DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Silvia Fumarola per “la Repubblica”
C’È il giudice Renato Zero, irresistibile con le scarpe luccicanti, che fa arrabbiare le coach Emma e Elisa invitando i ragazzi a sentirsi liberi («Da giovane alla Rca mi volevano far indossare il doppiopetto. Gli ho detto: mettetelo voi»), la Ferilli e Renga presi d’assalto, Virginia Raffaele è un’apparizione nei panni — succinti — di Belen. Nello studio di Amici si diventa sordi tra le urla dei fan dei Bianchi e dei Blu.
Ma l’attesa è per Roberto Saviano. Applauso scrosciante e poi il silenzio assoluto, dalle canzoni agli immigrati, Saviano porta le parole di Calamandrei tra i ragazzi che non agitano più i palloncini. Ascoltano. Maria De Filippi lo presenta: «Quest’uomo nel 2006 pubblica un libro, Gomorra, e dal 2006 vive sotto scorta: vorrei che vi portasse a guardare altrove».
È l’ospite del talent che parte sabato su Canale 5 e sui social impazzano le critiche preventive: Saviano a Mediaset? Vade retro. «Mi piace parlare ai giovani e lo faccio ovunque» spiega lo scrittore «Molti si sono stupiti perché lo faccio su Canale 5, perché abbia scelto Amici. Ma per me non c’è contraddizione. Con Maria ho carta bianca, posso davvero parlare di tutto.
Lo ha dimostrato Don Luigi Ciotti quando è venuto qui, con tutti quelli che hanno capito come sia importante rivolgersi ai giovani, a chi si sta costruendo il futuro col talento in Italia, paese che purtroppo sembra non lasciare speranza. Perché non posso andare in territori diversi? Rivendico la libertà di parlare proprio a coloro che solitamente non vengono considerati interlocutori, mi piace immaginare storie in grado di trasformare chi le ascolta.
Vengo per parlare a un pubblico “non popolare”, che è sempre un modo per dissimulare “popolino”, ma a un pubblico giovane». C’era venuto Renzi col giubbotto di Fonzie, Saviano porta la solita giacca.
«Sicuramente sembra strano che sia qui: cosa c’entro? Non ballo, non canto. Scrivo. Vengo da un altro percorso» esordisce «eppure sono convinto che sia il posto giusto. La mia generazione, come la vostra, si trova di fronte alla possibilità di realizzarsi andando via. Io sono nato a Napoli e sono andato via. Mi viene in mente il racconto di Tahar Ben Jelloun: Malika ha 14 anni e a chi le chiede: “Cosa vuoi fare da grande?”, risponde: “Partire”. Ma partire non è un mestiere: siamo abituati a vedere nei tg, con una certa indifferenza, i barconi, Lampedusa, il numero dei morti come un elemento ordinario. Vorrei farvi capire cosa c’è dietro quei numeri».
«L’informazione» dice Saviano «il commento su Facebook, è come un lago ghiacciato: puoi scivolarci sopra, appagarti di un’opinione o puoi rompere quel ghiaccio, tuffarti e andare in profondità, prendere i libri, prendere tempo per capire».
Sceglie le foto «che raccontano meglio delle parole». «La prima è quella di una bambina che forse avete visto sui social network, Hudea, vive in un campo profughi siriano » prosegue «Osman è un fotografo che ha un teleobiettivo. Quando va a rivedere il suo lavoro si accorge che questa bambina si è arresa a lui, ha alzato le mani. Non ha mai visto una macchina fotografica, solo fucili, per cui alza le mani e si mette in protezione. Non apre le mani, le chiude».
Poi Melilla, con i disperati nascosti nel doppiofondo delle auto, nei paraurti. «Eccoli», dice mentre scorrono le immagini «siccome la polizia non può smontare ogni auto alla dogana, utilizza una sorta di stetoscopio e lo mette sul cofano per capire se c’è un battito cardiaco. Per un attimo pensate che un punto vi unisce: l’età. Hanno 21 anni, 18, sono piccoli».
Non si mette in cattedra, ricalca Jovanotti: «Non farò il sermone, vi chiedo: “Cosa siete disposti a perdere e a fare per realizzare un sogno e ottenere un diritto?”. Loro sono disposti a perdere la vita. Ora qualcuno dirà: sì certo, scappano da una situazione difficile, ma poi pesano su chi si deve stringere per accoglierli, e non sono i quartieri ricchi ma quelli poveri.
Prima di partire con “Padroni a casa nostra”, passiamo da queste storie e facciamoci un’idea». Vola a Ellis Island, agli emigranti italiani che immaginavano New York come “la città lastricata d’oro”. «Non possiamo pensare che queste storie non ci siano alleate», riprende Saviano «certo non si può risolvere il problema dell’immigrazione, ma non si può partire dal conflitto con questi ragazzi. Non li fermi».
Lo interrompono gli applausi. Parla della dignità di chi resiste, e adesso sceglie le parole di Pietro Calamandrei, padre della Costituzione italiana, che ha scritto dei partigiani «morti senza retorica, come se si trattasse un lavoro quotidiano da compiere», «di una solidarietà di tutti gli uomini alleati a debellare il dolore». In studio sono tutti in piedi. È notte fonda, va via con la scorta: «Erano attenti, è stato emozionante. Non è un semplice studio, è grande, sembrava di stare in un palazzetto dello sport».
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