DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Riccardo De Palo per Il Messaggero
Ritrovarsi davanti a una pagina bianca, e non sapere da che parte cominciare per riempirla: non c'è nulla che terrorizzi di più uno scrittore. Chiunque si accinga a creare il suo prossimo libro (che si riveli un flop o un capolavoro), deve escogitare tutta una serie di rituali, dotarsi di feticci e amuleti, per sentirsi ispirato e a proprio agio. «Fa' ciò che temi e la morte della paura è certa», diceva Ralph Waldo Emerson
OSSESSIONI
Stephen King non fa mistero di essersi ispirato a se stesso, per il protagonista di Shining. Tutti ricordano Jack Nicholson (nel film di Kubrick) scrivere ossessivamente a macchina la stessa frase: All work and no play makes Jack a dull boy - «Tutto lavoro e niente svago rendono Jack un ragazzo noioso». Una frase che nella versione italiana è diventata Il mattino ha l'oro in bocca. «Come scrivo? Una parola per volta», disse una volta King a un conduttore radiofonico; e non aveva assolutamente intenzione di prenderlo in giro.
Lo stesso autore di It ammette di essere stato a lungo un alcolista e di avere, letteralmente, bevuto di tutto, pur di superare l'ansia di scrivere. Una volta debellata la dipendenza, si è dato una rigida disciplina, ma il sottofondo è rimasto lo stesso: musica rock a palla. AC/DC, Metallica, Guns N' Roses: «Per me si tratta di una alternativa al chiudere la porta, per isolarmi».
Il momento dell'ispirazione, però, ha sempre qualcosa di magico. L'incipit di Misery lo vide in sogno, durante un volo per Londra. Scrisse di getto su un tovagliolo: «Lei gli si rivolge senza peli sulla lingua, ma non lo fissa mai in faccia...» Giunto in albergo, continuò a lavorare su una scrivania. Una volta finito, mentre stava per andarsene a dormire, quando un portiere gli disse che quel mobile era appartenuto a Rudyard Kipling. «Anzi, a dire il vero, è morto proprio lì per un ictus, mentre scriveva».
Haruki Murakami, molto prima di diventare famoso, andava sempre a lavorare all'estero, per non farsi distrarre dalla quotidianità del Giappone: «Norwegian Wood l'ho scritto in un caffé in Grecia, sul sedile di un ferry, nella sala d'attesa di un porto, all'ombra degli alberi di un parco».
Lo scrittore di Kafka sulla spiaggia ricorda di aver comprato un «quaderno da quattro soldi» in una cartoleria di Roma, e di avere continuato a riempirlo tra la gente che faceva baccano, macchiando di caffé le pagine, e di avere proseguito in albergo, «mentre al di là della parete sentivo un uomo e una donna scalmanarsi». Con la maturità, Murakami si è dato un rituale più rigoroso e puntuale. Si alza ogni mattina molto presto, e dopo colazione scrive per non più di cinque o sei ore.
SVEGLIA ALL'ALBA
Alcuni, come Marcel Proust e Truman Capote, amavano scrivere a letto. Molto si favoleggia sulla casa foderata di sughero dell'autore della Recherche, per escludere qualsiasi rumore. La sua routine era: sveglia alle quattro del pomeriggio, quando assumeva la miscela di oppiacei che gli era stata prescritta - curiosamente - per l'asma. La notte, ricoperto di maglioni perché soffriva immensamente il freddo, si sdraiava a letto, con la testa sostenuta da due cuscini, e cominciava a ricordare: «Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera»... L'oppio è stata una grande fonte d'ispirazione
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