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CON IL PLAGIO, VACCI ADAGIO - DUE GENERALI DELL’AERONAUTICA CITERANNO GLI EREDI DI TOTÒ: IL PRINCIPE DE CURTIS AVREBBE COPIATO “MALAFEMMENA”. ECCO DA CHI – IL CASO CHE COINVOLSE PAPA WOJTYLA E IL DJ E PRODUTTORE JOE T VANNELLI – LE SENTENZE DEI GIUDICI INGLESI CONTRO PUCCINI E LA STORICA LITE TRA AL BANO E MICHAEL JACKSON – IL LIBRO DI MICHELE BOVI+VIDEO...

 

Testo di Michele Bovi per Dagospia

 

totò

Nei prossimi giorni Piero e Paolo Minelli, entrambi generali dell’Aeronautica, citeranno in giudizio gli eredi del principe Antonio De Curtis, in arte Totò, per il plagio di Malafemmena, la popolare canzone scritta dall’artista napoletano. I due alti ufficiali onoreranno così la volontà espressa dalla loro madre, Maria Pia Donati Minelli, scomparsa nel dicembre del 2018, a 98 anni.  La signora Maria Pia di plagi se ne intendeva.

 

Insegnante di lettere in una scuola umbra, forte di una straordinaria passione per la musica, è stata una delle prime donne italiane a dedicarsi alla composizione. Medaglia d’oro della SIAE per i cinquant’anni d’iscrizione, partì da lei la vertenza giudiziaria che ha portato all’unica condanna definitiva per plagio nella storia del Festival di Sanremo.

 

Era il 1970, il cantante francese Antoine e Anna Identici interpretarono Taxi, un valzerino allegro firmato da una coppia d’autori all’epoca di gran moda, Mario Panzeri e Daniele Pace. Tre gradi di giudizio, in quattordici anni di processi, hanno dato ragione alla denunciante: Taxi era il plagio della sua Valzer brillante, depositata nel 1948. La signora Donati Minelli fu risarcita nel 1984 con 110 milioni più il saldo delle spese sostenute in tutti quegli anni di cause.

 

papa wojtyla

Ma Malafemmena restava il suo più profondo cruccio. “Totò l‘ha copiata dalla mia Autunno d’amore, depositata un anno prima e incisa da Claudio Villa con il titolo di Notturno” ha più volte protestato l’autrice senza mai però decidersi ad adire le vie legali. Lo ha fatto dettando ai figli le sue ultime volontà: Totò è scomparso nel 1967, stando alla legge i diritti di Malafemmena scadranno nel 2037, settant’anni dopo la morte. Insomma c’è tempo per stabilire la verità.

 

È soltanto una delle innumerevoli liti che da duecento anni a questa parte scuotono il panorama musicale italiano, rivelate con dettagli inediti ed esclusivi nel libro Ladri di canzoni. 360 pagine di documenti e testimonianze a dimostrazione che il plagio non risparmia nessuno.

 

Da Giuseppe Verdi a Lucio Dalla, da Giacomo Puccini a Claudio Baglioni, da Enrico Caruso a Luciano Pavarotti, da Domenico Modugno a Laura Pausini, da Adriano Celentano a Eros Ramazzotti, da Jovanotti ai Modà non c’è celebre artista nella storia della musica italiana che non abbia avuto noie con la giustizia a causa del proprio lavoro e di presunte somiglianze con realizzazioni preesistenti. Come dire che il più rinomato dei processi italiani per plagio, quello tra Al Bano e Michael Jackson è stato soltanto la punta di un iceberg di impressionanti dimensioni.

 

WOJTYLA IN ABRUZZO

Migliaia di citazioni in giudizio protette dal massimo riserbo e definitivamente tacitate da transazioni milionarie hanno bersagliato le 69 edizioni del Festival di Sanremo, senza esentare i cantanti e gli autori più famosi e i motivi più premiati dalla hit parade del pop nazionale. Ma in generale i più acclamati compositori, i più famosi parolieri, i maggiori editori e discografici hanno avuto a che fare con la carta bollata.

 

Con casi limite strabilianti, come quello che coinvolse nel 1996 Giovanni Paolo II. Nel corso di una pubblica udienza papa Karol Wojtyla aveva modulato una frase con una soavità tale da farla somigliare a un motivo musicale. Così al disc-jockey e produttore discografico Joe T Vannelli, in quell’anno al vertice della hit parade mondiale con il brano Children (5 milioni di copie vendute) venne l’idea di creare un brano strumentale con la voce del pontefice in sottofondo. La proposta sembrò inizialmente piacere alla direzione di Radio Vaticana che detiene l’esclusivo diritto di esecuzione della voce del Santo Padre, tanto da indurre Vannelli a stampare cinquecento cd della canzone intitolata Forgive Us (Perdonaci).

 

al bano

La trattativa però non andò a buon fine. Per recuperare le spese il disc-jckey si dette da fare per smerciare con discrezione le copie pubblicate, eludendo i canali ufficiali. Trattandosi di faccende riguardanti il leader della Chiesa, il diavolo non poté fare a meno di infilarvi la coda. E così la prima serata di metà luglio di Canale 5 dedicata a una fascinosa sfilata di moda in diretta su Piazza di Spagna si trasformò in un caso diplomatico e giudiziario con la Santa Sede. Un assistente musicale del programma tv usò come sottofondo della passerella delle indossatrici il brano di Vannelli con la voce di Giovanni Paolo II.

 

GIACOMO PUCCINI

Il Vaticano reagì con la richiesta di un provvedimento d'urgenza. Nell'udienza fissata il 4 agosto nel torrido palazzo di giustizia milanese a difendere l'immagine (e la voce) del papa si presentarono l'avvocato Eugenio Pacelli, omonimo e nipote di un altro pontefice, Pio XII,  e l'avvocato Alberto Pojaghi, esperto di diritto d'autore. Ad assistere Vannelli era l’avvocato Fulvio Fiore, altro specialista in cause per plagio, subito stoppato dal giudice Paola Gandolfi con un perentorio: “Non esageriamo avvocato, il papa no!” . La contraffazione costò a Vannelli un risarcimento di venti milioni e il macero dei cd rimasti: per ogni copia eventualmente rintracciata in circolazione l'artista avrebbe dovuto indennizzare la controparte di un milione di lire. L’invocazione nel titolo Forgive Us (Perdonaci) non venne presa in considerazione: davanti a un soggetto di tale caratura non ci sono santi che tengano. Neanche San Remo.

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