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Carlo Tarallo per La Verità
Sandro Piccinini affila la sciabola. Questa sera alle 20.45 racconterà su Canale 5 la sua sedicesima finale di Champions: Juventus-Real Madrid. Ne ha viste tante, Piccinini, e dette ancora di più: espressioni come «sciabolata», «mucchio selvaggio in area», «numero», «incredibile» o il perentorio «non va!» che accompagna il pallone tirato fuori dallo specchio della porta sono entrate a far parte del costume italiano, non solo calcistico.
Piccinini, come si prepara una telecronaca così attesa? Rituali, scaramanzie?
«Considerata la veneranda età, le vigilie sono sempre uguali. Diciamo che per una partita così importante devi selezionare molto bene le notizie da dare, perché più è importante la partita e meno sono importanti le notizie.
Qualsiasi statistica o dettaglio tu possa aver voglia di fornire, durante una partita così, può suonare anche ridicolo. Se ti metti a sottolineare il numero di presenze di un giocatore, i gol segnati, cose che in una partita normale di campionato possono essere anche curiosità interessanti, in una finale come questa diventano superflue».
Anche perché l' intensità del gioco non comporta la necessità di riempire spazi vuoti.
«Sì, l' intensità del gioco non ti concede neanche il tempo di soffermarti sulle curiosità. Io odio i telecronisti che durante la partita ci ammorbano con tantissime notizie. Già c' è la seconda voce che deve fare la sua parte, che deve intervenire, ci sono i bordocampisti».
Sarà Antonio Di Gennaro la seconda voce? Come vi dividete i compiti?
«Sì, Di Gennaro. Ormai lavoriamo da anni insieme, c' è un grande affiatamento. Antonio sa che quando il pallone è in gioco, c' è un' azione, quello è uno spazio che spetta al telecronista. Nel momento in cui l' azione finisce, c' è una pausa e c' è la possibilità di dire qualcosa che non sia banale o scontata, tocca alla seconda voce fare un' osservazione. Questo però deve accadere a gioco fermo. Fare considerazioni tattiche o di altra natura durante un' azione che può diventare pericolosa, stonerebbe.
La seconda voce deve aspettare il momento opportuno».
Quante finali hai fatto? Qual è quella che ti è rimasta dentro?
«Questa è la numero sedici. La più importante è stata certamente Milan-Juventus del 2003 a Manchester. Andò in esclusiva su Canale 5 e fece 20 milioni di telespettatori.
Fu anche la più stressante dal punto di vista dell' equilibrio per un telecronista. Noi eravamo e siamo una televisione Fininvest, quindi puoi immaginarti, commentare Milan-Juve».
Tu invece tifi Juve
«Io non sono tifoso».
Dai, rivelaci la tua squadra del cuore
«Tutti i miei amici sanno che la febbre del tifo mi è passata da piccolo. Io ero tifoso di Omar Sivori, che era il mio idolo, ho tutte le sue maglie autografate, e lui finì la carriera a Napoli. Quindi l' ultima squadra per la quale ho tifato è stata il Napoli, lui era lì insieme a José Altafini. Nasco tifoso della Juve perché il mio papà è stato un giocatore bianconero negli anni Cinquanta, è stato in nazionale insieme a Giampiero Boniperti. Sivori giocava nella Juve e io mi innamorai di lui.
Poi però Sivori passò al Napoli, quindi io seguii lui. Poi, quando dopo due anni smise, io rimasi orfano. Ho provato a seguire il Napoli, la Juve, ma non era la stessa cosa, ero innamorato di lui. Poi ho avuto simpatie per altri giocatori, come Gianni Rivera, ma non più per le squadre. Certo, se tornasse ad allenare in Italia Carlo Ancelotti, che è un mio amico, e allenasse il Verona, tiferei per il Verona».
Stasera quante volte dirai «Non va!»? Quante «sciabolate» ci saranno?
«Zero! Non vanno programmate queste cose. Se vengono».
Sai bene che tutta l' Italia aspetta la sciabolata
«Se io ti chiedessi nelle ultime dieci partite quante volte ho detto sciabolata, tu mi risponderesti 30 o 40. In realtà l' ho detto una volta. Poiché è un termine che è rimasto nella testa dei telespettatori, basta dirlo una volta e sembra che lo hai detto dieci.
In realtà, faccio un uso parsimonioso di queste espressioni perché so che rimangono molto impresse e sembra quasi che usi sempre lo stesso vocabolario. Proprio la ricerca sul vocabolario da utilizzare mi ha portato a imbattermi in termini come mucchio selvaggio, sciabolata, che sono incisivi, restano impressi. Vuol dire che funzionano, ma ripeto: non li programmo, anzi quando mi accorgo che diventano popolari, soprattutto adesso, con i social che amplificano tutto, cerco di non esagerare».
Usi i social in diretta?
«Sono vecchia maniera, spengo il telefono. Sono rimasto uno dei pochi, ma durante la partita non voglio distrazioni».
Il tuo maestro?
«Non ho avuto maestri perché ho cominciato che non c' era niente. Nel '78 c' era solo la Rai, che aveva un unico telecronista. Ho ammirato moltissimo Enrico Ameri, il radiocronista principe di Radio Rai e di Tutto il calcio minuto per minuto. Mi piaceva molto il suo modo di fare la radiocronaca, e ho cercato di portare il suo stile nelle telecronache. Ameri era l' unico radiocronista che riusciva a far vivere la partita con il racconto in tempo reale.
Aveva un tempo pazzesco, l' ho conosciuto molti anni dopo. È stato il mio modello, anche se era un radiocronista. Ho cercato di portare quello stile in tv perché notavo che la sua radiocronaca mi emozionava molto. Poi guardavo le partite in tv, il ritmo della telecronaca era lentissimo e non riuscivo a capire perché ci fosse questa differenza pazzesca.
Gli stili e i tempi della radiocronaca sono diversi, però lui aveva questa capacità di trasmettere emozioni».
A proposito di stili, chi è più bravo? Tu o Fabio Caressa?
«Fabio Caressa è cresciuto con me a Teleroma 56, insieme a Massimo Marianella.
Sono i miei due fratellini. Lo considero un fratello e un ottimo telecronista. Il resto è questione di gusti, perché l' impostazione è la stessa. È cresciuto con me, Fabio. Pensa che ho firmato come autore il film ufficiale dei Mondiali del '90, per la Fifa, e scelsi come collaboratori Fabio Caressa e Massimo Marianella. Parliamo di 27 anni fa, sono come fratelli per me e sono contento che siano diventati due grandi telecronisti».
Una previsione sulla partita?
«Prevedo una partita con gol, perché il Real difende male però segna, quindi anche la Juve sarà costretta ad attaccare.Credo che sarà una partita con poca differenza tra le due squadre, decisa da un episodio: un rigore, un' espulsione, una paratona, un errore, un piccolo episodio che la farà andare da una parte o dall' altra. Il vantaggio della Juve è che ha una difesa pazzesca: farle gol sarà difficile, anche per Cristiano Ronaldo».
Credi che la partita di oggi sarà importante per l' assegnazione del Pallone d' oro?
«Questo è sicuro, in un anno dove non ci sono né Europei né Mondiali. Gonzalo Higuaín? Per vincerlo deve essere protagonista lui. Se vincerà la Juve ma lui non sarà decisivo e la Juve non prenderà gol, l' ipotesi Buffon è più probabile».
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