORALE DI GRILLO CHE SECONDO I SONDAGGI DI “BALLARÒ” SAREBBE ORMAI IL SECONDO PARTITO ITALIANO 3- UN APPROCCIO ELITARIO DI CIÒ CHE RESTA DEI COSIDDETTI POTERI FORTI E MARCI DEL PAESE COL CONSENSO DI DE BENEDETTI, CHE HA DISINTEGRATO PASSERA, E DI MARPIONNE CHE HA UN BISOGNO FOTTUTO DI INCENTIVI PER USCIRE DAL DISASTRO DELLA FIAT 4- NELLA TASTIERA DEI CONSENSI MANCA IL VATICANO, MA LA CHIESA DA DUEMILA ANNI SA ADATTARSI ALLA REALTÀ COME ALLA MONDANITÀ. SEMPRE PRONTA A LANCIARE I SUOI ANATEMI QUANDO SCOPRE CHE IL CAVALIERE ALATO HA QUALCHE SCHELETRO NELL’ARMADIO

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Nella sala parto della politica dove i chirurghi della Prima Repubblica hanno contribuito con i loro errori a tirar fuori la creatura mostruosa e barbuta di Beppe Grillo, oggi è nato un altro bambino con gli occhi azzurri, un naso pronunciato e una bella capigliatura.

La gestazione durava da almeno cinque anni, ma negli ultimi tre il neonato si era mosso nel liquido amniotico dando segni sempre più evidenti di voler venire alla luce per dare il suo contributo all'Italia Futura. Finalmente si sono rotte le acque e Luchino di Montezemolo si è deciso a rompere la placenta dell'incertezza con una lettera spedita all'amico Flebuccio De Bortoli, che oggi l'ha pubblicata con grande evidenza sul "Corriere della Sera".

Le avvisaglie dell'evento si erano percepite sabato quando l'editorialista del "Corriere", Pierluigi Battista, chiedeva chiarezza sull'identità della Fondazione "Italia Futura" e poneva la domanda fondamentale: "è un partito? Sarebbe meglio dirlo subito".

In sala parto i chirurghi più anziani sono convinti che l'interrogativo lanciato dal giornalista del "Corriere" sia stato concepito nella mente fertile del direttore De Bortoli per consentire a Montezemolo di annunciare la sua definitiva discesa in campo. Un'operazione mielesca concertata a tavolino per abbandonare la carta di Monti e del suo Governo, e aprire la pagina del cambiamento. La scelta di tempo è perfetta perché arriva all'indomani della bomba elettorale di Grillo che secondo i sondaggi di "Ballarò" sarebbe ormai il secondo partito italiano.

E non è un caso che la lunga lettera con cui Luchino rompe le acque arriva alla vigilia dell'Assemblea della Confindustria che ha guidato fino al 2008 quando ha lasciato il posto alla Marcegaglia, la signora di Mantova che oggi annuncia sul "Sole 24 Ore" "missione compiuta, torno in azienda".

Per Montezemolo è arrivato il momento di fare il percorso inverso e di lasciarsi alle spalle i treni di Ntv, le preoccupazioni per la Ferrari, la poltroncina tra i consiglieri di Unicredit e le altre aziende del fashion messe in piedi con il compagno di merenda Dieguito Della Valle (l'uomo che tenta di scassare i salotti in Rcs, Mediobanca, Generali all'insegna dell'urlo: "io sono io e voi non siete un cazzo").

A questo punto sembra davvero finito il tormentone che per anni ci ha assillato sull'arrivo nell'arena politica di un uomo che le signore della borghesia bene e di una parte dei poteri forti considerano già un salvatore della Patria in grado di mettere insieme il popolo dei moderati scossi dalle folate del populismo e dalla delusione nei confronti del Governo tecnico.

Viene così smentito il presagio del giornalista stratega Paolino Mieli che nel maggio di due anni fa disse con affetto: "al mio amico Montezemolo sconsiglio di scendere in politica e penso che alla fine seguirà il mio consiglio". Con la miopia degli storici che scrutano il passato e capiscono poco o niente del futuro, Paolino non ha percepito i fremiti che da anni attraversano il cuore e il cervello di Luchino, un 65enne dai pensieri spettinati e l'ambizione sconfinata che sente il richiamo della storia, quella con la "S" maiuscola, dove vuole entrare per dare il suo contributo.

Nella lettera di oggi al "Corriere" nega di aver passato gli ultimi tre anni a fare il gioco della vecchia politica e vuole dare una risposta "netta" parlando di contenuti e non di contenitori, e mette da parte l'ipotesi di alleanze gattopardesche che facciano da paravento a operazioni di finto rinnovamento. La prosa, studiata probabilmente con l'aiuto dei tre consiglieri di "Italia Futura" (Calenda, Romano, Rossi) tende a scacciare l'idea che all'Italia serva un presunto superuomo poiché è arrivato il momento di uscire dal vago e di fare proposte precise.

