IL CINEMA DEI GIUSTI – QUEST’ANNO, A PASQUA, NIENTE AGNELLO: IN SALA SCODELLANO IL POLPETTONE “NOAH”

Noah di Darren Aranofsky

Marco Giusti per Dagospia

"Una tazza di tè?", chiede il vecchissimo Matusalemme di Anthony Hopkins chiuso nella sua grotta al nipote Noè che gli è venuto a chiedere delucidazioni sul suo sogno riguardante il Diluvio Universale. Insomma. Non ci sono compromessi. Rispetto a questo massiccio "Noah" diretto da Darren Aranofsky, un film che ha costruito in quindici anni, scrivendolo assieme al suo sceneggiatore Ari Handel, neurobiologo ebreo-svizzero già responsabile del misticheggiante "The Fountain", poi al disegnatore canadese Niko Henrichon, col quale hanno dato vita a una graphic novel di "Noah" che servirà quasi come storyboard, e infine a John Logan, lo sceneggiatore di "Il gladiatore" e "Rango", probabilmente imposto dalla Paramount, ma che non firma sui titoli, vai a sapere perché, non ci sono vie di mezzo.

O lo accetti o non lo accetti. Ma se lo accetti devi digerire non tanto il Noah guerriero di Russell Crowe che sceglie, rispettando la giustizia del Creatore, non si dice mai Dio, di lasciar morire tutto il genere umano salvando solo gli animali innocenti e la sua famiglia, ma di farti piacere pure gli "watcher", sorta di angeli custodi finiti sulla terra e diventati dei giganteschi Transformer di roccia (la battuta non è mia...), che lo aiutano a costruire l'Arca.

O di farti piacere l'idea del cattivo re Tubal Cain, discendete dalla razza di Caino, un grande Ray Winstone, che spara con una specie di fuciletto agli watcher per entrare anche lui nell'Arca di Noè o Noah che dir si voglia. E, ancor più profondamente, di rispettare la scelta di Aranofsky di fare del suo protagonista un padre pronto a uccidere la sua stessa stirpe forte dell'idea che lui ha della giustizia del Creatore.

Il Noè di John Huston ne "La Bibbia" prodotta in Italia da Dino De Laurentiis era molto più tradizionale, ma anche molto più divertente. Gli animali erano veri, e non costruiti digitalmente, e non si addormentavano con i fumi oppiacei, l'Arca non era una specie di Nuvola di Fuksas a forma di parallelepipedo in attesa di una decina di milioni della nuova giunta comunale per essere conclusa.

Non c'era Matusalemme che prendeva il tè. Certo, quello fu un film di gestazione molto più complessa e faticosa rispetto a questo, per girarlo Dino De Laurentiis aprì gli studi sulla Pontina, che oggi stanno diventando un parco a tema, si fece aiutare in ogni modo dai potenti democristiani del tempo. E, ovviamente, non aveva affatto questa impostazione ebraica che può dare noia al mondo cattolico.

Non parliamo poi del mondo arabo, che ha rifiutato da subito il film, che non verrà proiettato né in Pakistan, Qatar, Bahrain, Malesia, Indonesia. Inoltre, essendo un film, alla fine, non così caro rispetto al suo progetto, 130 milioni di dollari, e essendo i trucchi tutti costruiti digitalmente con un inutile 3D, non c'è un millimetro di volto in primo piano di Russell Crowe e della sua compagna, la bellissima Jennifer Connelly, o della simil figlia Emma Watson che non ci vengano risparmiati.

In questo modo, senza totali, non vediamo cosa accade dietro e si risparmia parecchio sulle spese. Per le scene della parte iniziale, che riguardano un mondo distrutto dalla stirpe di Caino, cioè dall'aggressività umana, Aranofsky si serve dei grandi set islandesi, davvero fantastici, ma da quando il terreno da brullo e desertico diventa una foresta, grazie a una palletta miracoloso proveniente dal Giardino dell'Eden che ha dato a Noé il vecchio Matusalemme, tutto diventa foresta e set digitale, un mischione di "Hobbit" e malickata newage.

Certo. Aranofsky non vuole fare un avventuroso biblico come ai tempi di Gianfranco Parolini, gioca su elementi diversi. Propone una specie di Noé da postatomico autoriale molto graphic novel e lo mette di fronte alla scelta terribile di rispettare quello che lui pensa sia la giustizia del Creatore e il suo amore per la famiglia. Scelta rispettabile. Anche se il film soffre un po' non tanto per le scelte religiose o narrative, quanto per i troppi trucchi in digitale, per l'eccesso di fumi.

Quando gli watcher muoiono e vanno in cielo sono quasi da cartone animato di Tex Avery. Magari è voluto, ma nemmeno i registi che fecero la serie dei Grandi Condottieri per la San Paolo Cinematografica negli anni '60, che si facevano il segno della croce prima di dire "Azione!", toccavano così il ridicolo.

Detto questo, gli attori, da Russell Crowe a Jennifer Connelym dai giovani Emma Watson, Logan Lerman e Douglas Booth, sono bravi e credibili. Nick Nolte e Frank Langella donano la loro voce ai sassoni transformer. Non so se funzionerà come film pasquale. Se vede, se vede, ma è anche un bel porpettone. E qualcuno lo ha già bollato come campione del trash... In sala dal 10 aprile.

 

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