DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Gianmarco Aimi per mowmag.com -Estratti
«Io adesso sono “il mostro”» dice sospirando, prima di salutarci, quando lo incontriamo nella sua casa di Milano in zona Porta Venezia
Il processo? «Non credo nella giustizia terrena, la subisco». Le accuse? «Non sono buone neanche per un podcast di indagini». Il femminismo? «Somiglia alle parabole che hanno avuto le Brigate Rosse o il M5s».
E profetizza persino l’escalation di violenza: «Se qualcuno mi gambizza, io divento un martire e loro finiscono».
Il conflitto in corso, secondo il filosofo, «è una battaglia intestina che ha a che fare con la fine del pensiero maschile». Sostiene che «i femminicidi non sono una emergenza» paventando «l’interesse politico-strumentale che c’è dietro». E si toglie qualche sassolino dalla scarpa rispetto all’élite culturale alla quale era associato.
Michela Murgia? «Un’amica, ma sulla schwa sono totalmente contrario». Chiara Valerio «ha sbagliato a dedicare la fiera a Giulia Cecchettin, non ne sapeva niente».
La querelle sugli artisti che hanno rinunciato alla rassegna? «Se il dibattito culturale è uno scontro tra Selvaggia Lucarelli e Carlotta Vagnoli contro Roberto Saviano siamo nella merda».
E ancora, ci ha spiegato «il doppiopesismo di Tlon (Maura Gancitano e Andrea Colamedici) e si è detto vicino a Morgan: «Un grandissimo artista al quale una major ha tolto tutti i lavori mantenendo dei trapper condannati per vari reati». Nel frattempo si è autosospeso dall’insegnamento («non ho un euro per sostenere quello che avverrà»), ma ha una nuova compagna che lo aspetta a casa. In attesa delle motivazioni della sentenza riflette sul patteggiamento («la vita è breve e troppo bella per passarla a combattere»). Ricorda cosa gli ripetono i suoi genitori («lotta, come noi lottiamo per te»). Anche se considera la sua vita passata ormai distrutta: «Il filosofo Leonardo Caffo è finito, per adesso…».
Dopo il clamore mediatico che ha scatenato la vicenda che ti ha coinvolto, e la sentenza di condanna in primo grado a 4 anni, altri si sarebbero chiusi nel silenzio. Invece tu, da subito, hai dichiarato: «Ho bisogno di parlare». Cos’hai da dire?
ROBERTO SAVIANO CHIARA VALERIO
In realtà ho bisogno di lavorare, più che di parlare. Prima che questa situazione venisse strumentalizzata facevo il filosofo e lo scrittore. Non mi occupavo degli affari altrui, ma di questioni culturali. Penso di essere finito al centro di una battaglia fondamentale per la contemporaneità. Ho sempre difeso i diritti degli altri. Mi sono occupato di migranti, carcerati, vittime della giustizia. Tutto questo non credo mi sia tornato utilissimo. Anzi, è stato strumentalizzato come se fosse un brand, ma posso assicurare che non porta ricchezza.
(...)
C’è chi sostiene che i suicidi legati alle separazioni siano centinaia, anche se è un dato non verificato e difficile da estrapolare. Invece il numero dei femminicidi è intorno al centinaio nel 2024.
I femminicidi sono un po’ meno di cento e non è sicuramente una emergenza, anche se è una questione gravissima che mai va ridimensionata. Ma siamo un paese di 60 milioni di abitanti. Uno si deve chiedere, quando qualcosa viene raccontato come un’emergenza, qual è l’interesse politico-strumentale che c’è dietro. Non faccio fatica a dire che sono finito al centro di un reato politico. Lo è con tutta evidenza. Quindi rivendico il mio ruolo di pensatore anche in questa faccenda.
Però non sei stato accusato di reati di opinione, ma di maltrattamenti in famiglia.
Ho il disgusto per il fatto che nessuno abbia pensato che c’è di mezzo una bambina di 4 anni e un articolo del codice penale, il 117, prevede che se viene identificato il padre, e tramite esso anche la bambina, tutte le notizie che fuoriescono sono esse stesse un reato penale. Compreso dialogo che stiamo facendo in questo momento.
(...)
Carmelo Bene disse: «Non parlo a chi mi rompe i coglioni con l’essere e con l’esserci. Non voglio parlare dell’ontologia. Abbasso l’ontologia, me ne strafotto. Parli con il professor Heidegger, non con me».
