francesco pannofino

“LA MANFRINA PER IL GOVERNO MI RICORDA LA PRIMA REPUBBLICA” – FRANCESCO PANNOFINO: “HO SEMPRE VOTATO PER IL PIÙ GRANDE PARTITO DELLA SINISTRA, MA ORMAI È SENZA BUSSOLA” – DAL SEQUESTRO DI ALDO MORO VISSUTO IN DIRETTA A VIA FANI (DOVE ABITAVA) ALLA CARRIERA DA DOPPIATORE: “SE TROVO UN FILM CON LA MIA VOCE, CAMBIO CANALE. DOPPIARE È FACILE SE HAI A CHE FARE CON UN GRANDE ATTORE. IL MIGLIORE È…”

Antonello Piroso per “la Verità

francesco pannofino

 

Francesco Pannofino, prossimo ai 60 anni, è un attore inconfondibile per il suo volto. Ma anche per la sua voce. Che lo ha reso uno dei più apprezzati doppiatori italiani.

 

Molti credono che tu sia romano.

«No. Sono nato a Pieve di Teco, in provincia di Imperia. Da genitori pugliesi. Mio padre si arruolò nell' Arma e fu destinato lì. Poi ci spostammo a Imperia, quindi a Roma quando avevo 14 anni».

francesco pannofino

 

Abitavate in via Mario Fani, dove fu sequestrato Aldo Moro e massacrata la sua scorta.

«Quel giovedì dovevo andare in Università, solo che il motorino non partiva. Allora scesi verso la fermata dell' autobus, dopo l' incrocio dove avvenne l' assalto».

 

Notasti qualcosa di sospetto?

AGGUATO DI VIA FANI

«Nulla. Mi fermai all' edicola e comprai Il Messaggero per le cronache sportive. La sera prima la Juventus aveva battuto l' Ajax in Coppa dei Campioni. Mi ero appena immerso nella lettura quando cominciai a sentire i colpi».

 

Cosa hai pensato?

via fani archivio alberto coppo

«Di solito si dice che sembrano scoppi di petardi. No, quelli avevano i mitra, e il rumore era più quello di un martello pneumatico, tra-tra-tra-tra-tà. Capii che erano spari e fermai una donna che, in preda al panico, voleva rientrare a casa andando però proprio in quella direzione.

 

Alla fine scese un silenzio pesantissimo, una sospensione della realtà.

A un tratto sentii le urla della ragazza dell' edicolante, abbracciata a lui. E poi mi ritrovai di fronte alla mattanza».

 

Cosa facesti?

VIA FANI2

«Mi avvicinai calpestando non so quanti bossoli. Vidi il corpo fuori dall' auto dell' agente Raffaele Iozzino, e realizzai che uno degli altri era ancora in vita, con la testa piegata sul busto, pieno di sangue, Francesco Zizzi, che poi morì in ospedale».

 

Ne parli come se avessi la scena davanti agli occhi.

«È così. Come la sto raccontando a te, l' ho ricostruita per la Commissione parlamentare sul caso Moro, e così la descrissi dopo il fatto a "Jo" Marrazzo, te lo ricordi?».

francesco pannofino

 

Come no? Grandissimo giornalista tv di cronaca e criminalità, padre di Piero, che diventerà presidente della Regione Lazio. Non le ho mai viste, queste immagini.

«Nemmeno io: quell' intervista in Rai non si trova più, o almeno così mi hanno detto».

 

Come sei diventato attore?

«Per mettermi in tasca qualche lira mentre ero all' Università. Sostituii una ragazza che doveva lasciare il suo posto nella segreteria dell' associazione, poi sindacato, degli attori per andare in maternità.

francesco pannofino doppiatore

 

Quando ero lì mi fu segnalato che a Roma c' erano le audizioni per il Teatro Stabile di Trieste. Mi presentai in mezzo a un altro migliaio di aspiranti. Al termine del provino mi dissero solo: «Complimenti per l' italiano».

