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Marlow Stern per “Daily Beast”
VIDEO ‘TRAILER PORNOCRACY’
«E’ diventato più rude, più degradante» dice Julianna, top agent del porn «Chiunque può aprire internet, trovare qualsiasi cosa, e oltrepassare ogni volta il limite». Lei è co-fondatrice di ‘Julmodels’, agenzia per performer del settore con sede in Ungheria, e protagonista del documentario ‘Pornocracy’, presentato al SXSW.
Diretto dalla veterana del porno francese Ovidie, il film tratta dell’impatto del porno on line gratuito sull’industria per adulti, del pericolo per i performer, costretti a pratiche sempre più umilianti per soddisfare le richieste del pubblico, e per gli adolescenti, che hanno accesso illimitato all’hardcore.
Se la prende soprattutto con ‘MindGeek’, corporazione che ha il monopolio del porno in streaming, gestisce tutto, da ‘Pornhub’, ‘YouPorn’, ‘RedTube’, ‘GayTube’ alla versione digitale di ‘Playboy’, ed è già stata accusata di riciclaggio, il suo guru Fabian Thylmann, è stato arrestato per evasione. Perché la sede è a Lussemburgo, quando le sue operazioni si svolgono in Canada? Gli ‘hedge funds’ di ‘Wall Street’ hanno interessi diretti nell’azienda? Perché quei siti violano le leggi sul copyright e non vengono chiusi? Perché ai performer arrivano soldi da banche del Sudafrica?
Dal 2011, i salari sono andati a picco. Se una pornostar prendeva 3000 dollari a botta ora ne prende a malapena 600, e, per lavorare, accetta le richieste più estreme. I video piratati costituiscono circa il 95% del porno consumato, mentre fino a 10 anni fa l’industria era costellata da piccoli produttori che vendevano i propri contenuti su DVD.
Dice Ovidie: «L’industria del porno è stata presa dalle grandi aziende tecnologiche gestite da manager con basi in paradisi fiscali. Non hanno relazioni dirette con il porno, non seguono le riprese, non incontrano le performer, ma succede come in altri settori: ‘uberizzazione’ della forza-lavoro con enormi piattaforme che non hanno alcuna considerazione dei performer. Sarebbe il caso che i governi cominciassero a regolare questi ‘tubi’ per tutelare i minori, visto che sono accessibili a tutti, nell’immediato e senza verifiche, mentre i siti porno a pagamento garantiscono i filtri, chiedono la carta di credito per entrare e l’età. In Francia il mio documentario viene preso seriamente dalla politica».
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