CHIARA VALERIO CON SCATOLINO A PIU LIBRI PIU LIBERI
E chiudeva: «E vada a fare in culo». Ma su quello stesso palco del Maurizio Costanzo Show in tv gli venne chiesto se picchiava la moglie e lui, che picchiava la moglie incinta, rispose: «Non l’ho fatto, ma mi sarebbe piaciuto». Prese gli applausi. La società cambia a una rapida velocità. In parte è un bene, perché non si picchia la gente, e in un altro no, perché il moralismo non sempre è morale.
Dovremmo applaudire chi oggi dice che apprezzerebbe picchiare la moglie?
Se oggi avessimo silenziato Carmelo Bene non potremmo godere della sua Salomé: non va picchiato nessuno, e nessuno va applaudito per una cosa del genere. Se perdiamo Leonardo Caffo non perdiamo niente, ma rischiamo un giorno di avere 300 libri che ci spiegano come scappare dall’uomo cattivo, e di non avere più Delitto e castigo di Dostoevskij.
Sei stato accusato di far parte dell’amichettismo di sinistra.
Non ho ancora capito cosa significhi questo neologismo.
Al di là delle definizioni, non facevi parte di un ambiente culturale riferito a Michela Murgia?
Io e Michela eravamo molto amici e non dipendeva da niente di più che eravamo amici. Lei non era di sinistra a mio avviso, come io non sono di sinistra. Mi sembrano definizioni riduttive.
Questa è una notizia.
Ma no, Michela era profondamente cattolica. Il ché la dice lunga. Quando si è candidata in Sardegna era in una lista autonoma. Era una autonomista sarda e l’autonomismo non è di sinistra. Ricordiamoci che è stato Umberto Bossi a rendere famoso l’autonomismo in Italia.
A qualche giorno dalla sentenza di condanna a 4 anni in primo grado dello scorso 10 dicembre, quanti lavori hai perso?
Ho un contratto a tempo indeterminato come professore di estetica, vinto regolarmente al Miur (Ministero dell'Istruzione e del Merito, ndr). Non faccio il nome dell’istituto per evitare che organizzino qualche picchetto. Non ero tenuto a sospendermi dalle lezioni, visto che non ho una condanna esecutiva, ma per rispetto nei confronti dell’istituzione mi sono autosospeso e sono stato delegato a funzioni di ricerca in attesa dell’appello. Per il resto ho perso qualsiasi altro lavoro. In questo momento non ho un euro per sostenere quello che avverrà in seguito.
Neanche la ricerca è retribuita?
Sì, ma poco. Nonostante questo, devono solo ringraziare l’istituto che non mi ha tolto tutto.
Tutto il resto, invece, è stato cancellato da un giorno all’altro?
Tutto cancellato! Ma vedi, quando diventi così famoso non è difficile tornare a lavorare. Quando sei un personaggio discusso, la gente pur di avere discussione ti viene a bussare a casa. Io mi sto facendo una domanda più articolata: vale la pena di continuare, in un mondo in cui hai fatto le cose più incredibili, riqualificato le barche dei migranti, compiuto la traversata di Lampedusa, donato soldi alle Ong e tanto altro, ma su cui uscivano solo trafiletti sulla stampa, e poi se mandi affanculo la fidanzata ti vengono a cercare tutti? Quindi, vale la pena essere degli intellettuali in un mondo di stupidi? Ho dei dubbi.
Su questo si era già interrogato Roberto “Freak” Antoni con gli Skiantos, nel 1987, nell’album dal titolo emblematico: Non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti.
Non c’è dubbio che non ci sia gusto a essere intelligenti in Italia.
Chiara Valerio e Michela Murgia
(...)
Io non farò mai causa a nessuno perché non credo nella giustizia terrena, la subisco.
Come si concilia il non credere nella giustizia col doversi presentare a un processo?
Perché siamo in uno stato di diritto e non sono una persona violenta. Anche se non credi a certe leggi, essendo un cittadino italiano, devi rispettare quelle leggi. Io ho avuto rispetto per la magistratura, per la pubblica accusa, continuerò ad averne esattamente come ho rispetto per il panettiere all’angolo. Credo sia l’unico modo per stare all’interno in una società. Il fatto che io faccia la fila alle Poste non vuol dire che io abbia una simpatia per le Poste.
(...)
Restiamo al linguaggio: «Un popolo che si concentra solo sul linguaggio sta facendo tutto il possibile per non guardare più il sangue, il sudore e la disperazione della materia». Sono parole tue. Come si conciliano con la schwa di Michela Murgia?
