kabir bedi

“CAN YAMAN È UN ATTORE MOLTO BELLO. A ME, AL TRUCCO, METTEVANO SOLO UN PO' DI MATITA...” - KABIR BEDI, DOPO IL SUCCESSO D'ASCOLTI DELLA NUOVA SERIE SU RAI 1 CON CAN YAMAN, RICORDA IL "SUO" SCENEGGIATO DEL 1976: “NOI NON AVEVAMO EFFETTI SPECIALI, NON ABBIAMO USATO CONTROFIGURE E UNA VOLTA HO RISCHIATO DI AFFOGARE" - "SANDOKAN MI HA RESO UNA STAR MONDIALE, MA ALL'INIZIO FU INGOMBRANTE. VORREI AIUTARE TUTTI MA HO FALLITO, NON SONO RIUSCITO A EVITARE IL SUICIDIO DI MIO FIGLIO SIDDHARTH: AVEVA APPENA VENTICINQUE ANNI" – VIDEO

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Maurizio Crosetti per la Repubblica - Estratti

 

Si, però, Kabir Bedi... Sfidiamo a trovare un boomer che non l'abbia pensato, guardando la tivù. 

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Noi che facevamo la raccolta delle figurine di Sandokan, e ai giardinetti ripetevamo il salto della tigre, più o meno. 

 

Kabir, certo che lei, però... 

(Un vocione ruggisce dentro il telefono, emozione) «Ogni epoca ha il suo modo di raccontare un classico e di rileggere in chiave più moderna una storia senza tempo. Auguro la massima fortuna al nuovo Sandokan, con affetto». 

 

L'ha visto? 

«Qualche immagine sul web. Mi trovo a Londra per girare un film, vado e vengo da Mumbai, le giornate sono molto piene. Ma appena possibile lo guarderò per intero». 

 

Gli occhi color tigre di Kabir Bedi non li ha nessuno. 

«Sono i miei, naturali, non ho alcun merito, al trucco mi mettevano solo un po' di matita scura. Però, Can Yaman è un attore molto bravo e molto bello. A me resta l'orgoglio di essere stato il primo: tanti ragazzini conoscono la canzone, si vede che l'hanno cercata sul web». 

 

È stata mantenuta anche in questa versione televisiva. 

kabir bedi romina power

«Mi sembra una decisione saggia». 

 

Il nuovo Sandokan è pieno di effetti speciali. 

«Noi non li avevamo e non ne avevamo bisogno». 

 

Il salto della tigre è più facile al computer, ma il suo era proprio un'altra cosa. 

«Filmammo una serie di balzi senza animale, fu un grande lavoro di montaggio. Ero un attore, non ero Sandokan; una tigre vera mi avrebbe sbranato». 

 

Però, lei se la trovò di fronte. 

«Gli operatori e il regista stavano dietro una grata, io invece davanti al felino. Mi dicevano "stai tranquillo", io rispondevo "volete venire voi"? Quando rivedo la scena, mi dico che venne proprio bene». 

 

Sandokan è stato una benedizione o una trappola? 

«Mi ha reso una star mondiale, ma all'inizio fu ingombrante. Dopo, ho dovuto cercare ruoli da cattivo per dimostrare che ero un attore vero e completo, non solo la tigre della Malesia. Però quel successo non si è più ripetuto». 

kabir bedi carole andre

 

Perché Sandokan è immortale? 

«È un eroe della libertà e della giustizia: quanto bisogno ne abbiamo ancora oggi, in questo mondo che sembra impazzito. Interpretare quel ruolo di ribelle universale mi ha dato anche una diversa dimensione umana». 

 

Lei è Sandokan? 

«Dentro di me, un po' sì. Perché odio l'ingiustizia e a volte vorrei aiutare tutti». 

 

Ci riesce? 

«Ho fallito, non sono riuscito a evitare il suicidio di mio figlio Siddharth: aveva appena venticinque anni. Non può esistere dolore più grande». 

 

Di quel vostro Sandokan viene ricordato il grande cast. Senza offesa per gli attori di oggi, anche qui non c'è partita. 

«Eravamo bravi ed eravamo amici. Con Philippe Leroy e Adolfo Celi abbiamo continuato a sentirci per anni». 

 

Anche con Carole André, la leggendaria Perla di Labuan di mezzo secolo fa? 

«Era molto chiusa e molto triste, aveva appena perso il padre, stava vivendo un momento difficile». 

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Dunque, nessun gossip romantico. 

«No davvero, la scintilla non scoccò. Diciamo che i quattro matrimoni della mia vita sono stati più che sufficienti». 

 

Ha mai letto Salgari? 

«Quando girammo lo sceneggiato, non era tradotto in inglese. Lo leggevo in italiano, fermandomi ogni due o tre righe, ma lo spirito e l'atmosfera li colsi. E dire che Salgari non aveva mai visto i luoghi che raccontava». 

 

Lei come venne scelto? 

«Il regista Sergio Sollima voleva un attore asiatico, possibilmente indiano. Mi contattarono dopo avermi seguito a teatro: arrivai a Roma a mie spese, era inverno e non avevo neanche il cappotto, un freddo cane! Mi fecero nuotare, cavalcare, tirare di scherma e correre, oltre che fissare intensamente la macchina da presa: in una settimana, la parte fu mia». 

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Ha usato molte controfigure? 

«No, e una volta ho anche rischiato di affogare». 

 

Cosa le resta dell'Italia? 

«Intanto, mi hanno fatto Cavaliere della Repubblica e ne vado molto fiero. L'Italia è casa mia. Sandokan andava in onda in un momento assai doloroso per il vostro Paese, c'era il terrorismo. Noi portavamo un po' di svago nelle case, la sera. E piacevamo tanto ai bambini». 

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