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“LA MORTE E’ UNA SCOCCIATURA” - PIERO ANGELA CONFESSIONS: “PASSARE TEMPO CON I NIPOTI? NON SVOLGO QUELLE FUNZIONI: LAVORO - NEL 1974 FUI TESTIMONE DELLA PRIMA FAKE NEWS, QUELLA SULLA MORTE DI ALBERTO MORAVIA. HO SCELTO BACH COME SIGLA DI ‘QUARK’ PERCHE’ UNA VOLTA A BRUXELLES ANDAI A…”

PIERO ANGELA - IL MIO LUNGO VIAGGIOPIERO ANGELA - IL MIO LUNGO VIAGGIO

Elvira Serra per il “Corriere della Sera”

 

Testiamo la sua memoria. Dov' era il 10 giugno 1940?

«Ero seduto sul sofà, a casa a Torino: ascoltavo alla radio il discorso del Duce con la dichiarazione di guerra a Inghilterra e Francia».

 

Aveva paura?

«A quell' età non ti rendi bene conto di cosa significa. Mia madre era molto agitata. Mio padre aveva già fatto la Prima guerra mondiale sul Grappa, come medico di una unità speciale in prima linea: ai tempi i soccorsi erano nelle retrovie, molti soldati morivano di emorragia perché non si faceva in tempo a salvarli».

 

L' 8 aprile 1962?

«Vediamo... Ero a Parigi... È nato mio figlio! C'era un referendum per l' indipendenza dell'Algeria: feci il collegamento Rai di sera».

 

Non è stato con sua moglie Margherita?

«Sì, ma al mattino, al momento del parto. Abbiamo registrato la nascita di Alberto, l'avevamo fatto anche per Christine, nel '58».

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Esiste ancora la registrazione audio?

«Sì, certo. Quelli sono momenti magici, è un' emozione che rimane per tutta la vita.

L'ostetrico era vietnamita, si chiamava Levankin, praticava il parto indolore: una tecnica psicologica basata sulla respirazione e sulla collaborazione della paziente».

 

Cambiamo data: 20 luglio 1969.

«Ero a Capo Kennedy per il lancio dell' Apollo 11. Come tutti i lanci era un momento molto rischioso, le mogli e i figli degli astronauti si tenevano per mano guardando questa candela che si alzava lentamente...».

 

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18 marzo 1981.

«Quark! In via Teulada: una tenda, pochi oggetti e un po' di luci».

 

Il suo Quark si è riprodotto in numerosi cloni. A quale è più affezionato?

«A La macchina meravigliosa , un viaggio nel corpo umano: avevamo costruito la scenografia con foto originali fatte con il microscopio elettronico. Fu venduto in tutto il mondo».

 

Studio 18 di Cinecittà. Un' assistente porta il pranzo a Piero Angela, in pausa dalla registrazione di Superquark . Lui apre il sacchetto e lo guarda contrariato: aveva chiesto per due. Smezza la focaccia con prosciutto e formaggio, farà lo stesso con la banana. Tiene per sé la Coca Cola e cede alla cronista la bottiglietta d' acqua. Riceve una telefonata, è per la sua autobiografia: Il mio lungo viaggio . Apre un quadernetto rosso e detta il numero dell' ufficio stampa Mondadori. Riprendiamo.

 

Ci racconti una sua giornata tipo.

PIERO ANGELA  PIERO ANGELA

«Colazione alle 8: caffelatte e biscotti, uno yogurt. Poi doccia. Quindi mi siedo alla scrivania per leggere. Il mio lavoro è discontinuo. Ci sono periodi come questo in cui dedico la giornata alla produzione di un programma, altri in cui sto in redazione, altri in cui scrivo libri. Quando voglio rilassarmi, suono il piano».

 

Il suo mestiere mancato. Quando si decide a incidere un disco?

«Non riesco mai a trovare il tempo! Tra poco andremo al mare, ma lì non posso portare il pianoforte perché si rovina. Però ho amici vecchietti con i quali abbiamo pensato di inciderlo per davvero, un disco».

 

È vero che ha suonato alla Capannina?

«Sì, ma di Viareggio, non di Forte dei Marmi. Ci pagavamo le vacanze: nel contratto avevamo preteso che a turno potessimo ballare».

 

Come mai scelse proprio l' Aria sulla quarta corda di Bach come sigla di Quark?

PIERO ANGELA   PIERO ANGELA

«Vivevo ancora a Bruxelles per la Rai quando andai a sentire i Swingle Singers. Mi piacquero, comprai un disco e trovai l' Aria. Era perfetta: Bach è il mio musicista preferito, l'intreccio delle note è straordinario. Poi i Swingle Singers seppero dargli un ritmo jazz senza toccare una nota, e questo prova che Bach era un jazzista. Infine, le sigle allora erano tutte trionfanti mentre io volevo dire: "Calma, distendetevi"».

 

«Topolino» le ha dedicato il personaggio di Piero Papera. Un asteroide e un mollusco hanno il suo nome. Di cosa va più fiero?

«Ma va ancora avanti questa cosa di Topolino?» (non pare troppo felice). «Qualcuno diceva che il segno della popolarità è quando compari sulle parole crociate».

 

E delle 8 lauree honoris causa è orgoglioso?

«Otto? Sono dieci. Sì, sono un riconoscimento al mio tentativo di diffondere la cultura scientifica in un Paese che fa poco».

 

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Tra queste lauree c' è anche quella in Ingegneria che non prese mai?

«No, mi hanno dato quella in Fisica».

