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Marco Mele per il "Sole 24 Ore"
Rai, riassetto delle frequenze e valorizzazione dell'etere pubblico, emittenza locale. I compiti del nuovo viceministro delle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, potrebbero segnare una discreta discontinuità rispetto al passato. L'uomo che avrà sul suo tavolo dossier scottanti è stato affiancato a Federica Guidi per le sue credenziali di uomo «moderato» del Pd, molto vicino a Dario Franceschini.
Per la Rai parte un conto alla rovescia che può sfociare nella proroga dell'attuale vertice sino al maggio 2016, quando andrà rinnovata la convenzione con lo Stato. Vertici che scadono nel luglio 2015. Ci sono diversi "incroci pericolosi" lungo tale cammino politico-istituzionale che dovrà rifondare il servizio pubblico radiotelevisivo.
Il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, dovrebbe restare al suo posto sino a fine mandato. Se, al contrario, darà le dimissioni per andare all'Enel o ad un'altra partecipata pubblica in questa primavera, si dovrà nominarne il successore (per poco più di un anno?). Il nome dovrà farlo il ministro dell'Economia, quindi il governo per trovarvi l'intesa con il Cda Rai a maggioranza di centro-destra, sia pure non compatta in ogni occasione.
Se Gubitosi resta, ha senso cambiare il Cda nel luglio del prossimo anno, quando nel 2016 il Parlamento dovrà occuparsi del rinnovo della concessione e quindi potrà riscrivere regole e assetti del servizio pubblico? Questo, almeno, è il percorso "disegnato" dal viceministro uscente delle comunicazioni, Antonio Catricalà , che ha escluso un rinnovo alla Rai attraverso un atto amministrativo "automatico".
Cambiare il Cda Rai, per giunta, con le norme dettate dalla legge Gasparri? Quelle che il Pd ha rifiutato nell'ultima tornata, delegandole ad alcune associazioni? Facendo segnare a Beppe Grillo un gol a porta vuota? Improbabile. L'alternativa alla prorogatio dell'attuale vertice, allora, è una legge da approvare in prossimità della scadenza: nell'agenda del governo Renzi non appare, ma non è da escludere. Obiettivo principale?
Tagliare il cordone ombelicale tra la Rai e i partiti, per avere un servizio pubblico indipendente e autonomo per governance e risorse. Il ministero dello Sviluppo, tra l'altro, deve fissare l'importo del canone (la Rai ricorrerà al Tar contro il mancato aumento deciso da Zanonato). Tra poco sarà sul tavolo la proposta «La Rai ai cittadini», che parte proprio dal taglio del cordone Rai-politica, trasferendo le azioni a una Fondazione pubblica. Chi, invece, pensa a un canone ripartito tra più soggetti, deve aggiungere che serve approvare una legge per farlo.
Il nuovo viceministro delle Comunicazioni, intanto, deve portare a conclusione la vicenda del contratto di servizio 2013-2015 Rai-Comunicazioni. Il parere della Vigilanza chiederà probabilmente di abolire quel bollino da apporre sui programmi finanziati dal canone, voluto da Catricalà . Si tenterà anche la strada, da sempre in salita, di una norma antitrust che aumenti concorrenza e pluralismo nel settore delle comunicazioni? Nessuno potrebbe giurarci.
Capitolo frequenze: vi è una gara da gestire, quella sulle tre reti digitali televisive, preparata dall'Agcom e dal ministero uscente. Ne andrà indetta un'altra per le frequenze da liberare secondo il decreto Destinazione Italia: quelle che interferiscono, in modo accertato, con i Paesi confinanti, in particolare sull'Adriatico.
Stanziati 20 milioni di euro. Compito non secondario del neo viceministro, che conosce il mondo della tv, avendo diretto Canale 10: vanno firmati gli accordi di coordinamento con i Paesi confinanti. Non lo ha ancora fatto alcun titolare delle Comunicazioni e i problemi si sono scaricati (e si scaricano) sulle emittenti e gli utenti delle regioni interessate. L'Italia non può avere la presidenza del semestre europeo, con Paesi che la mettono all'indice quale "Stato canaglia" sulle frequenze.
Almeno altre due partite sono da giocare per le Comunicazioni. La prima è la destinazione della banda 700 tra tv e banda larga mobile (lo stabilirà la Conferenza ITU nel novembre 2015), resistendo (o meno) alle pressioni che ci saranno sulle Comunicazioni per utilizzare quelle frequenze per risolvere i problemi delle interferenze televisive. Le tv locali sono state danneggiate dall'assegnazione delle frequenze digitali (governo Berlusconi).
La seconda è il nuovo standard della tv digitale terrestre: per legge dal luglio 2015 si potranno vendere solo apparecchi nel nuovo standard Dvb-t2. I maggiori operatori sono contrari, per i costi che comporta tale passaggio. Bisogna renderlo conveniente, anche agli utenti: il Dvb-t2 più che raddoppia la capacità trasmissiva permettendo di liberare frequenze e migliora, di molto, la qualità audio e video.
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