
DAGOREPORT - ANTONIO MONDA, IL ''BEL AMI'' PIÙ RAMPINO DEL BEL PAESE, È AGITATISSIMO: SI È APERTA…
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Nel giorno che la Corte dei Conti boccia impietosamente (notizia oscurata da Flebuccio de Bortoli) le misure del governo guidato da Mario Monti, il professor Francesco Giavazzi sale in cattedra sul Corrierone per spiegare ai lettori il risultato della sua ultima scoperta che non ha nulla da invidiare ai posteri di Archimede.
Il suo squillante Eureka ha del mirabolante.
Se Rigor Mortis - di cui Giavazzi è stato collaboratore a palazzo Chigi, omettendo tuttavia di ricordarlo nel suo editoriale -, non è riuscito nella sua missione, a cominciare dal taglio della spesa pubblica, la colpa non è dei ministri tecnici ma della Grande Burocrazia che gli avrebbe remato contro.
Ecco, spiegato allora, secondo il vaneggiante consulente di Monti insieme a Enrico Bondi per la spending review, l'arcano del tracollo del governo forse più fallimentare della nostra storia Repubblicana. La colpa non è dei governanti che hanno governato, ma dei grand commis, che una volta erano considerati il fiore all'occhiello della macchina burocratica pubblica. Altro che servitori dello Stato!
Si tratta in realtà , secondo il genero del banchiere Francesco Cingano, soltanto di gentaglia logora e avidamente attaccata ai faldoni ministeriali (Ragioniere dello stato, capi gabinetto, direttori generali), che detengono il "monopolio delle informazioni" e non le molla neppure a Rigor Mortis, che da oltre trent'anni frequenta allegramente e senza mai protestare quelle stanze "oscure" del potere.
Una burocrazia "romana e inossidabile", a dare ascolto alla "scoperta" di Giavazzi, che andrebbe mandata in pensione per far posto al nuovo rampante che avanza. E il professore racconta l'esperienza del leghista al Bilancio, Giancarlo Pagliarini (primo governo Berlusconi), che trova "incomprensibili" i conti dello Stato preparati dalla Ragioneria dello stato.
Chissà , con il senno di poi e seguendo il filo del ragionamento di Giavazzi, se al posto di Andrea Monorchio alla Ragioneria ci fosse stato il cassiere di Umberto Bossi, l'inquisito Francesco Belsito, i conti del bilancio pubblico forse sarebbero stati più chiari al titolare dell'epoca.
Tant'è. Da quando non è stato nominato nel board di Mediobanca pur fidandosi di quel pivellino di politico prestato alle banche - l'inossidabile Fabrizio Palenzona -, al professor Giavazzi l'insuccesso gli ha dato davvero alla testa.
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