RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima. La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti” e pubblicato da “Italia Oggi”
(http://www.stefanolorenzetto.it/pulci.htm)
Questi i titoli principali dalle pagine sportive del Corriere della Sera: «Lorenzo il Magnifico» (dedicato alla vittoria del tennista Lorenzo Musetti contro l’americano Taylor Fritz a Wimbledon); «Elementare Watkins» (dal nome dell’autore del gol decisivo con cui l’Inghilterra ha sconfitto l’Olanda agli Europei di calcio).
Ed ecco quelli della Repubblica: «Lorenzo il magnifico» (si noti la m minuscola); «Elementare, Watkins» (rigorosamente con la virgola). Più che la potenza dell’ovvio, ci piace notare l’emergere di due scuole ortografiche di pensiero. Nello specifico riteniamo che il Corriere abbia ragione a scrivere «il Magnifico» e La Repubblica a mettere la virgola. Il pluralismo è salvo.
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Nella rubrica Vaccabolario, che tiene sul mensile Arbiter, Stefano Lorenzetto prende in esame l’ubiquitario sostantivo cazzo (presente 1.402 volte sulla stampa italiana negli ultimi sei mesi, 15.146 risultati nell’archivio storico del pur compassato Corriere della Sera), con una disamina letteraria che parte dal 1479 con Angelo Poliziano, passando poi per Giordano Bruno, Giorgio Baffo, Giacomo Leopardi e l’impiegato pontificio Giuseppe Gioachino Belli (cazzo compare nei suoi irriverenti sonetti ben 189 volte).
Ma dimentica di citare il cardinale Prospero Lambertini, che da buon bolognese non riuscì a liberarsi dell’intercalare «cazzo» neppure dopo essere divenuto papa con il nome di Benedetto XIV, come ricorda Dino Baldi in Vite efferate di papi (Quodlibet).
Racconta Baldi: «Siccome da molte parti gli rimproveravano di essere un po’ troppo sboccato per un pontefice, aveva incaricato il suo affezionatissimo maestro di camera monsignor Boccapaduli (che lui chiamava “mostro di camera”, perché era bruttissimo) di stargli sempre accanto durante le udienze e di tirargli la tonaca ogni volta che gli fosse sfuggita quella parola di bocca. Una mattina presto si presentarono i camerieri segreti a riferire come al solito sugli avvenimenti cittadini.
C’era stato, dissero, un incendio nel rione Monti. “Cazzo! Ci sono morti?”, chiese il papa. Subito Boccapaduli dette una strattonata alla tonaca, e il papa sottovoce: Avi rason… Continuando il racconto dei fatti di Roma, ogni volta il papa li commentava con un “cazzo!”, e ogni volta il servitore dava uno strappo. Alla fine, stanco di tutto quel tirare, gli urlò contro: “Hai rotto i coglioni Boccapaduli! Cazzo cazzo cazzo! La voglio santificare questa parola! Voglio dare l’indulgenza plenaria a chi la pronunci almeno dieci volte al giorno!”.
E da allora, nessuno ebbe più da ridire sul suo modo di parlare». Baldi narra anche che Benedetto XIV fu svegliato in piena notte dal suo cameriere segreto, pallido, sudato ed esitante nel recargli una ferale notizia. «Che è successo?», chiese il pontefice. Silenzio. «Allora? Parlate dunque», si spazientì il papa, preoccupato e arrabbiato allo stesso tempo.
Il prete alla fine esalò: «Santità, nel monastero tal dei tali è stata trovata una monaca incinta». «Cazzo!», esclamò Benedetto XIV. «Da come la facevate lunga pensavo fosse incinta un frate! Ma dico, voi mi svegliate per questo? Non se ne può parlare domani? Anche se sono il papa non ho mica la virtù di cambiare lo stato di una donna gravida! Lasciate dormire questo povero vecchio, va là». E riprese sonno.
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La Stampa intervista lo psicologo Matteo Lancini. Titolo: «Lancini: “Se il successo finisce arriva la delusione”». Grazie per averci avvertito.
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Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano: «L’udienza preliminare viene celebrata il 10 ottobre 2023 e da quel momento iniziano una serie di rinvii e di tentativi della difesa di trovare un accordo». Complimenti per la concordanza selvaggia.
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Giulia Ricci sulla Stampa segue la prima seduta del Consiglio regionale del Piemonte, finita con un rinvio, e specifica che ora si renderà necessario «“ricandelizzare” i lavori del Consiglio piemontese». Le virgolette precauzionali non evitano l’impressione che debba essere rifornita con nuovi ceri l’aula consiliare, manco si trattasse di una camera ardente. Impressione che si sarebbe potuta evitare se Ricci conoscesse l’esistenza dell’orribile verbo burocratico calendarizzare (programmare un’attività o un impegno in base a date o scadenze precise).
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Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera ricostruisce i misteri della strage di piazza Fontana a Milano: «L’ultima sentenza sulla bomba del 12 dicembre, pronunciata il 2 maggio 2005 ad oltre 45 anni dall’eccidio». Poiché l’attentato avvenne nel 1969, diremmo che di anni ne sono passati 36.
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Maurizio Belpietro, direttore della Verità, in un suo editoriale parla del cardinale Camillo Ruini, indicandolo come «protagonista di una stagione storica durante il papato di Karol Woytila». Si scrive Wojtyla. Per i puristi aggiungiamo che il cognome polacco ha la l tagliata, che però in Italia quasi nessuno usa.
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Silvia Truzzi sul Fatto Quotidiano strapazza Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura: «Dopo la polemica per lo strafalcione ministeriale su Colombo e Galileo, infiamma un’ennesima bufera attorno al festival Taobuk di Taormina».
Premesso che avremmo trovato più appropriato il verbo divampa, rileviamo che bufera significa «fortunale, tempesta, burrasca, tormenta». Ora, come faccia a infiammarsi una bufera, durante la quale di norma piove a dirotto e tira un vento impetuoso, è un mistero che solo Truzzi potrebbe dipanare.
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Nella rubrica Cronache celesti sul Venerdì di Repubblica, don Filippo Di Giacomo torna sul caso dell’arcivescovo scismatico Carlo Maria Viganò, aspro oppositore di papa Bergoglio, e scrive di un altro prelato che nel 1988 consumò lo scisma con Roma, Marcel Lefebvre.
Di Giacomo definisce il presule francese, con una buona dose di esagerazione, «il più grande missionario in Africa del diciannovesimo secolo». Ma l’arcivescovo che fronteggiò Giovanni Paolo II e il cardinale Joseph Ratzinger era nato nel 1905 e morì nel 1991, dunque senza alcun dubbio nel ventesimo secolo, il Novecento.
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Titolo dalla Verità: «Ma quali populisti, l’inflazione è colpa di chi alza il petrolio». Ci pare una sorta di metonimia bisognosa di possenti centrali di pompaggio. Semmai la colpa è di chi alza il prezzo del petrolio.
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