DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Alessio Poeta per Chi
«Stia in silenzio e si guardi attorno. Poi, lentamente, chiuda gli occhi e si affidi totalmente alla bellezza». Un tramonto, il rumore del vento e il garrito incessante dei suoi amati gabbiani.
«Li sente?», domanda emozionata. È racchiuso qui, in una terrazza in pieno centro storico a Roma, a pochi passi dal Quirinale, il concetto di serenità di Patty Pravo. Creatura mitologica e ultima diva della musica italiana sospesa, da sempre, tra sacro e profano. Leggenda per molti, opera d’arte per altri, si prepara alla partenza della “sua” Minaccia Bionda: «Più che una tournée, un viaggio».
Domanda. Direzione?
Risposta. «La vita! Sarà uno spettacolo diverso. Un vagabondaggio continuo tra canzoni, aneddoti e filmati, con la voce narrante di Pino Strabioli. Chiudo qui, dopo un libro e una prima serata su RaiUno, un capitolo importante della mia vita».
D. Poi?
R. «Assisterò alla mia ennesima evoluzione».
D. Quante ne ha avute?
R. «Non ne ho memoria: i ricordi non fanno parte del mio Dna e lasciarsi catturare dalla nostalgia, mi creda, è soltanto uno spreco di energie. Sono sempre stata interessata a far capire ciò che sono e non quel che ero».
D. Per vivere bene, quindi, meglio rimuovere?
R. «Non cancello, ma voltarsi indietro può essere pericoloso, oltre che di una tristezza infinita. A oggi ho sempre seguito l’istinto e il mio faro è, tuttora, l’incoscienza».
D. Il 9 aprile compirà 74 anni.
R. «Lo scriva: in quei giorni sarò nel pieno delle prove. Chi mi conosce sa che la mia posizione sul compleanno non è poi così stabile. Gli auguri fanno piacere, per carità, ma potrei farne tranquillamente a meno. Solo una volta ci rimasi malissimo, salvo poi scoprire che non era il mio genetliaco. Avevo sbagliato data» (ride, ndr).
D. Da ragazzina era indecisa se morire nel pieno della vita o alla fine del cammino...
R. «La morte è un passaggio. Quella dichiarazione la feci agli inizi della mia carriera. Mi dissi: “È un miracolo se arriverò sana e salva ai 30 anni”».
D. Ribelle e rivoluzionaria, è stata la prima a parlare d’indipendenza, libertà sessuale, divorzio.
R. «La mia vita, in qualche modo, rispecchiava quei valori lì. La Bambola divenne un inno femminista a mia insaputa».
D. All’anagrafe lei è Nicola: nome maschile.
R. «Mai avvertito come un problema. A Venezia mi chiamavano tutti Nina. Successivamente diventai Nicoletta, Guy Magenta e, infine, Patty Pravo. Io, per dovere di cronaca, mi chiamo “la Strambelli”. Amo l’originalità del mio cognome: “strambi, ma belli”».
D. La sua sessualità, almeno all’inizio, era elemento di discussione...
R. «Pensavano tutti fossi un uomo! Andarono persino da mio padre per averne conferma».
D. E lei?
R. «Ci risi su. Del resto, anche se fosse, dove sarebbe stato il problema? Una smentita, poi, non è nient’altro che una notizia data due volte».
D. Così come una mancata smentita conferma una sconveniente verità..
R. «Hanno iniziato a scrivere di me quando avevo 17 anni e, a oggi, non hanno ancora smesso. Sa quante cose avrei dovuto rinnegare? È stato detto e scritto di tutto: eccessi, droghe mai viste, amori inesistenti, viaggi mai fatti. Oggi, forse, mi vogliono più bene, ma in passato, per disintossicarmi da certe chiacchiere, scappai persino all’estero».