A parte che le idee degli amici non si ereditano. Se uno si legge il libro Istruzioni per diventare fascisti di Michela Murgia, che la gente non fa perché li compra e non li legge, vede i ringraziamenti a me per averle corretto e rivisto il libro. Proprio perché cercavo di arginare che ogni cosa potesse diventare fascista. Le avevo detto che il fascismo, come spiegava Umberto Eco nel libro scritto per Fazi, poi tradotto da La Nave di Teseo in Il fascismo eterno, perché Fazi era troppo difficile per i deficienti visto che si riferiva alla logica, si ripropone sotto altre forme. Come il moralismo contemporaneo. Sono totalmente agghiacciato da questo. E per quanto riguarda la schwa, io sono totalmente contrario.
Sai che dopo questa intervista, invece di abbassare i toni sulla vicenda che ti riguarda, potresti aprire un altro vespaio?
Ma chi vuoi che la legga? Sei troppo ottimista. La gente legge i titoli. Nessuna delle cose che escono su di me è letta, ma solamente se sono condannato o meno, cattivo o non cattivo, puzzone o non puzzone. Mi auguro che ogni tanto qualcuno lo dica: ma chi è sto’ Caffo?
Quando a MOW abbiamo sollevato l’inopportunità della tua presenza a Più Libri Più Liberi lo hanno letto, visto quello che è accaduto. Oltre a questo, però, potrebbero accusarti di non esserti esposto pubblicamente con queste critiche per non mettere in discussione gli amici.
Le ho fatte le critiche. Una volta i Tlon (il progetto filosofico di Maura Gancitano e Andrea Colamedici, ndr) fecero dei contenuti sul fatto che non si potesse più dire niente e io risposi con un attacco sull’importanza di dire tutto. A proposito di Tlon e di oscenità, ho letto su La Stampa che Maura Gancitano dice di avermi pubblicato un libro perché prima era giusto farlo, adesso però non lo farebbe più. Maura e Andrea mi hanno pubblicato il libro quando ero già sotto processo e per farmi avere dei soldi in sostegno delle spese legali. Poi quando la storia diventata pubblica tutti scappano. Questo è il doppiopesismo.
Quanti altri ti hanno deluso?
Deluso nessuno. C’è un famoso detto anonimo che recita: «Il diavolo non puzza di merda, ma ti fa desiderare che la rosa profumi».
Ho dei grandi amici, delle persone che mi stanno aiutando e sostenendo anche economicamente, e fin quando non mi uccidono continuerò a parlare, troverò sempre il posto e il modo giusto per fare questa battaglia. Perché ho persone che mi amano a cui devo la possibilità che un giorno sappiano che ero un filosofo e non un violento.
Vuoi che sappiano che eri un filosofo e non un violento. Ma un aspetto potrebbe non escludere l’altro...
(…)
Non ti sembrava inopportuno partecipare a Più Libri Più Liberi dedicato a Giulia Cecchettin?
Sono stato invitato perché alle fiere sono gli editori a essere invitati. Il mio editore ha pubblicato Anarchia e quindi invitato insieme agli autori dei suoi libri. Chiara Valerio non mi ha invitato per “amichettismo” e non mi era stato comunicato che la fiera era dedicata a Giulia Cecchettin. Credo infatti che sia un errore, come ho già detto, dedicarle una fiera del libro. Ed è assurdo che non lo dica nessuno. Dopo la conferenza stampa l’ho scoperto, sono usciti una serie di articoli e mi sono ritirato per rispetto.
Com’è possibile che gli invitati non sapessero a chi era dedicata la fiera?
Non c’è una mail, un messaggio, nulla che mi abbia avvisato. Pensavo soltanto di andare a una fiera del libro, ero uno scrittore in quel momento incensurato, continuo a non vedere il problema di andare a parlare a una fiera dell’editoria di un mio libro.
Dopo che Roberto Saviano ha difeso Chiara Valerio, definendo «infantili» gli abbandoni alla fiera di Zerocalcare o Fumettibrutti, Selvaggia Lucarelli l’ha definita «arroganza di circoletti culturali» e Carlotta Vagnoli ha scritto: «Che spostamento a destra…».
Se anche avessi fatto parte di quei circoletti culturali, oggi non ne faccio più parte di sicuro. Con questa condanna scompariranno tutti. Come dice una famosa poesia di Vittorio Sereni, La spiaggia: “Sono andati via tutti…”. Non pensavo neanche prima di far parte di un circoletto e quelli che mi vogliono oggi nel loro di circoletto, puoi immaginare quale, non credo proprio vorrò farne parte.
