DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Ben Beaumont-Thomas per ‘The Guardian’
VIDEO ‘LIL PEEP IN AWFUL THINGS’
Il brano ‘Slippery’ del trio Migos è una delle hit dell’anno, con 150 milioni di views su YouTube. Parla di “Perky”, Percocet, un analgesico oppiaceo, e di “Purple”, la bibita a base di codaina. E’ solo un esempio di come l’abuso di sostanze sia stato normalizzato nel rap.
Una permissività che ha portato alla morte del 21enne Lil Peep, probabilmente per overdose. Qualche ora prima del decesso, sul suo Instagram, raccontava di aver preso funghetti magici e “honey” (una specie di marijuana superconcentrata). Nelle foto si calava Xanax, molto di moda nella scena hip hop del 2017. Lo citava insieme a cocaina nei suoi brani. Una forma di edonismo, non solo una via di fuga.
Le due droghe generalmente associate all’hip hop sono marijuana (da Snoop Dogg a Cypress Hill) e crack (tipo Pusha T e Fetty Wap), ma spesso l’emancipazione arriva vendendolo più che usandolo. La criminalità diventa glamour perciò i rapper attraggono classe media e classe più povera, indicando la via per uscire dalla miseria.
C’è poi l’alcol, che è simbolo di ricchezza, infatti si citano cognac Courvoisier, champagne Cristal, tequila Patrón, vodka Grey Goose. Eminem, Dr Dre e Jay Z hanno cantato di pasticche, ecstasy, MDMA. Il nome in codice per Kanye West, Tyga, Rihanna, era ‘Dali’. L’anno scorso si è registrato il boom di morti per overdose da oppiodi (91 persone in America). Le prescrizioni di tranquillanti come OxyContin dal 1996 al 2012 sono quintuplicate, e ora ne funzionano bene altri, pubblicizzati dai rapper. Tipo l’Adderal, per il trattamento del disordine di iperattività, e il Percocet.
Ma è lo Xanax che Lil Peep ha preso prima di morire e che risulta prevalere: il suo logo è diventato logo di A$AP e Cozy Boys, Lil Pump ha festeggiato un milione di follower con una torta a forma di Xanax, su Etsy è pieno di gioielli ispirati al farmaco. E’ alla base di un sottogenere del rap chiamato “SoundCloud rap”: produzione lo-fi e costanti riferimenti a depressione e oppiacei. Insieme a Yung Lean, $uicideboy$ e Lil Xan, Lil Peep era al centro della scena.
Lo stile è anche chiamato “emo”, ma non analizza affatto le emozioni come facevano gli emo del punk. Questi rapper stanno male ma non sanno nemmeno perché, non lo verbalizzano, e ricascano negli stereotipi, si uniscono al coro della disperazione. E’ l’inevitabile sottoprodotto culturale degli Stati Uniti, dove il mercato trionfa e silenzia i problemi morali sulla disponibilità di queste droghe. Sono redditizie e alla gente è concesso curarsi autonomamente, senza capire le ragioni della sua tristezza.
Lil Peep chiedeva aiuto pubblicamente e nessuno gli ha risposto. Forse perché, paradossalmente, i social creano distanza, sono recepiti come performance, non come realtà. Il rap ha sempre raccontato storie di droga, non solo nei testi, ma nelle cadenze, nei ritmi, e con questi ultimi rapper accade lo stesso: il flow attenuato, la produzione mesta e tormentata, replicano nel suono gli effetti down dello Xanax.
Si riesce a capire chi sia davvero tormentato e chi mima per glamour, ma hanno comunque milioni di streaming, la loro popolarità dimostra che la gente ascolta il loro dolore, segue e partecipa ad una cultura che è stata lasciata ad preoccuparsi della cura di sé.
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