 

Ma allora bisogna rimediare!

(Ride).

 

Suo figlio Alberto disse che lei non l' ha mai aiutato a fare i compiti.

«Ha ragione, è vero: ognuno deve fare la sua parte. E poi io ero sempre fuori».

 

È stato fortunato a trovare una moglie come Margherita.

«Lei si è occupata di tutto, io non ho fatto niente».

 

Ha recuperato almeno con i suoi nipoti Riccardo, Edoardo, Simone e i due Alessandro?

«Il più grande ha 33 anni, il più piccolo 13. Siamo molto legati, ma di solito i nonni hanno tempo a disposizione, sono pensionati. Io non svolgo quelle funzioni».

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E quando vuole andare in pensione?

(Quasi gli va di traverso la Coca Cola).

 

Come non detto. In una vecchia intervista del 1988 a «Oggi» disse che il lavoro è la cosa più importante. Lo pensa ancora?

«Famiglia e lavoro sono entrambi importanti. Ma chi è disoccupato, vive una situazione psicologica molto dura. Quindi è importante avere un lavoro. Se poi si può avere quello che si ama è il massimo».

 

Lei ha scritto che la salute del cervello conta più di quella del corpo. Ma cosa pensa di persone come Dj Fabo che si sono ritrovate prigioniere di un corpo ormai spento?

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«Sono d' accordo con la sua scelta. Ognuno dovrebbe essere libero di farla, e certamente poterlo fare in Italia sarebbe meglio».

 

Ci sono tante analogie tra lei e suo padre, uomo dell' 800, antifascista che salvò molti ebrei ricoverandoli nella clinica psichiatrica che dirigeva: anche lui viaggiò, visse in Francia e in Inghilterra e lavorò nelle foreste del Congo. Per non parlare del piccolo programma radiofonico di divulgazione medica.

«Credo di aver ereditato da lui il piacere di esplorare e scoprire il mondo, anche se in questa cosa del viaggiatore Alberto ci batte tutti. Papà aveva un carattere molto diverso dal mio, era severo, taciturno, non ho mai visto un ricevimento a casa nostra. Leggeva Tito Livio e Tacito in latino. Mi è mancato il dialogo: è morto quando avevo 20 anni e fino a quell' età non sei in grado di apprezzare queste cose».

PIERO ANGELA PIERO ANGELA

 

Se grazie a una speciale macchina del tempo potesse incontrarlo oggi cosa gli direbbe?

«Lo coinvolgerei nei miei programmi, e gli chiederei se gli piacciono».

 

Suo figlio Alberto la chiama per nome. Non le dispiace?

«No, gliel'ho chiesto io di chiamarmi Piero, mi piace avere un rapporto di lavoro».

 

Piatto preferito?

«Vitel tonné».

 

Dolce?

«Gianduiotti e torroncini».

 

Nel 1974 fu testimone della prima fake news sulla morte di Alberto Moravia.

«Eravamo al debutto di un nuovo telegiornale serale sul Secondo canale. Ai tempi le agenzie le portavano i fattorini e venne uno con un' Ap sulla morte dello scrittore. Chiamammo Enzo Siciliano per avere il suo contributo in studio. Poi il caporedattore Paolo Bolis notò un errore nel testo in inglese. Insomma, venne fuori che erano stati i colleghi del Tg delle 20 del Primo canale. Uno scherzo da prete...».

PIERO ANGELA PIERO ANGELA

 

Nella sua autobiografia parla più volte delle raccomandazioni in Rai.

«Questa cosa è nota, mi pare».

 

Non è un po' ingeneroso? In fondo lei fu corrispondente a Parigi e a Bruxelles. È stato inviato e anchorman. Voglio dire che ha fatto tutto senza raccomandazioni...

«Conosce quella storia? In Rai ci sono due democristiani, un socialista e uno bravo Questo è un mestiere in cui ci si espone molto, la Rai è un' azienda trasparente. Vogliono reti lottizzate? Bene, ma che i giornalisti siano bravi».

 

Tiene ancora un diario in cui annota cosa ha fatto per evitare che possa succedere anche a lei quello che accadde a Enzo Tortora?

alberto e piero angelaalberto e piero angela

«No, lo feci solo in quel periodo. Vede, in tanti mi chiedono una foto, qualcuno allunga il braccio sulla spalla. Sottrarsi sembra scortese, però non sai mai chi ti si avvicina. È un rischio».

 

Il suo erede nella divulgazione scientifica?

«Sarà la selezione naturale a deciderlo».

 

Alberto no?

«Chi lo sa».

 

Ha incontrato attori, pittori, intellettuali: da Sean Connery a Marc Chagall. Addirittura la maestrina dalla penna rossa di De Amicis. Chi le è rimasto nel cuore?

«Ognuno porta con sé qualcosa. Ma io resto legato a Edoardo Amaldi: schiena dritta, grande intelligenza e competenza».

 

Che cos' è l' intelligenza?

«Lo chiesi a un paleontologo: è flessibilità».

franca maria ferrero piero angelafranca maria ferrero piero angela

 

Si sente flessibile verso l' omeopatia?

«La scienza non è democratica, ha regole che vanno rispettate: devi dimostrare ciò che dici».

 

Ha paura di morire?

«La considero una scocciatura».

 

Dove vorrebbe essere il 22 dicembre 2018?

piero angelapiero angela

«Le cose importanti si festeggiano in famiglia. Però devo pensarci: vorrei fare una cosa speciale». Per i suoi 90 anni.