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Nicola Imberti per Il Tempo
Vi ricordate Fulvio Benelli? Probabilmente no. Eppure un anno fa, il 13 maggio 2015, il suo nome e la sua storia aprivano addirittura l’edizione di un telegiornale nazionale. Ma se ve lo siete dimenticato non preoccupatevi. Fulvio Benelli è vittima di un vizio molto diffuso. Sbattere il «mostro» in prima pagina per poi lasciare che tutto passi.
Nel caso specifico Fulvio è un giornalista, un curriculum di tutto rispetto che, lo scorso anno, lo aveva portato a lavorare per la redazione di Quinta Colonna . E proprio per la trasmissione di Del Debbio, ad aprile, aveva realizzato un servizio con un ragazzo di origine rom che spiegava i suoi segreti per rubare auto senza venir scoperti.
moreno morello di striscia smaschera il rom attore intervistato da fulvio benelli per quinta colonna
Il 12 maggio, però, quello stesso ragazzo veniva intervistato da Striscia la Notizia . Al tg satirico raccontava di essere stato pagato per «recitare» in due servizi: quello sui furti e uno, girato sempre da Benelli qualche giorno prima, sull’islam radicale. Insomma secondo il rom (che Striscia ribattezza «polivalente») il giornalista gli aveva dato dei soldi per costruire dei «tarocchi».
Un’accusa pesante. Mediaset-RTI lo licenziò in tronco minacciando addirittura una causa per danni. Né Striscia , né l’azienda, sembravano interessati alla versione del giornalista. Così Fulvio, il 20 maggio, raccontò a Il Tempo la sua verità. Molto differente da ciò che era stato detto. Fu l’inizio dell’ennesima vicenda «giudiziaria» all’italiana. Denunce per diffamazione, cause di lavoro, tribunali, avvocati. Qualche giorno fa la svolta: nei corridoi di Mediaset comincia a circolare la voce che il giornalista sia stato risarcito. Sarà vero? Decidiamo di contattarlo telefonicamente.
fulvio benelli striscia rom polivalente
Pronto, Fulvio Benelli?
«Sì, chi è?»
Il quotidiano Il Tempo , sta festeggiando?
«Perché dovrei?»
Non ha vinto la sua battaglia «contro» Mediaset e Striscia la Notizia ?
«Mi scusi ma non posso parlare di questa vicenda».
Perché?
«Non vorrei sembrare scortese ma la prego, non insista».
Mi dica solo se è vero che ha vinto?
«Non posso dire niente. Sono vincolato alla riservatezza».
Riservatezza che tutela un’intesa. Sbaglio?
«Senta, l’unica cosa che mi è consentito dirle è che la vicenda si è conclusa in maniera soddisfacente. Sia per me che per Mediaset».
Quindi l’hanno risarcita. Posso sapere la cifra?
«La vicenda si è conclusa in maniera soddisfacente. E comunque la cosa che più mi interessa è che Mediaset abbia rivisto la sua posizione iniziale. Dopo avermi licenziato avevano minacciato addirittura una causa per danni. E invece...»
La verità, alla fine, ha trionfato.
«Io ribadisco quello che ho sempre detto, di aver agito correttamente»
Beh, se non avesse agito correttamente perché Mediaset avrebbe dovuto risarcirla?
«No comment».
Fulvio Benelli e il finto servizio sui rom
Ho capito, non può entrare nei dettagli dell’accordo, allora parliamo di lei. Cosa ha fatto in questo anno?
«Ho trascorso moltissimo tempo con la mia famiglia».?
E poi?
«Ho studiato».
Cosa?
«Mi sono concentrato sul tema della diffamazione in Italia. Perché ho toccato con mano che il sistema non funziona. A me, ad esempio, non è stata data alcuna possibilità di rettificare. Senza contare che, a differenza di ciò che succede negli Usa, i risarcimenti vengono calcolati sul patrimonio del diffamato, che magari è il precario che lavora per poco, e non su quello del diffamante, spesso i colossi della tv. Quello di cui non ci si rende conto è che in alcuni casi c’è chi è arrivato a togliersi la vita».
Addirittura.
«Sì, persone fatte oggetto di continui servizi che non hanno retto lo stress di vedersi sbattute in prima pagina. Il problema è l’informazione-spettacolo che getta fango e spesso non verifica a sufficienza. Un po’ come la mia storia: era bella da raccontare a patto che io non dicessi la mia. Forse andrebbe fatta una riflessione».
Fulvio Benelli e il servizio taroccato
Ormai parla da ex giornalista.
«In realtà no, il giornalismo ha molte facce. In questo anno ho scritto con il collega Cristiano Barbarossa un romanzo, e una sceneggiatura, sulla ‘ndrangheta. Siamo alla revisione finale».
Vorrebbe tornare in tv?
«A me piaceva molto il lavoro che facevo».
Senta, ma il suo “grande accusatore”, il rom Lolo Levak?
«Questa è un’altra vicenda interessante. Io l’ho citato per diffamazione. Doveva venire a dimostrare la sua accusa in tribunale. Non si è mai presentato. Cioè, io ho subito un processo mediatico senza che ci fosse nei miei confronti alcuna inchiesta da parte della magistratura, né successivi interventi da parte dell’ordine dei giornalisti (che peraltro io stesso avevo esplicitamente richiesto). L’unica accusa era e rimarrà quella di un pluripregiudicato raccolta da un attore, non giornalista, che lavora per una trasmissione satirica. E il pluripregiudicato, dopo aver “tirato il sasso”, è scomparso».
Per fortuna è finita.
Già, per fortuna, anche grazie ai miei avvocati Maurizio Calò e Luigi e Luca Corrias. Ora guardo al futuro. La vicenda è alle spalle, spero solo che più nessuno debba passare una cosa così. Sarebbe una conquista di civiltà».
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