DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Roberta Scorranese per corriere.it
donatella rettore claudio rego
Lei si è fatta un po’ romana per amore di lui («Lo possino») e lui ha accettato di farsi un po’ veneto per lei. Donatella Rettore da Castelfranco Veneto (67 anni) e Claudio Rego da Roma (69) stanno insieme dal 1977. Anche se si sono sposati solo nel 2005. Cantautrice molto famosa lei, musicista raffinato lui. E con lei, Donatella, che nonostante quattro vaccini e rigorosa attenzione, si è presa il Covid.
Come sta, prima di tutto?
Donatella «Meglio, diciamo in lento miglioramento. La febbre è passata, io devo stare attenta perché sono fragile ma ho fatto quattro vaccini».
Quarantacinque anni insieme. Come ci si arriva?
Donatella: «E pensare che all’inizio ho odiato Claudio».
Claudio: «Aveva tutte le ragioni del mondo».
Raccontate.
donatella rettore claudio rego
Donatella: «Era il 1976, studio di registrazione. Io ero una ragazzina, aspiravo a Sanremo, facevo le selezioni per Castrocaro. Dovevo incidere, in sala incontrai Claudio».
Claudio: «Fui un vero cafone con lei».
Donatella: «Mi disse: “Ahò, ma che vieni a fa, i cori?”, o una cosa simile. Mi infuriai e dissi a me stessa: “Con questo qui mai, manco una cena”».
E invece.
Claudio: «È stata pura antipatia all’inizio. Però sentivo che c’era qualcosa. Ci ha pensato la fortuna a farci incontrare di nuovo, mesi dopo, a Taranto. Allora le ho parlato. Quando sono tornato a Roma mi sono reso conto che m’ero preso una bella imbarcata».
Una bella cotta?
Donatella: «Ma raccontala tutta, dai».
Claudio: «Raccontala tu».
Donatella: «La verità è che una volta questo povero cristiano ha rischiato la vita per me. Io ero a Foggia, mi pare, per delle date, lui stava facendo il servizio militare. Si fece dare tre giorni di licenza, prese un treno e un treno dell’epoca, perché mica c’era l’alta velocità. Dopo ore di convoglio arrivò e scoprì che doveva farsi alcuni chilometri a piedi, perché i collegamenti con il posto dove stavo io erano rari. In campagna. Con dei cani randagi che a momenti lo sbranavano. Ho capito allora che era quello giusto».
Rettore, lei è sempre stata uno spirito non ingabbiabile, tra le prime donne a cantare l’amore libero.
Donatella: «Quando uscii con Kobra era il 1980, quindi non eravamo nel Medioevo. Ma la canzone faceva “Kobra non è un serpente/ ma un pensiero frequente”. Una professoressa siciliana mi denunciò perché sosteneva che si trattava di un testo pornografico. Sa che feci? Le mandai dei fiori».
E oggi Donatella è «fuori» con un singolo, cantato insieme al giovane Tancredi, che si intitola «Faccio da me». Parla di libertà, indipendenza, ma è anche un’allusione all’autoerotismo. Rego, niente da dichiarare?
Claudio: «Se inviti il tuo partner a “far la lotta” e su quel fronte non tira una buona aria, una soluzione per evitare il persistente mal di testa può essere il “fai da te”».
Enigmatico.
donatella rettore francesca fagnani
Claudio: «L’autoerotismo è comunque una pratica molto più diffusa di quanto ciascuno sia disposto a confessare».
Donatella: «Alt, io non l’ho mai fatto».
Rettore, ma davvero? Non ci crede nessuno.
Donatella: «Ma è vero, non ne ho mai avuto bisogno. E poi, scusa, stiamo insieme da quarantacinque anni, certo, abbiamo avuto i nostri alti e bassi, ma siamo sempre stati una coppia, che bisogno avrei avuto di fare da me?».
Claudio: «Ma sì, penso che quella canzone non sia autobiografica. Ma se anche fosse non mi sentirei per questo sminuito nel mio ruolo».
Rettore, la prima volta con chi è stata?
Donatella: «Ma con Claudio, 45 anni fa. Punto».
Comunque è curioso: Rettore la trasgressiva, Rettore che canta «Perdo i sensi lentamente/ Come tra le braccia di un amante», Rettore che allude alla «notte specialmente» e poi, magari, nella vita è tutt’altro. È così?
Donatella: «E pensare che pochi ricordano Lailolà».
Quella che faceva «Ha lasciato un fiore rosso sul candore di ogni letto/ Ma sul mio balcone verde ha lasciato il suo coraggio/E un biglietto con suo nome Libertà»?
Donatella: «Proprio quella. In Italia nessuno aveva capito che era una canzone sulla perdita consapevole della verginità e nessuno disse niente. Ma all’estero la capirono subito. Ecco perché negli anni Settanta e Ottanta in Germania, Francia, Spagna mi adoravano. Potrei citare anche Maria Sole, una canzone che parlava di aborto nel 1975. Ricordo che la legge 194 sarebbe arrivata soltanto tre anni dopo. E pensate che sono nata e cresciuta in un Veneto che non era solo bianco, ma per me all’epoca era oscurantista».
Perché vi siete sposati così tardi?
Donatella: «Perché stavamo insieme da tanto, i figli non sono arrivati, io sono pure talassemica, un giorno gli dissi: “Senti, sposiamoci e non se ne parli più”. C’è un che di macabro e fatalista in me, a dispetto della mia energia e dei miei look. Pensi che ho fatto testamento quasi vent’anni fa».
Claudio: «La fiducia reciproca ce la siamo guadagnata però sul campo e questo, col tempo, ci ha permesso di raggiungere la certezza di poter contare sempre sull’aiuto dell’uno per l’altra».
Rettore, c’è stato un momento in cui ha pensato «Faccio da me» anche nella vita?
Donatella: «Se con questo si intende lasciare Claudio, per carità, no. Però “Faccio da me” nella canzone vuol dire tante cose. Consapevolezza, autoironia, libertà. Imparo tanto da Tancredi, anche se è un ragazzo di soli vent’anni. È intelligente, scanzonato. All’inizio era molto sulle sue, ma poi ha capito che io sono più matta di lui. Come imparo tanto anche da Margherita (la cantautrice Carducci, nome d’arte: Ditonellapiaga, ndr): mi ha insegnato che il cellulare si può anche spegnere, ogni tanto».
Vi siete sposati in chiesa?
Donatella: «In un convento francescano, tutti e due vestiti di bianco. Invitati d’onore, Elvis e Leone, i nostri cani».
Rego, che cosa in Donatella non è mai cambiato, nonostante tutti questi anni insieme?
Claudio: «La sincerità. Lei è sempre sé stessa, anche quando fa follie».
Ne racconta una?
Claudio: «Alcuni anni fa, durante un concerto, tra il pubblico c’era un individuo che mostrava incessantemente a Donatella il dito medio. Premetto che io ho l’abitudine di suonare a occhi chiusi e che sul palco la mia postazione con la batteria è esattamente dietro di lei. A un tratto non sento più la sua voce, apro gli occhi e non è più davanti a me, dove dovrebbe essere. Sparita. Si era fiondata dal palco direttamente sulla folla per raggiungere il giovanotto. Il pubblico, che era dalla nostra parte, ha atteso che lei terminasse di “cecchinarlo” per poi ricatapultarla sul palco e terminasse il concerto come nulla fosse».
Be’, decisamente un «Faccio da me». È così?
Donatella: «Ma sono sempre stata così. Capite perché le suore del collegio di Asolo dove studiavo si mettevano le mani tra i capelli? ».
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