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PAVARUTTINO “PER SEMPRE” - PAOLO ISOTTA SU “BIG” LUCIANO: “SOSTENERE CHE FOSSE UNO DEI PIU’ GRANDI ERA, ED E’, FRUTTO D’IGNORANZA O SERVILISMO. MA I TENORI DI OGGI NON HANNO NEANCHE LA SUA VOCE”- “PAVAROTTI ESAGERAVA MA FU IL MIGLIORE” - A ISOTTA IL PREMIO ISAIAH BERLIN 2017 - VIDEO

 

Paolo Isotta per il Fatto Quotidiano

 

PAOLO ISOTTAPAOLO ISOTTA

Quando debuttò, Luciano Pavarotti aveva una voce fresca, squillante, un timbro bello e dolce. A ciò aggiungeva una straordinaria chiarezza di dizione, che fino all' ultimo non ha abbandonata. Ma possedeva una musicalità grossolanamente istintiva, a stento di carattere melodico. Afferrava una melodia per sommi capi: quanto a intervalli; gliene sfuggiva il profilo ritmico - pur se questo fosse legato alla parola -; se gli aveste domandato l' armonia sottostante a tale melodia vi avrebbe guardato come se aveste parlato cinese.  E questa melodia non sapeva leggerla; c' era bisogno di qualcuno che con santa pazienza, nota dopo nota, ossia tasto dopo tasto del pianoforte, gliela mettesse in bocca facendogliela memorizzare.

 

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Quando diventò un divo di successo questi difetti non fecero che aggravarsi, per l' arroganza, l' egolatria, diciamo pure la superfetazione dell' io sopravvenute. Onde sostenere che anche nei momenti migliori fosse uno dei più grandi cantanti era, ed è, frutto d' ignoranza o servilismo. I grandi tenori erano vocalisti squisiti quanto e più di lui, ma provvisti di cultura e musicalità: Carlo Bergonzi, il miglior tenore verdiano del dopoguerra, Mario Del Monaco, Nicolai Gedda, scomparso quest' anno nel silenzio italiano, Francisco Araiza; e persino Placido Domingo, che va valutato alla stregua di ciò che di grande e bello ha fatto e non nel triste tramonto attuale, ove tenta di travestirsi da baritono.

 

PAVAROTTIPAVAROTTI

E tuttavia nella parte iniziale della carriera Pavarotti ha lasciato meravigliose testimonianze d' arte. Perché è passato ancora per le mani di direttori d' orchestra pieni d' autorità e dottrina. O che avesse l' umiltà di farsi da loro guidare, o che li temesse. Quando a dominarlo erano Antonino Votto e Oliviero De Fabritiis camminava, come si dice a Napoli, su di un filo di seta. Basta ascoltare la Lucia dell' Arena di Verona o il Mefistofele del 1982, l' ultima incisione del grande Oliviero, che la diresse già mortalmente malato. Un altro genio della bacchetta, Giuseppe Patanè, lo guidò sovente, ma l' egolatria di Pavarotti lo portò a volersi emancipare dal sommo "Pippo", ch' era di una generazione successiva ai due or nominati. Poi non ebbe che servi proni a compiacerlo in tutto, colla massima umiliazione del testo musicale; e a tal riguardo tenne comportamenti ignobili.

luciano pavarotti nicoletta mantovaniluciano pavarotti nicoletta mantovani

 

Per il Don Carlo passò nelle mani d' un altro grande direttore, Riccardo Muti, che gli lasciò fare tutto quel che voleva. Ebbe un declino fatto di ruoli inadatti alla sua voce e malamente appresi; e divenne un grottesco mascherone mass-mediale, nella vita privata grottesco ancor più. È una triste nemesi che a dieci anni dalla scomparsa queste cose siano sostenute da molti, se non da tutti: quando l' averle dette lui vivo, e appena scomparso, mi rese una sorta di nemico dell' uman genere. A tali palinodie assisto con distacco. Ma proprio per questo sono costretto a considerazioni amare. Oggi i tenori di gran voga, e locupletatissimi, sono ignoranti come lui: ma non hanno nemmeno la voce, non dico la "sua" voce.

