FLASH – COME MAI IL PRIMO MINISTRO UNGHERESE VIKTOR ORBAN, PUR INVITATO, NON È VOLATO A WASHINGTON…
Estratto dell'articolo di Francesca Angeleri per www.corriere.it
Red Canzian risponde dopo uno squillo soltanto, come a un’amica. Affabile, divertente, rilassato, forse è proprio questo il segreto dei Pooh: normalità e gentilezza, «essere gentili è più facile. Dovrei sforzarmi troppo per fare lo str…». Oggi, martedì 19, alle 18 è al Circolo dei lettori con Centoparole (Sperling&Kupfer), libro in cui si confronta con il lettore utilizzando cento parole attraverso le quali raccontarsi.
[…] Come nasce l’amore per le parole?
«Mi sono diplomato grazie all’italiano. Poi, ho fatto psicologia all’università. Non scrivo i testi delle canzoni perché sono troppo prolisso».
Come ha avuto l’idea del libro?
«Racconto le mie avventure di vita per stimolare il lettore a confrontarsi con le sue: perché certe cose hanno funzionato e altre no? Vedo attorno una mancanza assoluta di gioia, non c’è più fiducia in niente. I valori non hanno più peso».
Quali sono stati i suoi?
«Mio padre era orgoglioso della sua povertà e non ha mai pianto su se stesso. Eppure, io sono riuscito a farcela lo stesso. Non avrei mai fatto niente che potesse farlo vergognare di me. Al mattino bisogna alzarsi col piede giusto, sorridere, credere nei propri sogni».
Da quando è precipitata la situazione?
«I macro fattori sono due: i social e il Covid. Ci hanno dissociato da noi stessi. Così ci ritroviamo con quindicenni che buttano giù dal terrazzo le ragazzine, che vanno a scuola con il coltello…».
Chissà quante volte sarà capitato a Torino con i Pooh.
«La prima, era il 1970, venni con la mia prima band, i Capsicum Red. Andammo a suonare in un locale di cui non ricordo il nome ma ci si accedeva da una specie di tunnel. Dovevamo starci un giorno e invece mi fermai due settimane».
Perché?
«Mi fidanzai con due gemelle. Il papà lavorava alla Fiat, era arrivato da Sud. Eravamo tutti figli dei fiori, fate l’amore non la guerra, e ce la vivevamo fino in fondo. Leggevamo la Beat Generation». […]
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