Se il dibattito culturale è diventato uno scontro tra Selvaggia Lucarelli, Carlotta Vagnoli e Roberto Saviano siamo nella merda. A Roberto si possono contestare tante cose, però è uno scrittore. Sono piuttosto certo che una piazza a Saviano un giorno verrà intitolata, sugli altri ho dei dubbi.
(…)
Hai parlato di «processo politico».
Mi sembra evidente che la strumentalizzazione mediatico-politica sia andata ben oltre gli affari nostri. Sono stato condannato, ma anche al minimo della pena. Il reato va dai 4 ai 12 anni. Sotto non si poteva scendere, ma sopra si poteva salire di parecchio. Non mi sembra proprio una notizia da prime pagine dei giornali. Abbiamo avuto un presidente del consiglio condannato a 4 anni, solo che in quel periodo si parlava di altro…
Ma com’è che Morgan, non ancora condannato, ha perso tutto e nessuno lo ha difeso?
Quello che ci stanno facendo pagare con ferocia è che ci siamo sempre dichiarati innocenti, e io continuo a farlo. Se avessi scritto un post vestito di rosa chiedendo scusa, probabilmente oggi sarei una star.
Quindi non prendi le distanze dal caso di Morgan?
No, perché l’ipocrisia e la follia di aver tolto tutti i lavori a Morgan lo pagheremo a caro prezzo. Morgan è un grandissimo artista, oltre a essere un grande intellettuale. Soprattutto gli ha tolto il lavoro una major che mantiene dei trapper condannati per vari reati. Dipende dal fatto che c’è in Italia una forma di ostracismo fascista, per cui alcuni reati sono più gravi di altri, e perdersi un musicista come Morgan per una roba del genere è di una gravità e una volgarità assoluta. Quando si colpiscono le persone, invece che le figure, è fascismo.
Per cui bisognerebbe dividere le colpe individuali dai meriti pubblici?
Magari adesso anche Chiara Valerio non mi chiamerà più, chi lo sa. Comunque, io all’università invitavo gli ex detenuti condannati per reati gravissimi per raccontare le loro storie perché penso che il diritto di parola non vada tolto a nessuno, nemmeno a chi è dietro le sbarre.
Credo che un paese in cui si censura qualcuno per degli errori, o presunti tali, sia un paese che ha perso qualsiasi grado di civiltà. Che riguardi me, Morgan o chiunque altro.
Non dimentichiamo che la Costituzione sostiene che le pene non sono afflittive ma rieducative, che ci vuole libera arte in libero stato. Se dovessi dirigere un festival, non avrei difficoltà a invitare Morgan, Carlotta Vagnoli, Selvaggia Lucarelli, Cathy La Torre. Io voglio stare con chi non la pensa come me. Se il pubblico è uguale a chi parla, non c’è spettacolo.
Hai dichiarato dopo la sentenza: «Hanno colpito me per educarne mille». Ricorda il motto di Mao Zedong. È in corso una Rivoluzione culturale?
Non è una rivoluzione culturale perché gli italiani hanno la memoria corta. Quello che sta succedendo con il femminismo contro i maschi è già successo tra quelli contro la casta anni fa da parte del Movimento 5 Stelle e la classe politica. Dopo quella spinta si è affievolita. Come negli anni ‘70 con Potere operaio, Lotta continua e altri, quando nessuno poteva più dire niente di diverso. Alla fine la loro violenza li ha portati allo sfacelo. Noi siamo all’interno di una curva gaussiana, nella sua impennata, quindi aspettiamoci il primo gesto violento. E lo faranno.
Sei convinto che nell’ambito del femminismo qualcuno potrebbe compiere un atto violento?
Ricordiamoci che pochi giorni fa l’avvocato di Filippo Turetta ha ricevuto dei bossoli, che è lo stesso metodo delle Brigate rosse.
Non è un po’ troppo apocalittico come scenario, partendo dal tuo caso?
No, perché la volta che vado per strada e qualcuno mi gambizza, io divento un martire e loro finiscono. Ed è un peccato, perché il pensiero femminista è un pensiero interessante, importante, rivoluzionario, ma serve a riequilibrare le forze. Non a distruggerne una sull’altra.
Descrivi una escalation che sembra andare in parallelo al caso di Luigi Mangione, incriminato per l’omicidio del Ceo dell’assicurazione sanitaria UnitedHealthcare, che pare sia stato ispirato dal terrorista anarchico americano Theodore “Unabomber” Kaczynski.