Così, dopo aver dato un paio di bacchettate a ministri come Giulietto Tremonti, e al Cavaliere impunito che ha esaltato la retorica della ricchezza e dei ristoranti pieni, Luchino dichiara senza mezzi termini: "Italia Futura" potrebbe anche diventare nei prossimi mesi un movimento politico a tutti gli effetti e presentarsi alle elezioni del 2013".

Oh! Finalmente, ci siamo! Il presidente della Ferrari è uscito dai box, ha rotto le acque dell'incertezza e adesso forte del disastro che ha sparigliato il quadro politico è pronto a camminare sulle acque con il bagaglio delle idee raccolte nei tre anni di lavoro del suo think tank. La lettera di oggi è una versione sintetica del manifesto pubblicato poche settimane fa sul sito della fondazione "Italia Futura". Dentro si ritrovano i temi che riguardano la pressione fiscale, la spesa pubblica, la necessità di rimettere in circolo energie e risorse, il legame tra cultura e impresa e una risposta "alla sempre più drammatica sofferenza di tanti lavoratori e produttori".

Qualcuno potrebbe dire che questo pacchetto di proposte non è molto diverso dal bla-bla-bla dei partiti agonizzanti, ma ciò che potrebbe far saltare sulle sedie i politologi è il salto concettuale che Luchino compie quando dice: "dobbiamo rendere conto ai cittadini come veri e propri "azionisti" dello Stato". Qui la penna è scivolata nel lessico dell'uomo d'affari piuttosto che del leader attento ai fondamentali della democrazia, ma questo è un lapsus che può essere anche perdonato perché fortunatamente non riaffiora quel concetto di "fare squadra" che Luchino ha ripetuto come una litania negli ultimi dieci anni.

E tanto per non farsi spiazzare da Corradino Passera che si ritroverà antagonista o compagno di strada nella scena futura, anche lui rivolge un appello a lavorare insieme "per aprire un cantiere progettuale di tutte le forze sociali, culturali e politiche".

Questo del cantiere è uno dei tormentoni più utilizzati negli ultimi tempi dal pragmatico ministro dello Sviluppo Economico, ma sulla bocca di Luchino suona come una parola strana perché chi lo conosce sa benissimo che rispetto ai cantieri dove regna la polvere e si sporcano le mani, ha sempre privilegiato i salotti, dove si gestisce il potere senza perdere di vista i business prosperosi.

Sono sottigliezze lessicali che forse vanno al di là delle intenzioni, ma resta il fatto che la storia personale e la visione politica del "ragazzo dei Parioli" proteso a raccogliere l'eredità dei moderati, hanno un tratto verticistico che non può essere cancellato con le piroette.

Non sappiamo se alle prossime elezioni l'appello si tradurrà in una lista beautiful e in un "partito dei carini" come qualcuno ha scritto con ironia esagerata; di sicuro c'è soltanto che l'approccio di Luchino è fortemente "personalizzato" per il suo fascino di imprenditore vittorioso piuttosto che per la sua visione del futuro e per le strategie politiche che restano del tutto indefinite.

È un approccio comunque elitario che parte anche nel suo caso da una rete. Non quella del popolo incazzato degli studenti e degli operai che hanno votato Grillo, ma di ciò che resta dei cosiddetti poteri forti e marci del Paese. Non a caso Luchino potrà nel suo percorso avvalersi del consenso di imprenditori come Carletto De Benedetti che tra marzo e aprile si sono divertiti a disintegrare Corradino Passera. E in questa logica entra pure il Marpionne dal pullover sgualcito che ha un bisogno fottuto di incentivi e di riferimenti politici per uscire dal disastro della Fiat.

Se poi questo consenso non avrà l'appoggio della Confindustria (dove ha perso la battaglia per il suo candidato Bombassei) poco importa poiché Luchino sa che il ventre degli imprenditori è così molle e in preda alla gastrite dei problemi da consentire un recupero di consensi nello spazio di poche ore. E dalla sua può contare sul Berlusconi ferito e imbalsamato che non vede l'ora di mettere nelle mani di un altro imprenditore i pochi gioielli della sua tappezzeria politica.

Il cantiere di Luchino di Montezemolo, primogenito di tre figli di Massimo Cordero dei marchesi di Montezemolo, Commendatore della Repubblica, Cavaliere del Lavoro e Grand'Ufficiale dell'Ordine al Merito, non è un cantiere polveroso e nemmeno troppo pensieroso.

È quanto basta per dare una risposta a quei "populismi demagogici e distruttivi" che Luchino cita nell'ultima riga della lettera concertata con l'amico de Bortoli.

Se poi nella tastiera dei consensi manca per adesso quello del Vaticano, anche questo non sarà vissuto come un cruccio perché la Chiesa da duemila anni sa adattarsi alla realtà come alla mondanità. Sempre pronta comunque a lanciare i suoi anatemi quando scopre che il cavaliere alato ha qualche scheletro nell'armadio.

 

 

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