 

DOMINGO CARRERAS PAVAROTTIDOMINGO CARRERAS PAVAROTTI

Quando vedo un tenorino che in tempi migliori non sarebbe stato nemmeno un comprimario di terz' ordine conteso da Muti, Chailly, Pappano: e solo il primo dei tre conosce le materie della composizione musicale: penso che in costoro l' odio reciproco venga superato dalla compiacenza verso il tenorino; e questa compiacenza nel secondo e nel terzo si spiega coll' impreparazione, nel primo con più inquietanti considerazioni. E gli fanno fare, come ad altri tenorini, e Radames, e Otello, e Tristano e Siegfried e le canzoni napoletane, immortalate da Caruso e Schipa Allora meglio Pavarotti, per rottame che fosse.

 

 

A PAOLO ISOTTA IL PREMIO ISAIAH BERLIN 2017

La consegna a Paolo Isotta del Premio Isaiah Berlin, riconoscimento intitolato a uno dei maggiori filosofi politici del secolo scorso e conferito ogni anno dall’Università di Genova a una personalità del mondo della cultura per i suoi alti meriti, avverrà giovedì 14 settembre alle 11 a Villa Durazzo, Santa Margherita Ligure.

paolo isotta giuliano ferrara pietrangelo buttafuocopaolo isotta giuliano ferrara pietrangelo buttafuoco

Alla cerimonia, con il Sindaco di Santa Margherita Ligure Paolo Donadoni, interverranno il professor Dino Cofrancesco e il professor Roberto Sinigaglia, presidente del Centro Internazionale di Studi Italiani dell’Università di Genova, che dal 2002 organizza il Premio. A chiusura, Paolo Isotta terrà la lectio magistralis Per un duplice bicentenario: Ovidio e la musica, Livio e la musica.

 

PAOLO ISOTTA LIBRO ALTRI CANTI DI MARTEPAOLO ISOTTA LIBRO ALTRI CANTI DI MARTEpaolo isotta 1412525261 isottapaolo isotta 1412525261 isottapaolo isottapaolo isotta

Paolo Isotta (Napoli, 1950), storico della musica, critico e saggista, ha insegnato dal 1971 al 1994 Storia della Musica al Conservatorio di Torino, poi a quello di Napoli. Dal 1974 ha esercitato la critica musicale: per cinque anni al «Giornale» e trentacinque al «Corriere della Sera». A ottobre del 2015 ha abbandonato quest’attività per dedicarsi allo studio, alla lettura e a comporre libri che gli diano l’illusione di scrivere qualcosa di meno effimero di articoli giornalistici. Le sue opere principali sono: I diamanti della corona. Grammatica del Rossini napoletano (1974), Dixit Dominus Domino meo: struttura e semantica in Händel e Vivaldi (1980), Il ventriloquo di Dio. Thomas Mann: la musica nell’opera letteraria (1983), Victor De Sabata: un compositore (1992), La virtù dell’elefante: la musica, i libri, gli amici e San Gennaro (Marsilio 2014), Altri canti di Marte (Marsilio 2015), Les Vêpres siciliennes: Verdi e il trionfo dell’amor paterno (Zagabria 2015), Otello: Shakespeare, Napoli, Rossini (Napoli 2016), Paisiello e il mito di Fedra (Napoli 2016), Jérusalem: Verdi et la persécution de l’honneur (Liegi 2017). Fuori della musica le sue passioni sono la letteratura latina, con Lucrezio, Virgilio, Livio e Tacito al vertice, la storia romana, Petrarca, Gibbon, Manzoni, Leopardi, D’Annunzio, Flaubert, il teatro popolare in lingua napoletana e i film di Totò. È iscritto al Partito radicale e all’associazione Luca Coscioni. A ottobre, con Marsilio, uscirà la sua nuova opera Il canto degli animali. I nostri fratelli e i loro sentimenti in musica e poesia, un libro alla scoperta dei simboli eterni che in musica e in letteratura accompagnano gli animali.

LA VIRTu? DELL'ELEFANTE ISOTTALA VIRTu? DELL'ELEFANTE ISOTTA

 

In passato questo riconoscimento per altissimi meriti culturali è stato assegnato ad Alda, Lidia e Silvia Croce (2002), all’economista Amartya Zen (2003), allo scrittore e autore Moni Ovadia (2004), allo storico Giuseppe Galasso (2005), al sociologo e filosofo Lord Ralph Daharendorf (2006), alla storica Benedetta Craveri (2007), allo scrittore Mario Vargas Llosa (2008), al giornalista Piero Ostellino (2009), al regista Pupi Avati (2010), al filosofo Evandro Agazzi (2011), allo scrittore Claudio Magris (2012), al politologo Giovanni Sartori (2013), al direttore d’orchestra Riccardo Muti (2014), al filosofo Massimo Cacciari (2015) e all’archeologo Andrea Carandini (2016).

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