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Grazia Longo per "La Stampa"
Da una parte la sorella Anna, unica erede e familiare con titolo a decidere. Dall'altra la compagna Michela Macaluso, da dieci lunghi anni, che per la legge vale la metà di niente.
Una bufera giudiziaria divide le due donne accanto allo scomparso Alberto Bevilacqua. Su ben tre questioni: cure mediche, sepoltura e un patrimonio in contanti di circa 5 milioni di euro.
Le ultime novità riguardano l'autopsia disposta dalla procura di Roma - dopo l'esposto di Michela Macaluso, convinta che il suo uomo non sia stato seguito nella maniera adeguata nella clinica romana Villa Mafalda - e la possibilità che lo scrittore venga sepolto a Parma come vuole la sorella.
L'autopsia è un punto a favore della compagna e il suo legale invita ad «accertare un possibile omicidio colposo». Ma non va tralasciata la spinosa questione patrimoniale. A partire dalla quota destinata a Villa Mafalda.
«Il ricovero tra l'11 ottobre e fine maggio è costato 1 milione 200 mila euro - spiega l'avvocato Giuseppe Zaccaria che assiste la compagna dell'intellettuale - e restano ancora da saldare 150 mila euro al mese per giugno, luglio, agosto e questi giorni di settembre. La mia cliente l'ha ritenuta una spesa eccessiva, ma i consulenti dell'amministratore di sostegno indicato dal giudice tutelare l'hanno valutata congrua, autorizzando i pagamenti dal conto personale dello scrittore che ammonta in tutto a circa 5 milioni di euro.
Ma il loro giudizio non ci soddisfa affatto: soprattutto per quanto concerne il mancato trasferimento in un ospedale pubblico dove Bevilacqua avrebbe potuto ricevere una migliore assistenza per combattere la klebsiella, una brutta infezione multiresistente subentrata dopo il ricovero per uno scompenso cardiaco».
I periti di parte di Michela Macaluso puntano il dito anche su una brutta piaga da decubito. «Per ironia della sorte - prosegue l'avvocato Zaccaria proprio stamattina (ieri per chi legge, ndr) i nostri periti stavano per recarsi in clinica per un controllo». Ora assisteranno all'autopsia disposta dai magistrati, dopo che il pm Elena Neri e il procuratore aggiunto Leonardo Frisani avevano aperto un fascicolo per lesioni colpose nei confronti dei vertici della casa di cura.
La sorella Anna e la compagna Michela restano divise su tutto: la prima ringrazia la clinica privata e insiste nel ricordare che Bevilacqua non voleva essere trasferito in ospedale. La seconda ricorda come «in passato avesse firmato per passare dalla Rianimazione a una camera normale in attesa di andare via. Scelta impossibilitata dalla sua successiva incapacità di parlare».
ALBERTO BEVILACQUA
ALBERTO BEVILACQUA CON SALVATORE TAVERNA
BIANCANEVE E CO CON MICHELA MITI
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