Su “Unabomber” ci ho scritto il libro Quattro capanne ed è stato per anni un mio corso all’università. A parte questo, io sono contrario a uccidere la gente. Anche per legittima difesa. Nello stesso modo non è che non mangio animali perché mi stanno simpatiche le mucche. Trovo aberrante il togliere la vita. Le idee sono un’altra cosa. Il libro di “Unabomber” sono convinto sia un libro bellissimo, ma che le uccisioni di “Unabomber” siano sbagliate. Non ho letto il manifesto di Luigi Mangione e magari, intellettualmente, potrei anche apprezzarlo. Ridere della morte di un uomo, invece, mi sembra un problema.
Ci dobbiamo aspettare anche un libro-manifesto di Leonardo Caffo?
Mettiamola così. Io adesso sono purtroppo molto esposto e se mettessi una scoreggia su Instagram, domani la riprenderebbero tutti i giornali. Potrei pubblicare il mio manifesto programmatico dove dico le peggio cose, ma perché non lo faccio? Ripeto: il problema non è che manchino le bocche per parlare in questo paese, ma che mancano le orecchie per ascoltare.
Se dovessi essere condannato in appello?
In questo momento potrei decidere per il patteggiamento. Per una ragione: la vita è breve e troppo bella per passarla a combattere. E io la battaglia per mia figlia l’ho già persa. Quindi potrei decidere di chiudere la questione prima del previsto. Non è una certezza, ci sto pensando con i miei legali. Devo leggere prima le motivazioni della sentenza. Ma io sono pur sempre un filosofo, quindi non credo che la verità giuridica e la verità morale coincidano.
Se invece verrai assolto?
Non crederò comunque che la verità giuridica e la verità morale coincidano. C’è chi ha bevuto la cicuta, io invece berrei al massimo della cicoria.
Sai che queste tue risposte ironiche sono state stigmatizzate dallo scrittore Ottavio Cappellani su MOW, ma anche considerate dal pubblico ministero un comportamento "volto a pulire la propria immagine continuando a screditare la parte offesa"?
Mi verrebbe da rispondere così. Cosa volete da me? Siete voi che mi avete fatto diventare famoso. Io stavo solo tagliando le zucchine.
Una risposta zen come quella che ti diede il tuo maestro: «Se sei fuori non sei dentro».
Esatto, e ha ragione! Tu oggi sei venuto a casa mia, alle 15 vado a un appuntamento con un editore che vorrebbe che continuassi a scrivere. La mia vita è piuttosto normale. Cercherò di raccogliere i soldi che servono per andare avanti e… Sai, Pasolini raccontava, visto che ogni giorno i giornali parlavano male di lui, che l’unica sua reazione era quella di passare lontano dalle edicole e continuare a lavorare. Ecco, io non posso passare lontano dalle edicole perché ci sono i social, ma di certo non mi metterò tutto il giorno a googlare il mio nome per conoscere quello che dicono sul mio conto.
«Se ho sbagliato, smetterò di arrecare ogni disturbo». Questa tua frase è stata interpretata come la minaccia di toglierti la vita in caso di condanna.
Sì, lo capisco. Ci doveva essere l’ambiguità. Io sono un grande fan delle scomparse. Ho scritto tanto sul più grande catanese di tutti i tempi, Ettore Majorana e la sua scomparsa. Intendevo dire che, se a un certo punto si arriverà a un verdetto di condanna, io smetterò di fare questo lavoro.
Se invece si troverà un accordo per uscirne con delicatezza o arriverà un’assoluzione, continuerò a fare quello che ho sempre fatto: scrivere per raccontare delle verità alternative. Ma ci tengo a uscire da questa lunga chiacchierata con te mettendo in luce la mia onestà. Se un mio amico fosse finito in questa situazione e mi avesse chiesto un consiglio, gli avrei detto la verità: tu ormai sei fottuto!
Pensi davvero di non avere un futuro?
Non è possibile riprendersi da una cosa del genere. Che importanza hanno assoluzioni o condanne, io sono finito. È tutto finito, per adesso.
Sulla Porta Ferdinandea della tua Catania è scritto: “Melior de cinere surgo (Migliore dalle ceneri risorgo)”. Non ci credi più?
Leonardo Caffo Zerocalcare Fumettibrutti
Certo che ci credo, ma migliorare non significa tornare a fare quello che facevi prima meglio di prima. Uno dei miei maestri, il grande filosofo Felice Cimatti, mi ha scritto dopo la sentenza: «Caro Leo, ieri è finita una parte della tua vita. Adesso ne inizia un’altra. Ti auguro che saprai essere luminoso come nella prima parte». Adesso il filosofo Leonardo Caffo non esiste più. Io adesso sono “il mostro”.
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