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E VENNE IL GATTO CHE SI MANGIO’ IL TOPO…POI ARRIVO’ LUI E SI SCOFANO’ PURE LA PAPPA DEL CANE – QUEL GOLOSONE DI ANGELO BRANDUARDI – “MI PIACE TUTTO. UNA VOLTA HO MANGIATO ANCHE IL CIBO DEL CANE DI MIA SUOCERA: C’ERANO QUESTE ALI DI TACCHINO BOLLITE...” – "DURANTE UN CONCERTO MI HANNO LANCIATO UN REGGISENO. E UN PAIO DI SLIP, MA AVEVANO IL CARTELLINO ATTACCATO: IO LI VOLEVO USATI!" - IL SUGGERIMENTO A FALETTI,  SPRINGSTEEN (“SUONARE CON LUI SUL PALCO? MI CACCEREBBE A PEDATE”) E SANREMO: “IO SUPER OSPITE? NON SUCCEDERÀ MAI: CAUSEREI IL SUICIDIO DEL…” – VIDEO

 

Elvira Serra per il “Corriere della Sera” - Estratti

ANGELO BRANDUARDI

 

Preferisce essere considerato il «Cat Stevens italiano» o «Mick Jagger con il violino»?

«Cat Stevens italiano. Sono partito dalle sue canzoni 50 anni fa. È uno dei miei autori preferiti assieme a Bob Dylan, Donovan, Paolo Conte...».

«Mick Jagger con il violino» la definì Boncompagni.

«Ho fatto la rockstar per 20 anni girando il mondo e ho smesso nel 1980, dopo il concerto per la Fête de l’Humanité a Parigi. C’erano 120 mila paganti, il palco lo aveva disegnato Oscar Niemeyer. Ma era diventato tutto isterico».

 

Angelo Branduardi è un signore di 73 anni fragile e fortissimo. È condannato dal suo talento a vivere sulla lama del rasoio: da un lato la realtà, dall’altro come la vede lui; tornare indietro non sempre è facile. Risponde a tutto divertito nel suo studio di registrazione in legno a Bedero Valcuvia, a Nord di Varese.

 

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Quanti violini ha?

«Cinque o sei. Durante la pandemia siamo stati tutti male, ma io, che entro ed esco dalla depressione, ho avuto una reazione strana: per due anni non sono riuscito a toccare uno strumento o ad ascoltare Springsteen, Bach o Cat Stevens; mi veniva il vomito. Dopo mi sono rimesso a studiare. La memoria muscolare ora è inferiore, pure l’agilità, ma grazie all’età suono molto meglio di prima».

 

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E «Alla fiera dell’Est»?

«Non è più mia, è patrimonio popolare. Significa un pizzico di immortalità».

Ha composto per San Francesco, San Filippo Neri e Santa Ildegarda: ne scelga uno.

«Filippo Neri, perché era matto. Quando già lo consideravano, faceva cose strane tipo rasarsi la barba a metà».

Come Gimbo Tamberi.

«Non lo conosco...».

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E che effetto fa essere il personaggio di un romanzo come «Io uccido» di Faletti?

«Giorgio era il mio migliore amico. Ero stato io a suggerirgli di scrivere un libro. Non l’ho mai letto perché la trama me l’aveva raccontata lui, colpevole compreso. Ormai era un rito scaramantico che non leggessi mai i suoi libri. Prima o poi lo farò».

 

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Contento quando finalmente a un concerto le hanno lanciato un reggiseno?

«Anche un paio di slip, ma avevano il cartellino attaccato: io li volevo usati! È successo a Liegi, dopo che mi ero lamentato a Bruxelles».

 

So che è goloso.

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«Mi piace tutto. Una volta, senza saperlo, ho mangiato anche la pappa del cane di mia suocera: c’erano queste ali di tacchino bollite...».

 

Ha citato Springsteen. Suonerebbe con lui sul palco?

«Mi caccerebbe a pedate».

Vabbe’. Ma se potesse?

«Suonerei con gioia il violino in My Hometown ».

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Se la invitassero a Sanremo da super ospite ci andrebbe?

«Non succederà mai: causerei il suicidio del pubblico». Ma è matto? Immagino già un medley dei suoi successi: standing ovation assicurata. «Va bene, allora ci andrei».

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