 

Due mesi dopo, incredibilmente, mi chiamarono per un secondo colloquio, e mi presero. Debuttai con una particina in L' affare Danton, per la regia di Andrej Waida.

 

Francesco Pannofino e Manuela Rossi

Non avevo ancora 23 anni, e trascorsi i successivi tre a Trieste a imparare i rudimenti del mestiere».

 

Al doppiaggio come arrivi?

«Essendo dotato di un eloquio fluente in perfetto italiano, mi fu chiesto di prestare la mia voce per una battuta che veniva pronunciata e si sentiva in una scena corale; quindi cominciai a doppiare qualche attore, proprio mentre a livello sindacale iniziò la battaglia Voce Volto: una voce, un volto».

 

Nel senso che potevi doppiare un solo attore straniero?

«Nel senso che non dovevi doppiare un attore italiano. C' erano decine di pellicole in cui a taluni attori, di bella presenza ma con voce cacofonica, veniva prestato un "aiutino" orale.

Francesco Pannofino

 

La pratica fu poi inibita, anche perché o eri un attore o non lo eri, se avevi solo una faccia gradevole potevi sempre darti ai fotoromanzi».

 

È vero che siamo i più bravi a livello planetario?

«Di certo il nostro livello qualitativo ha pochi uguali al mondo. Il doppiaggio fu una strada obbligata nel momento in cui il cinema americano passò dal muto al sonoro.

 

In Europa, dove ancora non c' era un' industria cinematografica, le sale non erano attrezzate per i nuovi film. Quindi bisognava sottotitolarli, con una procedura laboriosa. Aggiungi poi che in Italia la popolazione era spesso analfabeta, e quindi i sottotitoli risultavano inutili.

francesco pannofino e pino insegno

 

Così negli anni Trenta iniziò a svilupparsi il settore, che poi ha annoverato personalità del calibro di Pino Locchi, Ferruccio Amendola, Riccardo Cucciolla, Glauco Onorato, Rita Savagnone, Oreste Rizzini».

 

Com' è cambiato il doppiaggio negli anni?

«Un doppiaggio è riuscito quando non ti accorgi che c' è. Non ci fai caso, guardi l' attore e ti sembra che quella sia proprio la sua voce. Questo è ora, questo era ieri, questo sarà domani. Di diverso c' è che adesso lavori da solo.

 

FRANCESCO PANNOFINO IN OPERAZIONE VACANZE

Grazie alle tecnologie, tu oggi vai al leggio, come si dice in gergo, fai la tua parte, mentre gli altri faranno le loro ciascuno separatamente dall' altro. Una volta invece ti dovevi coordinare con uno o più partner, il che creava affiatamento, ma con un grave handicap: se non eri in giornata, e continuavi a "toppare", si fermava il lavoro di tutti».

Emanuela Rossi

 

È vero che al leggio hai trovato l' amore?

«Sì, lì ho incontrato Emanuela Rossi, che poi è diventata mia moglie. Lei era già una star del doppiaggio, e io ne ero già innamorato a sua insaputa.

 

Il pomeriggio in cui doppiavamo per la prima volta insieme andai in tilt, non riuscivo a pronunciare una battuta, lei fu comprensiva, ma alla fine disse: "Scusa, non vorrei innervosirti ulteriormente, ma io tra poco dovrei andare a teatro, vedi un po' che puoi fare"».

 

Sei la voce ufficiale di George Clooney, Denzel Washington, Tom Hanks (in Forrest Gump), Mickey Rourke, Daniel Day-Lewis. Mai accusato disturbi della personalità?

«Come una dissociazione di tipo bipolare? No. È un lavoro che fai con passione, ma poi dimentichi.

 

george clooney

Mi spiego: può capitare che, a cena da amici, in tv passi un film in cui l' attore ha la mia voce, qualcuno lo noti, ci scappi una battuta ma la cosa finisce lì. Se poi sono a casa e facendo zapping inciampo in un film che ho doppiato, cambio canale».

