DAGOREPORT - SI SALVINI CHI PUO'! ASSEDIATO DAL PARTITO IN RIVOLTA, PRESO A SBERLE DA GIORGIA…
Estratto dell’articolo di Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
Patty Pravo, qual è il suo primo ricordo? (…)
“A 14 anni anziché a scuola sono stata a fare l’amore».
Con chi?
«Non glielo dico. Ai nonni ho raccontato: “Sono stata a fare l’amore e mi è piaciuto molto, posso tornare a farlo oggi pomeriggio?”».
(…)
Com’era la Venezia degli anni 50?
«Meravigliosa. Si camminava e si ascoltavano i passi, immaginando chi stesse per arrivare».
Chi arrivava?
«Ad esempio il patriarca Angelo Roncalli, il futuro Papa Giovanni: frequentava mia nonna e Cesco Baseggio, l’attore, perché voleva imparare il veneziano, per parlare in dialetto con i fedeli. Oppure Ezra Pound. Io abitavo a Dorsoduro, a san Barnaba, lui alla Giudecca. Un giorno lo incontrai con sua moglie e mi comprarono un gelato. Divenne una consuetudine passeggiare con il poeta».
E cosa le diceva Pound?
«Niente. Ezra Pound non parlava mai. Ma era una persona che emanava energia, e io queste cose le ho sempre sentite. La sera del 3 novembre 1966 suonai a Firenze. Alla fine dissi: c’è qualcosa di strano nell’aria, non restiamo a dormire, partiamo subito. Il mattino dopo l’Arno straripò».
(…)Boncompagni scrisse per lei «Ragazzo triste».
«Non mi riconoscevo in quella canzone. Dicevo: Gianni, noi non siamo tristi, siamo allegri, giovani, belli... E lui: vedrai che funziona.
Funzionò».
La bambola è del 1968: «Tu non mi metterai tra le dieci bambole che non ti piacciono più...».
«A suo modo era un testo femminista. Lo incisero in tutto il mondo».
Renato Zero mi ha raccontato che, dopo mesi di assenza, lei tornò al Piper su una Rolls Royce bianca con autista nero, occhiali scuri e un levriero al guinzaglio, cominciò a cantare e nessuno la riconobbe, tranne il tecnico delle luci: «A Nicole’, te sei ammattita?».
«Ma no... Ero al massimo del successo, sarebbe stato difficile non riconoscermi (Patty sorride). Venivano a sentirmi Visconti, Bolognini, De Sica. In effetti avevo un autista nero, Pietro, e Crocetta mi metteva a disposizione una Rolls, che usavo per andare al mare. Renato all’inizio non c’era, arrivò dopo, come Loredana Bertè. Diventammo amici. Anche con Roberto D’Agostino: ci vogliamo ancora bene. Una volta mi divertii ad aiutare Renato Zero a montare lo spettacolo, portai un leone gigantesco, è un ricordo molto tenero... Da ragazzina avevo aiutato anche Lucio Dalla».
A far cosa?
«A scaricare gli strumenti musicali. Ero andata in un paesino veneto del Terraglio a sentire i Flippers, dove Lucio suonava sax e clarinetto. Io volevo restare, i miei amici però dovevano tornare a casa. Così dissi a Lucio: io vi aiuto con gli strumenti, e voi mi riaccompagnate». Lei si chiama in realtà Nicoletta Strambelli.
Come divenne Patty Pravo?
«Una sera, chiuso il Piper, ci facemmo un piatto di spaghetti con Crocetta e un gruppo di ragazze inglesi che si chiamavano quasi tutte Patty. Il discorso cadde su Dante. Io al conservatorio avevo studiato con Chiarini, che era un grande dantista. Ovviamente preferivo l’Inferno: “Guai a voi, anime prave...”. Patty Pravo nacque quella notte. Non che mi facesse impazzire come nome. Ma non me n’è mai fregato niente».
A Roma lei frequentava anche Mario Schifano, l’artista.
«Una delle persone che mi manca di più: eravamo fratelli. Una sera del 1965 a casa sua incontrai i Rolling Stones. Avevamo comprato una moto insieme, ma non andavamo da nessuna parte, giravamo in tondo attorno a piazza del Popolo, c’erano anche Tano Festa e Franco Angeli...».
Lei dove abitava?
«Vicino a piazza del Pantheon. Con Sergio Bardotti tiravamo mattina seduti sui gradini della fontana, con la chitarra. All’alba passava Andreotti, che andava a messa e poi in ufficio. Ogni volta si fermava a parlare con noi: “Com’è andata la notte, cos’avete fatto di bello?”».
Con Schifano avrà provato la droga.
«Mica solo con Schifano. Le droghe le ho provate tutte, tranne la cocaina che mi fa schifo. Canne, anfetamine, acidi: non era robaccia come adesso, che ti ammazza. Fu il mio periodo rockettaro. Poi sono andata in America e ho smesso».
(...)
Quante volte si è sposata?
«Di matrimoni ne ho celebrati cinque; ma veri solo tre».
Il primo?
«Con Gordon Fagetter, batterista a Londra».
Il secondo?
«Con Franco Baldieri, antiquario a Roma. Ci incontrammo e ci riconoscemmo. Passammo la notte insieme, e il mattino andammo in Campidoglio a chiedere i documenti per sposarci. Cavallina, la spia dei paparazzi, avvisò tutti: “C’è Patty Pravo che si sposa!”. Ero senza trucco, per fortuna sopra il pigiama avevo messo la pelliccia».
Per lei Riccardo Fogli lasciò i Pooh.
«Come dargli torto? (Patty sorride). In realtà ho saputo solo dopo che il suo manager l’aveva costretto a scegliere: non avrei mai voluto che si separasse dagli altri. Ci sposammo in Scozia, con il rito celtico».
Come finì?
«Ero a Londra per incidere un disco di Vangelis, quando incontrai Paul Martinez, che suonava il basso, e Paul Jeffrey, alla chitarra. Erano bellissimi, e ci amammo in tre».
patty pravo negli anni ottanta
Sembra il testo di «Pensiero stupendo».
Non c’era gelosia?
«Gelosa non lo sono mai stata. C’era semmai una certa confusione. Aspettavo Martinez a Roma per partire insieme per un viaggio, quando mi dissero: “Qui sotto c’è un signore per lei con delle valigie bianche”. Una cosa cheap, che Martinez non avrebbe mai fatto. Infatti era Jeffrey: avevo sbagliato Paul. Il viaggio però riuscì lo stesso».
Chi ha sposato dei due?
«Martinez. Erano sempre loro a volersi sposare, e mi pareva brutto dire di no. Però in America andai con Jeffrey: scendemmo allo Chateau Marmont, a Los Angeles, e ci restammo un anno. Il problema sorse quando a San Francisco incontrai un altro musicista, Jack Johnson. Stracciai contratti miliardari con Jeffrey e lo lasciai lì. Ma venne fuori che le nozze con Baldieri non erano state annullate. L’avvocato mi tranquillizzò: la bigamia era punita; ma io sarei stata trigama. E la trigamia nel codice penale non è contemplata».
Lei era amica anche di Califano.
«Molto, pensi che nel testamento mi ha lasciato una canzone, Io so amare così . Avevo una segretaria francese, Monique, che parlava tutte le lingue: ma lui la sedusse e me la portò via».
Sedusse anche lei?
«Gli bastò la segretaria».
(...)
Anche lei si presentò in tv praticamente nuda.
«Ma non avevo seno e potevo permettermelo».
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