COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
1 - SE
Jena per “la Stampa” - Ballottaggi velenosi per Renzi: se li vince il PD, vince la sinistra ma se li perde, perde lui.
2 - COSA SI GIOCA RENZI
Elisa Calessi per “Libero quotidiano”
matteo renzi e agnese landini al voto a pontassieve 9
Fa gli auguri alla "Perla del mondo", la sua Firenze, perché ieri era la festa di San Giovanni Battista, patrono della città. Quanto al resto, ballottaggi e dibattito sulle primarie di coalizione, Matteo Renzi evita ogni accenno. La linea del segretario, ribadita da tutti nel Pd, anche da quelli che erano in giro per sostenere i vari candidati, è che quello di oggi è un voto «locale», legato a «vicende locali». Non si può darne una «lettura politica nazionale».
Certo, se si perde a Genova, nessuno brinderà. È evidente che, se dovesse succedere, sarebbe un problema, il segnale di una crisi. Ma del Pd genovese che, si dice, «non ha ancora smaltito le scorie delle regionali», la spaccatura fatta da Sergio Cofferati, grazie alla quale ha vinto il centrodestra. E anche per La Spezia che, si ricorda con qualche malizia, «è la città di Andrea Orlando», vale lo stesso ragionamento.
matteo renzi e agnese landini al voto a pontassieve 4
LE COLPE LOCALI
Se il centrosinistra dovesse perdere, lì come altrove, non si potrà negare che c' è un problema. Ma quel problema, si dice, non è Renzi. Semmai, il fatto che il Pd, a livello di territorio, è messo male. Spesso è in balia di faide o di gruppi dirigenti vecchi. Ma Renzi è tornato al timone da poco. È il rigurgito di una stagione passata, si dice e si dirà.
Ci sono, però, dei ballottaggi che, se persi, potrebbero far male - più di altri - a Renzi, si ammette anche tra i suoi. Sono quelli in Toscana: Pistoia, Lucca, Carrara. Non perché i candidati siano tutti vicini a lui. Ma la Toscana è casa sua. E di Luca Lotti, Maria Elena Boschi.
maria elena boschi e luca lotti 5
L' empireo del renzismo risiede lì. Sarebbe difficile, allora, reagire con una scrollata di spalle, se dovessero cadere le tre città toscane. Anche perché il centrosinistra ha già perso Arezzo, Grosseto, Livorno. «Se ne perdi altre tre», ragiona un fedelissimo, «ti rimane solo Firenze, Pisa, Siena».
Il rosso della Toscana si sbiadirebbe decisamente. Per quanto, anche in questo caso, le colpe andranno suddivise. Per esempio, si ricorderà che il presidente della Regione Toscana, al suo secondo mandato, non è un certo un renziano, ma niente meno che Enrico Rossi, uno dei protagonisti della scissione dal Pd.
Il quadro che si faceva ieri al Nazareno era questo: «L' 80% dei ballottaggi», spiegava a Libero Matteo Ricci, responsabile Enti locali, «saranno un testa a testa. Difficile fare previsioni.
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Dipenderà molto da chi è riuscito a mobilitare il proprio elettorato». In genere, al secondo turno «cala l' affluenza e vince chi mobilità maggiormente il proprio elettorato». Cosa si gioca Renzi? Ricci: «Nulla, sia che vinciamo nella maggioranza del ballottaggi, come prevedo, sia che pareggiamo o prevalga il centrodestra. Sono elezioni amministrative. E le politiche sono tra 8-10 mesi».
A microfoni spenti, altri scommettono in un «pareggio»: si perde a Genova e a La Spezia, si vince a Padova e a Verona. Anche se a Verona, in realtà, il candidato è di Tosi. Basta, però, che si perda Genova, simbolo della sinistra, ed è naturale che gli avversari del segretario dem, dentro e fuori il Pd, partiranno alla carica. Puntando a un bersaglio in particolare: la premiership di Renzi. Orlando già nelle primarie chiedeva che i due ruoli fossero distinti. Giuliano Pisapia ha aggiunto un altro tassello, chiedendo le primarie per fare una coalizione, richiesta sostenuta da Mdp.
L' AFFONDO DI CUPERLO
E ieri si è fatto un salto ulteriore. Anche Gianni Cuperlo, esponente del Pd, intervenuto a Napoli a un' iniziativa di Bruno Tabacci, dove era presente anche Pisapia, si è detto favorevole a primaire «aperte»: «Una vera leadership deve avere l' umiltà di offrire a un campo più ampio la possibilità di decidere insieme». Un nuovo centrosinistra è possibile, ma il Pd deve porsi «al servizio di un progetto più ampio e dare la possibilità di scegliere insieme chi ha la capacità di unire». Identikit che non ricorda Renzi.
La risposta è arrivata in una nota durissima di Lorenzo Guerini: «Il Partito democratico ha già svolto non solo le primarie ma anche un congresso dagli esiti nettissimi. Stupisce che si cerchi di rimettere in discussione la volontà espressa pochissimo tempo fa dai nostri elettori ed iscritti. E se si invoca, giustamente, la parola unità, non mi pare molto in linea assumere comportamenti che vanno nella direzione opposta».
Gli ha risposto Franco Monaco, prodiano passato con Pisapia: «La pretesa unilaterale di decidere programma e leader è sinonimo di divisione e conduce a sicura sconfitta. Coalizione non è annessione». Maurizio Martina, vice di Renzi, invita a lasciar «perdere le provocazioni perché con quelle non si fa il centrosinistra e chi pensa, nel nostro campo, di giocare solo una competizione contro il Pd sbaglia». Intanto Romano Prodi al Corriere della Sera spiega che «a bloccare tutto sono i veti personali: tantissimi contro Matteo Renzi, ma anche quelli di Renzi contro altri». A dividere non sono liti da «comari da ballatoio», gli risponde Bersani, ma «un problema enorme di sostanza politica».
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