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Marco Molendini per ''Il Messaggero''
L' ANTEPRIMA
Il Sanremo di Carlo Conti è bicefalo. Da una parte lo show televisivo, il Festival Carlomaria, pronto a esibire i suoi trofei, dalla signora De Filippi all' incursore Maurizio Crozza in versione Ballarò: ieri è arrivata la conferma che farà le copertine tutte le sere, tipo quelle che ha fatto per anni nei talk di Giovanni Floris, anche se non necessariamente in apertura, portando in dote la scossa elettrica delle sue maschere politiche.
Poi c' è la sequela di ospiti da distribuire in passerella, dai comici Paola Cortellesi e Antonio Albanese, alla Dalida cinematografica Sveva Alviti (sarà un modo per parlare anche della morte di Luigi Tenco, a 50 anni giusti di distanza), ai cantanti Tiziano Ferro con Carmen Consoli, e Ricky Martin il martedì, Totti il mercoledì, Mika il giovedì, Zucchero il sabato, a cui poi si aggiungeranno altri nomi da Giorgia a Rag n' Bone man, il coro dell' Antoniano.
Un soufflé pieno di canditi pronto a fare il pieno, perché l' esigenza è fare il massimo di ascolti, se possibile anche più dell' anno scorso, per raggiungere l' obiettivo dei 25,5 milioni di incasso con un utile di 6 milioni (accanto all' aumento del cachet di Conti da 500 a 600 milioni, si è deciso di calibrare quello delle star, da 50 mila a un massimo di 150 dovessero arrivare moviestar come Robert De Niro, Al Pacino o Demi Moore).
LA GARA
Dall' altra parte c' è il Festival della canzone, che poi dovrebbe essere la scusa di questa storica settimana di delirio nazionalpopolare. Un lunghissimo rosario canoro che, di somma in somma, è arrivato alla smisurata cifra di 22 canzoni in gara, svelate finalmente ieri mattina, durante una sessione cumulativa organizzata dalla Rai a Milano, a beneficio della stampa musicale.
Due ore di calvario sonoro messo insieme senza fantasia, senza gusto, badando più alle cordate che alla qualità generale col rischio, oltretutto, di fare il bis del fallimento al botteghino dell' edizione scorsa, con i pezzi presentati all' Ariston incapaci di produrre il benché minimo alito di vento sulle vendite di settore (e anche il live non ha dato risultati decenti). Il polpettone dei 22 è inzeppato di ragazzi di belle speranze e niente più, di canzoni scritte basate al massimo su un ritornellino che possa restare nelle orecchie del pubblico per una settimana e niente più.
Unica eccezione, ma di gran lunga, la voce di Fiorella Mannoia, davvero maestosa al confronto del resto. Una lezione dell' arte di saper cantare, di saper dare valore a quello che si canta. Dice Fiorella nella sua Che sia benedetta, inno alla vita scritto da Amara: «Qui nessuno è diverso, nessuno è migliore». E invece Fiorella è la migliore, primeggia, si candida autorevolmente a vincere, offre una lezione a tante sue giovani colleghe forgiate dai talent e abituate a cantare con tutto il fiato ma senza passare dal cervello.
È il caso di Bianca Atzei, un mistero il repechage, con Ora esisti solo tu (che può contare sullo storico verso: «Ti rendi conto amore che da quando stiamo insieme non esiste più una nuvola») o della Violetta (fu protagonista del musical) Lodovica Comello, incontentabile in Il cielo non mi basta, e dell' ex Amici Elodie, che si butta a tutta voce in una canzone dai toni esagerati, Tutta colpa mia, per esortare il suo lui: «Amore, amore andiamo via» gli fa, ma senza dire dove.
È il caso anche dei maschietti Alessio Bernabei (altro ripescaggio comprensibile solo con le logiche delle cordate) che, in Nel mezzo di un applauso, confessa: «Stanotte ho aperto uno spiraglio nel tuo intimo». E di Michele Bravi, vincitore dimenticato di X Factor 2013, che ha approfittato delle vigilia festivaliera per fare coming out («mi sono innamorato di un ragazzo») e si prodiga in una ballatina intitolata Il diario degli errori.
LE COPPIE
Anche le coppie non convincono: quella, con Togliamoci la voglia, del rapper Raige e Giulia Luzi, big che ha un ricco curriculum musicale (si fa per dire) che passa per i Cesaroni, Il medico in famiglia e Tale e quale e quella con Nasli e l' ex Amici e The Voice Alice Paba in Do retta a te. Imbarazzante il confronto fra loro e professionisti navigati come Ron, Masini, Paola Turci e Fabrizio Moro (che ha un buon pezzo sulla fragilità e l' amore, Portami via), sembrano dei Beethoven a confronto.
Fra i veterani c' è poi Al Bano, con una romanza d' altri tempi, Di rose e di spine, palestra per le sue tonsille d' acciaio. Gigi D' Alessio non sfugge alla retorica con La prima stella e Michele Zarrillo, francamente, ha scritto di meglio rispetto a questa Mani nelle mani. Giusy Ferreri continua a mangiarsi le parole, avrebbe bisogno di un po' di lezioni dalla Mannoia.
I GIOVANI
Dopo Fiorella il pezzo più solido è Vedrai, del frontman dei Subsonica Samuel. Mentre fra i giovani il più convincente è Francesco Gabbani con la divertente e impertinente Occidentali' s karma, che lancia lo slogan «web coca dei popoli, oppio dei poveri», mentre Chiara Galiazzo non ha certo una canzone che aiuti la sua bella voce.
Infine, Clementino non colpisce con il suo nuovo rap Ragazzi fuori e Sergio Sylvestre, il blackman lanciato dalla vittoria di Amici, ha estensione vocale ma non la duttilità per condire la ballad Con te. Insomma il menù conferma: non c' era nessun motivo artistico per giustificare l' aumento delle canzoni in gara a 22. Piuttosto avrebbe giovato un salutare bel taglio.
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