DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. RIVOLTA DELLE REGISTE: ALLA MOSTRA DEL CINEMA NON CI SONO AUTRICI
Cinzia Romani per ''il Giornale''
È la qualità dei film che conta. Non il sesso di chi li dirige.
Ma quando sul mercato girano parecchi prodotti firmati da donne, tutt' altro che spregevoli e selezionati dai vari festival internazionali, però non dalla Mostra del cinema di Venezia (dal 29 al 9 settembre), qualcosa non va. Sessismo? Discriminazione? La solita disuguaglianza tra uomo e donna?
Come che sia, è bufera sul Lido, dove ora plana una lettera aperta, pubblicata da Le Figaro e firmata dai più importanti network femminili del settore audiovisivo: da Women in Film&TV International a European Women' s Audiovisual Network; da WIFT Nordic a WIFT Sweden e Swiss Women' s Audiovisual Network, una filiera di prestigio e di qualità internazionali si fa avanti. Per protestare: Venezia, abbiamo già visto questo film.
Così, infatti, comincia la missiva di fuoco, che mette in discussione i criteri seguiti dal direttore della Mostra Alberto Barbera, notoriamente protettore del cinema di pregio, ma non del cinema al femminile, per le autrici di tale vibrato reclamo.
«Se m' impongono le quote rosa o l' uguaglianza di genere, me ne vado», aveva messo le mani avanti Barbera già l' anno scorso, quando Angels Wear White di Vivian Qu era l' unico film d' una regista in concorso a Venezia. E quest' anno la storia si ripete: sui 21 film in concorso, ecco un solo film di regia femminile: The Nightingale di Jennifer Kent. Eppure, pare che I villeggianti di Valeria Bruni Tedeschi (nella sezione Fuori Concorso), potesse ambire alla gara. Come High Life di Claire Denis, che ha preferito il festival di Toronto, meno chiuso sulle questioni di genere.
Per la precisione, quest' anno Cannes presentava 3 film su 17, diretti da registe, mentre Locarno 3 su 15: ogni grande festival oggi sa che il problema delle quote di genere esiste e infatti a Toronto c' è un' infornata di registe come Claire Denis, Sara Colangelo, Patricia Rozema, Nadine Labaki e Mia Hansen-Love.
SARA COLANGELO E MAGGIE GYLLENHALL
Tuttavia Mister Barbera (così nella lettera aperta, con un pizzico di antipatia), dopo aver visionato 1.500 submissions, tentativi d' iscrizione alla selezione, ha riconosciuto che le pellicole dirette da donne, nelle varie sezioni di Venezia 75 «sono decisamente una minoranza»: 15 su circa 70 titoli selezionati ufficialmente. Dal canto suo, il Presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta, se la cava così: «Bisogna fare in modo che le donne abbiano gli strumenti e le opportunità per fare film».
Ma se non sta ai festival risolvere il problema, bensì all' industria, le firmatarie della lettera aperta ribadiscono con forza: «Le autrici di tutto il mondo chiedono una riforma genuina. Vogliamo cambiamenti a ogni livello della nostra industria. Vogliamo creare la differenza negli spazi che occupiamo come produttrici, registe, selezionatrici. Il 50% degli studenti di cinema è donna» e quando Alberto Barbera minaccia di abbandonare il suo incarico «egli perpetua il concetto che selezionare film di donne comporti l' abbassamento dello standard», si legge nella lettera pubblicata da Le Figaro.
«La qualità sarebbe compromessa e LUI SE NE ANDREBBE (i caratteri cubitali sono nella missiva, ndr). Ci dispiace, ma non ce la beviamo un' altra volta. È provato che target e quote aiutano a promuovere il cinema, ampliando la platea dei candidati.
la giuria del festival di venezia
I team dei programmatori, i critici e i revisori sono maschi. Vogliamo farla finita con la diceria per cui le quote impediscono ai selezionatori di svolgere il loro lavoro in modo adeguato. Le donne sono oltre la metà della popolazione. Allora, Barbera, vuoi provvedere al 50/50 per le registe?». La domanda è diretta. Si attendono risposte.
2. MA L' ARTE NON RISPONDE ALLE QUOTE ROSA
Luigi Mascheroni per ''il Giornale''
Le quote rosa, accettabili (già qui con riserva) nei consigli di amministrazione e nella politica, sono quanto di più lontano possa esistere dal riconoscimento del talento artistico. Una inclinazione naturale che - grazie a Dio e nonostante le femministe - non passa dall' appartenenza di genere. Arte e sessismo (o per lo meno: l' accusa di sessismo quando si parta di arte) non hanno nulla a che fare.
Natalia Aspesi e Lietta Tornabuoni al Festival di Venezia del 73
Ecco perché la lettera pubblicata ieri da Le Figaro in cui alcune associazioni di categoria si lamentano della scarsa presenza di registe in concorso alla Mostra del cinema di Venezia è comprensibile se segnala un problema generale (quello di incentivare le opportunità delle donne nel mondo del cinema, compito che comunque non compete a un evento come quello di Venezia) ma diventa ambigua quando vuole «suggerire» ai direttori dei festival di scegliere le opere anche in base al sesso del regista invece che esclusivamente della qualità del prodotto.
Quella di Venezia è una mostra di arte cinematografica, non un cineforum di Se Non ora Quando, e il direttore assieme alla sua squadra di fidati selezionatori (su sette tre sono donne, peraltro) ha il dovere, di fronte al pubblico, di fronte alla critica e di fronte ai cineasti di tutto il mondo, di scegliere come meglio crede i film da portare al Lido. Senza distinzioni o condizionamenti di sesso, di razza o di religione degli autori.
jennifer lawrence mother madre
Anche perché, se così fosse, Venezia non sarebbe - come invece è - l' appuntamento più importante al mondo per l' arte cinematografica. Se accettiamo, come si sostiene da più parti, che la Mostra di Venezia sia da anni a livelli di eccellenza per la qualità del suo concorso, allora si deve riconoscere il fatto che Barbera e i suoi collaboratori abbiano raggiunto l' obiettivo proprio perché non si sono mai fatti influenzare dai generi, sia cinematografici sia sessuali (nota a margine: forse le femministe non hanno notato che le sezioni più attente alle nuove tendenze estetiche ed espressive come Orizzonti/Cortometraggi siano strapiene di donne).
In Italia quest' anno abbiamo già rischiato una cinquina dello Strega tutta al femminile, e soltanto per questioni di #metoo e non di qualità. Vedere Venezia inabissarsi nella retorica delle quote rosa al cinema - #MaAncheNo - sarebbe davvero troppo.
tre manifesti a ebbing missouriammore e malavita
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