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LA ROMA DEI GIUSTI - NON È PIACIUTO GRANCHÉ AI CRITICI IL TANTO ATTESO “EDDINGTON”, THRILLER POLITICO DI ARI ASTER - A SUA DIFESA, DEVO DIRE CHE È UN FILM CHE TENTA UN SALTO IMPORTANTE E NON FACILISSIMO. RACCONTARE L’AMERICA DI OGGI, QUELLA DI TRUMP NATA DALLA TERRIBILE ESPERIENZA DEL COVID E DELLA MORTE DI GEORGE FLOYD NEL 2020, AMBIENTANDO IL RACCONTO IN UN PAESINO SPERDUTO E APPARENTEMENTE TRANQUILLO, MA PRONTO A ESPLODERE, IN QUEL CAZZO DI POSTO CHE DEVE ESSERE IL NEW MEXICO - DOPO UNA PRIMA PARTE MOLTO IRONICA E BEN TENUTA, NELLA SECONDA PARTE CI SONO TROPPE DEVIAZIONI GROTTESCHE PERCHÉ IL FILM POSSA PIACERE A TUTTI… - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Non è piaciuto granché ai critici, quando venne presentato in concorso a Cannes lo scorso maggio, il tanto atteso “Eddington”, il thriller politico scritto e diretto da Ari Aster, regista di “Midsommer” e di “Beau ha paura” con Joaquin Phoenix, Pedro Pascal e Emma Stone, che verrà presentato stasera al Rome Film Fest e uscirà in sala in Italia venerdì 17. A sua difesa, devo dire che è un film che tenta un salto importante e non facilissimo.

 

joaquin phoenix eddington

Raccontare l’America di oggi, quella di Trump, anzi quella già di Trump nata dalla terribile esperienza del Covid e della morte di George Floyd nel 2020, con tutto il Black Lives Matter, ambientando un racconto costruito sul modello New Hollywood, diciamo per farsi capire “La caccia” diretto da Arthur Penn e scritto da Lilian Hellman con lo sceriffo bianco ottuso che non riesce a rendersi conto di nulla, in un paesino sperduto e apparentemente tranquillo, ma pronto a esplodere, in quel cazzo di posto che deve essere il New Mexico, dove recentemente Gene Hackman e sua moglie sono morti praticamente inosservati.

 

joaquin phoenix pedro pascal eddington

Nel paesino di Eddington, dai confini già poco chiari, due passi di troppo e di trovi in territorio indiano, secondo i voleri del sindaco Ted Garcia, Pedro Pascal un po’ sottotono, le regole da osservare per la pandemia, cioè mascherina e distanza, sono rispettati da tutti, tranne che dallo sceriffo Joe Cross, un sempre grande Joaquin Phoenix che ha tutto il film sulle sue spalle. Joe Cross ha l’asma e dice di non riuscire a respirare (“I don’t breathe”, ricordate?) con la mascherina.

 

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Ma nel paesino, come in tutti i film americani ambientati in new Mexico, lo sceriffo fa un po’ quello che vuole. Il problema è che Joe Cross ha una moglie svitata che fa bambole bruttissime, Louise, Emma Stone, che non solo capiamo da subito che non gliela dà, ma che ha avuto un precedente proprio col sindaco Ted Garcia. Anzi, secondo la svitatissima mamma di Louise, Deirdre O’Connell, complottista no vax no-tutto, l’ha violentata in gioventù e l’ha costretta a abortire. Possibile?

 

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 No. Non è così. Ma il sospetto basta per scaldare la voglia di rivalsa del frustato sceriffo Joe Cross, che se ne esce pronto a sfidare nelle prossime elezioni a sindaco proprio Ted Garcia. E’ il metodo Trump, no? Bugie. E giustificazioni impossibili. Gli abitanti di Eddington magari ci cascano. Mettiamoci anche un guro da tv locale, Austin Butler, che ha totalmente sedotto Louise, pronto a portarsela via. In questo delirio da paesino di provincia, con l’omicidio di George Floyd da parte della polizia, si scatenano i ragazzi antifa, a cominciare dal figlio del sindaco, e dalla bella Sarah, Amélie Thoeferle.

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Da che parte si metterà lo sceriffo? Diciamo che la cosa non lo riguarda, e poi ha un vice nero, Mike, Micheal Ward. Ma anche se sembra apparentemente civile, sa che in New Mexico come nei vecchi western si risolve tutto con le armi. Dopo una prima parte molto ironica e ben tenuta, modellata davvero sul cinema civile dei tempi di Arthur Penn rivista al gusto della A24, che molto ci spiega, dei danni creati dalla pandemia in un paese già massacrato dalle sue storiche contraddizioni e dalla sua secolare ignoranza, nella seconda parte ci sono troppe deviazioni grottesche perché il film possa piacere a tutti.

 

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 Alla fine “Beau ha paura”, che è stato un insuccesso, era forse superiore nella costruzione artistico-sperimentale e nel fare esplodere un personaggio dentro la sua follia. Anche in “Eddington” arriviamo a questo, ma proprio perché apparentemente meno spigoloso, ci aspettavamo qualcosa che compattasse meglio la parte finale. Anche se, evidentemente, Ari Aster non poteva certo immaginare, quando ha scritto e realizzato il film, l’ultima vittoria di Trump e tutto quello che abbiamo visto e stiamo vedendo.

 

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Ma già così, con le accuse alle banche dei dati, allo sfruttamento, oltre che della terra, delle identità della gente, con un ragionamento più profondo di quel che appare sui rapporti tra pandemia americana e disastro culturale del paese, mi sembra un film che, al di là dei risultati, almeno si prende molte responsabilità e osa parecchio. E chiude riprendendo il filo iniziato a Hollywood da film, appunto, come quelli di Arthur Penn quando un film poteva scrivertelo Lilian Hellman. Joaquin Phoenix brandoneggia un po’, è vero, ma è fantastico. In uscita il 17 ottobre.

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