 

Ti sei mai ritrovato con un «originale»?

«Ho parlato una volta al telefono con Clooney, che doveva essere ubriaco perché mi ha riempito di complimenti per il film In amore niente regole.

michael madsen

 

Di persona, ho incontrato Michael Madsen per Kill Bill di Quentin Tarantino. Il cast era a Roma per la "prima" italiana.

 

Mi telefonano: "Vieni al Bolognese di piazza del Popolo, Madsen ti vuole conoscere".

Arrivo al ristorante in motorino, erano tutti a tavola. Madsen si alza, un cristone d' uomo, e mi dice, un po' torvo: "Usciamo".

 

DENZEL WASHINGTON 3

Ci sediamo, il cameriere mi chiede se voglio qualcosa, io indico il bicchierone di Madsen e rispondo: "Anch' io dell' acqua, grazie". E il cameriere: "Quella è tequila".

 

Madsen mi guarda fisso negli occhi e, dopo una lunga pausa, mi fa: "I love you"».

 

Aveva apprezzato l' impegno, immagino.

«Esatto. Anche se io ripeto sempre che il lavoro del doppiatore è facilitato se hai a che fare con un grande attore, perché è lui stesso, con la sua interpretazione, a indicarti la via, come lo devi doppiare. E per me il più grande è Denzel Washington».

PANNOFINO NEI PANNI DI NERO WOLFE

 

Molti ruoli a teatro, al cinema, nelle fiction e nelle serie tv. Su tutte: Nero Wolfe per la Rai, e Boris per Sky.

«È stato Luca Barbareschi, che coproduceva la fiction con la Rai, a volermi nella parte che fu di Tino Buazzelli, che l' aveva caratterizzata con la sua postura, un "fantasma" che, secondo alcuni dirigenti Rai, dovevo tenere in considerazione come modello.

pannofino nero wolfe

 

In Boris invece sono andato più a briglia sciolta, il personaggio di Renè Ferretti me lo sono cucito addosso, ciò spiega perché i fan della serie gli siano ancora così affezionati. Fuori dalla tv, mi piace ricordare i cultori di Esercizi di stile di Raymond Queneau, 99 versioni della stessa storia, che a teatro ho replicato per vent' anni, dopo averle ridotte a poco più di 60».

 

A proposito di stile: ti piace quello inaugurato con l' avvento della Terza Repubblica?

SALVINI DI MAIO PROVA COSTUME

«Ah, perché abbiamo una nuova Repubblica? Al momento tutti questi cambiamenti non li vedo, anzi: la manfrina per il nuovo governo mi ricorda tanto i riti della Prima.

Tranne una volta in cui votai per i radicali, ho sempre votato per il più grande partito della sinistra, ormai senza bussola».

 

Il partito o la sinistra?

«Entrambi».

 

Nel 1974 sei diventato laziale quando la squadra allenata da Tommaso Maestrelli e in cui giocava Giorgio Chinaglia vinse lo scudetto. La guardavi da «bibitaro», vendendo bibite allo stadio Olimpico. Esperienza che condividi con il leader del M5s, Luigi Di Maio. Pensa, oggi potresti essere candidato a Palazzo Chigi.

DI MAIO STEWARD BIBITARO

«Non scherziamo. A ognuno il suo. E comunque la lotta politica è un format invariato da secoli. A luglio porterò al teatro greco di Siracusa, per la regia di Giampiero Solari, I Cavalieri di Aristofane.

 

L' opera rappresenta il modo in cui si forma il consenso dell' opinione pubblica: manipolazioni, sotterfugi, ipocrisie, falsità.

 

Ma soprattutto c' è un verso che smonta la retorica dell' uno vale uno: "Occorre prima stare ai remi per agguantare il timone". Di Maio ci è arrivato direttamente, beato lui».