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DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Emanuele Gamba per "la Repubblica"
«Non giocate per me o contro di me: sprechereste il vostro tempo. Giocate per voi. Tanto, fra tre mesi non saremo più assieme». Roberto di Matteo non è uno strappacuore, è invece accreditato di gelida razionalità : con il discorsetto con cui si presentò allo spogliatoio del Chelsea dopo aver sostituito il suo ex capo Villas-Boas, mostrò lealtà e la giusta dose di cinismo, assolutamente necessario nel momento in cui nelle vene della squadra scorrevano rancori e veleni.
Il Chelsea giocava contro Villas-Boas perché il portoghese voleva una difesa alta, un pressing asfissiante, velocità e movimento e lo pretendeva da una squadra logora, quasi spossata, incapace di assecondare la presunzione di quel ragazzo bravissimo quando comandava altri ragazzi, ma inadatto a gestire il declino di una generazione di fuoriclasse. Di Matteo lo aveva capito già nei mesi in cui ha fece il vice di Villas-Boas, ma pare avesse custodito il segreto per sé, per giocarsi la carta buona nella mano decisiva: è successo.
Li fa giocatore non come loro (cioè Lampard, Drogba, Terry, Cole) vogliono, ma come possono. Sta funzionando in maniera meravigliosa: tredici partite e dieci vittorie, la finale di Fa Cup, la possibilità di eliminare il Barcellona, addirittura di vincere la Champions League e di riuscire, dunque, dove persino Mourinho e Ancelotti hanno fallito. Eppure, ci ha messo solo un po´ di buonsenso e qualche ripasso: «Per capire come fermare il Barcellona, abbiamo studiato le partite con l´Inter e il Milan». Niente come il catenaccio stringe il collo a Messi, e allunga la carriera a un vecchio.
Di Matteo sta vivendo in una specie di bolla, è il primo a sapere di essere un allenatore in scadenza (sul sito ufficiale del club, è ancora denominato «interim first coach», Lotito lo direbbe un transeunte): può entrare in concorrenza con i capricci di Abramovich (Guardiola e Mourinho, più di tutti) solo vincendo la Champions. A un altro transeunte come lui, Avram Grant, non bastò arrivare in finale e perderla ai rigori. Ma lui sta sfruttando questi mesi per farsi un nome, ricucirsi una carriera, riprendersi un mestiere. Di Matteo è un uomo spigoloso. Molti lo definiscono «impenetrabile».
à italiano, ma in Italia ha vissuto soltanto per tre anni, quando giocava nella Lazio e lo chiamavano lo svizzero. Nella Svizzera tedesca, dove è nato, era invece «l´italiano». Gli zigomi alti e gli occhi a mandorla ricordano un uomo dell´Asia centrale. In Inghilterra è straniero per tutti tranne che per i tifosi del Chelsea, e di fatto Stamford Bridge è la vera patria di uno che si definiva «un autentico europeo, visto che sono sempre stato straniero ovunque abbia vissuto».
Per i Blues ha segnato tre gol in tre finali di Coppa consecutive e sempre a Wembley: un mito. E alla causa ha lasciato la gamba sinistra, fratturata in più punti in una partita di Coppa Uefa del 2000 e operata invano per dieci volte da un chirurgo svizzero ex calciatore, che evidentemente sbagliò qualcosa.
Di Matteo rischiò l´amputazione, cadde in depressione, smise con il calcio a 32 anni e lo riprese soltanto a 40, come allenatore del Dons, in terza serie. In mezzo, ha studiato business e marketing, ha aperto due ristoranti a Londra (Friends a Chelsea e Baraonda a Piccadilly), ha comprato immobili in Svizzera e una casa a Phuket ed è poi tornato in premier allenando il West Bromwich, da cui venne licenziato dopo un anno e mezzo: ufficialmente per una serie di sconfitte, ufficiosamente perché era considerato altezzoso e pigro, delegava il lavoro al suo vice e rimaneva sempre troppo distante da tutti. Inaccessibile.
Ora, distacco e pigrizia è quanto serviva a Lampard e Drogba, tanto il Chelsea gioca all´italiana col pilota automatico, visto che è stato guidato da un azzurro in 464 delle ultime 853 partite. Tra tre mesi, poi, ognuno per la sua strada: Di Matteo ne troverà una più accessibile di lui?
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