D. Scrissero: “Patty Pravo alla deriva economica”.
R. «Mentre vivevo allo Chateau Marmont di Los Angeles!» (ride, ndr).
D. Libera e innamorata?
R. «Libera, sempre. Innamorata, talvolta».
D. Cos’ha capito dell’amore?
R. «Che non sono solo farfalle nello stomaco. L’amore è un mare profondo dove perdersi».
D. Cinque mariti non se li possono permettere tutti.
R. «Il primo fu Gordon Faggetter, il batterista dei Cyan Three. Ci promettemmo che se ci fossimo lasciati non avremmo mai avuto un figlio con nessun altro».
D. Rimpianti?
R. «Nessuno: un figlio non è possibile con la vita d’artista».
D. Poi?
R. «Seguì Franco Baldieri – l’unico che non aveva a che fare con la musica – Riccardo Fogli e i due Paul: Martinez e Jeffrey».
D. Con gli ultimi due fu un “threesome”, un triangolo...
R. «Casuale, nulla di voluto. Ai tempi sembrava impensabile, oggi è normalità. Vivevamo anche assieme. L’ultimo fu Jack Johnson: da lì tutte le chiacchiere su bigamia e trigamia».
D. Potrebbe sposarsi di nuovo...
R. «Ma per carità! L’amore si trasforma, mentre i matrimoni finiscono, tutti. Per onestà, agli uomini che ho amato ho mostrato subito il peggio di me, così da evitare brutte fregature».
D. Qual è il suo lato peggiore?
R. «Ho un carattere importante. Che poi, nell’ultimo periodo, mi sono anche piuttosto addolcita: la pandemia mi ha cambiata...».
D. In?
R. «Direi “in meglio”. Chieda a Simone (Folco, ndr), il mio braccio destro».
D. Quasi 50 anni in meno. È con lui che esercita la parte accuditiva?
R. «È il contrario: è lui che la esercita su di me, tenendo a bada il mio temperamento. Abbiamo un’affinità elettiva fuori dal comune. Un lampo amoroso di natura diversa».
D. Il primo?
R. «A 14 anni. Nevicava molto e, invece di andare a scuola, provai il sesso in un campo innevato. Piacere carnale e visivo. Poi tornai a casa, lo dissi ai nonni e chiesi loro se potevo tornarci nel pomeriggio. Ci tornai».
D. L’ultimo?
R. «Qualche tempo fa. Oggi ci sentiamo: telefonate, messaggi e niente più».
D. Lei è cresciuta con i nonni paterni.
R. «Infanzia felice, a riprova che la differenza la fa chi ti cresce e non ti chi ti mette al mondo».
D. I suoi genitori?
R. «Belli e sfortunati. Arrivo da un parto difficile e doloroso, nato da un amore prematuro, che portò mia madre a vivere fuori da tutto e tutti. La prima a prendermi in braccio fu proprio nonna Maria: donna speciale. Libera e liberale. Io e mamma ci ritrovammo superati i miei 50 anni».
D. Odio, rabbia e rancore nei suoi confronti?
R. «Tre sentimenti che non mi appartengono. L’amore trionfa, assolvo tutto e tutti».
D. La depressione l’ha conosciuta?
R. «Mai. Un solo attacco di panico nel 2014».
D. E ha mai dato un volto o un motivo a quel crollo emotivo?
R. «No, perché è arrivato così, d’emblée. Non ho chiamato nessuno e me la sono gestita in solitudine».
D. L’autodiagnosi?
R. «Stress».
D. Che cosa le genera ansia oggi?
R. «La guerra: mi sento male solo a parlarne. Che ne sarà di quei bambini, di quelle donne e di tutte quelle famiglie? E del domani?».
D. Lei, il suo domani, come se lo immagina?
R. «Vediamo cosa mi prospetterà il futuro. L’incoscienza è tutta qui».
D. Prega?
R. «Mai! Non ho fede. A monsignor Roncalli, che frequentava casa nostra prima di diventare Papa, dissi che non volevo entrare nell’esercito del Signore. Si fece una risata e invitò nonna a lasciarmi libera nei miei dubbi. “Avrà tempo di trovare le sue risposte”».
D. E a conti fatti?
R. «Non le ho ancora trovate, ma non è finita qui».
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D. E a conti fatti?
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