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Paolo Festuccia per "La Stampa"
Il rompete le righe ancora non c'è. Certo alcuni riposizionamenti cominciano a prendere forma, ma fino ad ora nessuno a viale Mazzini scommette sulla caduta di Berlusconi. A cominciare dal direttore del Tg1 Augusto Minzolini, che nel suo editoriale, per una serie di ragioni che elenca, ritiene che «sia quasi impossibile un esecutivo diverso». Tant'è, che un dirigente di lungo corso rilancia, «che troppe volte il cavaliere è stato dato per spacciato, ma poi è resuscitato...». Insomma, fin quando la pratica «non è archiviata», par di capire, è meglio star fermi. Immobili.
Anche se sul futuro si ragiona. Al settimo piano Rai, infatti, si discute su due ipotesi, legate al rinnovo del Cda Rai in scadenza la primavera prossima. Cosa potrebbe accadere, allora, se Berlusconi facesse un passo indietro? Nei ragionamenti si tiene conto sia di un eventuale ricorso anticipato alle urne a gennaio, come rilanciato dal ministro dell'Interno Maroni domenica sera a «Che tempo che fa?», sia di un possibile governo tecnico o di larghe intese.
In entrambi i casi, si nota, ci sarebbe il tempo necessario per rinnovare anche il cda. «Infatti - ragiona un top manager Rai - se si votasse a gennaio 2012 il nuovo governo già a febbraio sarebbe nella piena funzionalità , e quindi in grado, vista la vicina scadenza del cda di rinnovare i vertici aziendali».
E così, anche nel caso di un esecutivo a guida tecnica. Qualunque premier, infatti, di concerto con la Vigilanza metterà mano al rinnovo del consiglio. Un consiglio, che per forza di cose, è destinato a cambiare almeno in parte, non foss'altro perché tre fra i suoi nove consiglieri (Rizzo Nervo, Petroni e Bianchi Clerici) sono al secondo mandato, e quindi, non rieleggibili.
Ed è chiaro che se cambiano i musicisti anche il direttore d'orchestra (legato al mandato del cda), ovvero il direttore generale, rischierebbe di perdere la poltrona: sia nell'ipotesi di un governo tecnico, sia in quella del voto con maggioranza diversa dall'attuale.
E con un cda e un direttore generale diverso l'intera governance, le reti e le strutture aziendali sarebbero destinate a subire un riassetto. Si partirebbe con la rete ammiraglia, Raiuno, che in questi mesi è quella maggiormente provata dal calo di share. Raitre, invece, la meno a rischio. Discorso diverso, invece, qualora la maggioranza e il capo del governo restassero in sella. In questo caso, infatti, nonostante le scadenze appare assai improbabile una «quadra» in Vigilanza per rinnovare il cda, mentre più praticabile risulterebbe una proroga dell'attuale in attesa della scadenza naturale della legislatura.
Una soluzione ideale anche per l'attuale Direttore generale, Lorenza Lei confortata dai buoni risultati resi alla maggioranza per molte «discusse» pratiche editoriali, lasciate inevase dall'ex numero uno Rai, Mauro Masi. A cominciare dall'uscita di Michele Santoro, a quella di Serena Dandini per finire a «Vieni via con me» di Saviano: programmi e personaggi usciti uno dopo l'altro dal palinsesto di viale Mazzini.
Naturalmente, sottolinea un acuto consigliere Rai, al di là delle voci che si rincorrono, «le tessere del mosaico sono molto più sparpagliate di quanto si pensi». Ad esempio: un'eventuale crisi parlamentare come cambierebbe gli equilibri in Vigilanza? E ancora: chi indicherà l'azionista (cioè il Tesoro) come consigliere del cda Rai? «Ecco - osserva la fonte - bastano solo questi elementi per dimostrare come il risiko Rai sia complicatissimo».
Certo è, comunque, che la fazione più filo-governativa qualche apprensione ce l'ha. Ma non è il caso del direttore del Tg1 Augusto Minzolini che nel suo editoriale ha spiegato come, nei fatti, sia «quasi impossibile un esecutivo diverso».
Per Minzolini, «anche se si batterà tanto sul fatto che il problema è Berlusconi, è quasi impossibile che venga fuori un governo diverso dall'attuale per fare quello che ci chiedono in Europa». E spiega, «i parlamentari che stanno lasciando la maggioranza per evitare le elezioni anticipate, in realtà le stanno provocando».
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