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PORETTI NOI COL VIRUS - GIACOMO (DI ALDO, GIOVANNI E GIACOMO) RACCONTA A MARIO CALABRESI (VIDEO): ''IL CORONAVIRUS MI HA PORTATO FEBBRE E TANTISSIMA STANCHEZZA. UN MATTINO NON SONO RIUSCITO NEPPURE A SVITARE LA MOKA DEL CAFFÈ, PER DARTI L’IDEA DI COME MI SONO SENTITO - ANCHE MIA MOGLIE SI È AMMALATA MA LE DONNE REAGISCONO MEGLIO, SONO DAVVERO SEMPRE PIÙ FORTI DI NOI''. I SUOI 11 ANNI DA INFERMIERE E COME CAMBIERÀ IL SUO SPETTACOLO
Il comico e autore ha raccontato a Mario Calabresi la malattia che lo ha colpito, insieme alla moglie Daniela, a inizio marzo e che è stata superata. «Torneremo in teatro e ripartiremo con il mio ultimo spettacolo ”Chiedimi se sono di turno” dedicata agli undici anni in cui ho lavorato come infermiere. Ma con un nuovo prologo dedicato a questa vicenda: perché io so che cosa possono avere passato». Prima il Coronavirus e adesso la promessa di portare il suo ultimo spettacolo negli ospedali. Anche Giacomo Poretti si è ammalato, a inizio di marzo e ha raccontato la sua esperienza chiacchierando con Mario Calabresi sulla sua pagina «Altre storie». Al ritorno da una settimana bianca ha cominciato ad avere la febbre e «tantissima stanchezza: un mattino non sono riuscito neppure a svitare la moka del caffè, per darti l’idea di come mi sono sentito». Anche la moglie Daniela si è ammalata «ma le donne reagiscono meglio, sono davvero sempre più forti di noi».
Prima del lockdown, Poretti stava seguendo l’uscita del’ultimo film realizzato con Aldo e Giovanni, l’attività del Teatro Oscar, preso in gestione da poco insieme a Luca Doninelli e Gabriele Allevi, e il tour di «Chiedimi se sono di turno», opera teatrale scritta e legata ai racconti della sua precedente vita da infermiere: undici anni di lavoro da ausiliario a caposala e poi la decisione di mollare il posto sicuro e cercare di seguire la passione del teatro comico. «Non so - dice ora Giacomo dalla sua casa di Milano - quando potremo ripartire, ma mi piacerebbe farlo continuando la mia tournée negli ospedali. Sarà un modo per stare vicino a tante donne e tanti uomini che hanno vissuto settimane intere in trincea, ad affrontare un nemico sconosciuto e a doversi occupare di persone malate che, oltre a questo, sono rimaste separate dai loro affetti».
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